49. Nelle notti di Luna Piena

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A few calls and we just knew what we got,
She said, come along boys,
We've got this whole lot of night.
And she just said, we've got the whole night time and standing around this fireplace we could sing our souls all free. -




Sette anni fa.

Il Cappello Parlante era tutto fuorché pauroso. Se ne stava placido e rattrappito sullo sgabello, ignorando gli sguardi atterriti dell'ennesima generazione di marmocchi a cui avrebbe cambiato il destino.
Suo cugino gli aveva mentito.
Niente zanne mostruose pronte a staccare le orecchie. Niente puzzo di cacca di cane.
Ignorando la voce alta e imperiosa della strega davanti a loro che li chiamava uno ad uno, un bambino dal viso pulito e gli occhi celesti si appoggiò alla balaustra con una smorfia di disappunto.
Niente zanne. Niente orecchie staccate a morsi. Niente puzza sui capelli per una settimana.
Allora perché aveva così paura?
Hogwarts era calda e accogliente al di là del cappello, dorata e piena di candele che baluginavano creando un dolce tepore. I fantasmi volteggiavano scomparendo tra i muri, il soffitto rivelava uno dei cieli più lucenti di sempre.
La sua nuova casa. La sua nuova vita.
Remus Lupin cercò di ammorbidire la tensione delle mandibole, serrate segretamente dietro le labbra. Espirò debolmente, cercando di dominare il suo cuore.
Nessuno si era accorto delle unghie conficcate nei palmi. Gli altri bambini erano tutti in ansia, non stavano nella pelle nello scoprire la propria Casata.
Anche lui era così, naturalmente. Ma quell'ansia non si sarebbe placata dopo lo Smistamento.
Perché lui, lì, non avrebbe dovuto starci.
Era stata la sua governante ad insistere. Aveva sempre avuto un ascendente particolare su suo padre.
Tuttavia non era sicuro che quella fosse stata la scelta giusta. Come avrebbe fatto, ad ogni luna piena?
Certo, c'era Silente. Il Segnaluna. E la pozione Anti-lupo.
Ma se...se avesse sbagliato qualcosa? Se gli altri compagni lo avessero scoperto? Come avrebbe potuto giustificare la sua assenza una volta al mese? O la sua forza straordinaria?
A tali pensieri, levò d'istinto la mano dal cornicione della scala. Doveva stare attento!
Quello, era il periodo in cui la sua capacità fisica era al massimo. Poteva disintegrare quel marmo solo premendo un po' di più con le dita.
E dire che a vederlo da fuori, non avrebbe fatto paura ad una mosca. Anzi, sapeva di avere un visetto rassicurante, quasi angelico. Esile, lineamenti delicati, vestiti semplici ma costosi, una zazzera di folti capelli di un biondo spento, quasi beige, e due grandi occhi innocenti.
L'espressione serena, rilassata e di cortese attenzione.
Niente lasciava presagire il suo tumulto interiore. Remus Lupin sapeva recitare bene.
Eppure, a fissarlo più accuratamente, si riusciva a vederlo. Si riusciva a percepire che quella non era la faccia di un bambino, non più. La mente di Remus era molto più adulta di quanto non consentisse la sua giovane età.
Qualcuno lo spinse leggermente, facendolo barcollare.
"Scusa." bofonchiò un ragazzino, senza guardarlo in faccia. Catturò la sua attenzione all'istante: anche lui aveva uno sguardo adulto, che stonava su un bambino.
Stonava anche lì dentro, in quella situazione di gioia ed eccitamento, perché quel mocciosetto sembrava tutto fuorché felice di essere lì. Occhi scuri e bui, un gran bel broncio e una chioma elegantemente in disordine sul viso regale.
Una bellezza difficile da non riconoscere: ed infatti, il bambino raggiunse controvoglia i ragazzini Black.
Inutile dire che spiccavano come corvi neri in mezzo a un gruppo di pulcini, tutti loro.
C'erano due bambine, entrambe belle come vere e proprie bambole, che guardavano tutto quello con noia, altezzosità. Una di loro, la bionda, inciampò leggermente in un laccio dei borsoni di pelle, con la B argentata bene in vista.
Immediato, un ragazzino le si fece accanto e le porse la mano con un'educazione e un'impostazione difficile da vedere sugli altri coetanei. Costruita, finta e meccanica, come quella di un uomo davanti alla sua signora.
Anche lui era biondo, e pallido. Avrebbero potuto sembrare fratelli, ma la bambolina bionda che accolse la sua galanteria come una vera e propria principessa era davvero di un altro pianeta, come tutti nella sua famiglia. Stirò un consumato sorriso da attrice, sbattendo le soffici ciglia bionde sulle gote color avorio. Non lo ringraziò, comunque. Sembrava che fosse semplicemente un'abitudine, fra di loro.
Probabilmente avevano ricevuto un'educazione davvero rigida, ancor più della sua.
Emanavano una sorta di ombra invisibile, che teneva alla larga tutti gli altri, cosicché attorno a loro c'era come un muro vuoto, invalicabile.
Nessuno di loro sembrava innocente.
"Scusa, permesso, tra poco tocca a me!" disse allegramente un marmocchio dietro di lui, ticchettandogli appena la spalla.
Si spostò meccanicamente, lasciandolo passare. Cosa che fece chiunque altro.
Gli parve di sentire come un'ondata di calore accarezzargli il fianco, quando il bambino lo sorpassò.
Occhi d'oro liquido, grandi e sfacciati. Capelli neri indomabili, un graffio dall'aria recente sulla guancia destra e la camicia fuori dai pantaloni.
Anche lui sembrava creare un vuoto attorno a sé, ma questa volta era di pura ammirazione.
Anche Remus fu un po' sorpreso. D'altronde, i Potter erano una leggenda anche per i meno informati di loro. Probabilmente erano conosciuti pure tra alcuni figli di babbani.
E quegli occhi erano indistinguibili.
"James Fleamont Potter." chiamò infatti Minerva McGranitt.
Nella sala si levò un mormorio che avrebbe terrorizzato qualunque bambino, ma quello andava avanti baldanzoso e a capo bene eretto senza prestarci attenzione. Era l'unico che non sembrava avere paura.
Ma al posto di tirare dritto fino al Cappello, fece una cosa che lasciò tutti senza parole.
Puntò i Black.
La tensione che si creò fu quasi palpabile. La McGranitt strinse tra le dita la sua tavoletta e dietro di lei, sul suo alto scranno, Albus Silente smise di bere con un impercettibile movimento, sporgendosi appena in avanti.
Le bambine si irrigidirono, scoccandogli un'occhiata ostile, il ragazzino galante di prima si erse quasi in loro difesa, ma lui li ignorò completamente, superandoli come se non esistessero.
Si piazzò di fronte al marmocchio imbronciato con un gran sorriso, lasciandolo allibito. Quello si tese tutto nel vederlo avvicinarsi, e a ben ragione.
Potter e Black erano nemici giurati da sempre. Anche quella era una cosa che sapeva chiunque.
Ora che ci pensava, li aveva forse intravisti scendere assieme dal treno, però non significava nulla. Quella era una situazione ufficiale. Li stavano guardando tutti. L'aria del dramma imminente si avvertiva di già, qualcuno dei bambini strinse la bacchetta fra le dita sudaticce, per sicurezza.
Ma lui non lo affatturò, né impose in nessun modo l'autorità del suo cognome con qualche strambo attacco frontale, cosa che – vista l'arroganza del suo sorriso – si aspettavano tutti quanti.
Anzi, fece una cosa ancora più sfacciata. E assurda.
Una cosa davvero da pazzi.
Gli diede una pacca sulla spalla e gli strizzò l'occhio.
"Hey Sirius! Ci si vede al tavolo, eh?" esclamò a voce alta, felice come un fringuello. L'altro sgranò gli occhi, sorpreso a dire poco.
Un Potter, che invitava un Black a stare nella stessa Casata.
Calò un silenzio tombale, tutti ora puntati verso quel Sirius, che ci mise qualche secondo a realizzare l'entità della sua proposta e a valutarla come sincera.
Balbettò appena, l'incredulità e anche l'imbarazzo bene impressi sul viso, prima di ricomporsi e stamparsi in faccia un ghigno sfrontato e un'aria da duro.
Si rilassò, ignorando gli squittii scandalizzati e incazzosi della bambina con i boccoli neri alle sue spalle.
"Sì, a dopo." rispose, sbalordendo ogni mago presente. Il chiacchiericcio esplose attorno a Remus, che si ritrovò quasi spintonato dagli altri mentre cercavano di passare avanti per vedere meglio.
"Signor Potter." richiamò duramente la McGranitt, con un nervo pericolosamente ritto sulla tempia. "Le ricordo che non sta facendo un picnic."
"Uh?" quello ricambiò lo sguardo quasi sorpreso di essere stato richiamato con quel tono, come se non ci fosse affatto abituato. Come se fare aspettare gli altri fosse perfettamente normale. "Ah sì, urca! Scusi prof!"
Remus si ritrovò a sorridere suo malgrado, guardando Minerva digrignare i denti come un mastino e incenerirlo con gli occhi mentre lui saltava allegro sullo sgabello, facendolo quasi cadere tanta era l'energia che aveva.
Nel casino infernale che aveva scatenato, quasi nessuno udì chiaramente la sua Casata, ma non ce n'era nemmeno bisogno.
Il Cappello gracchiò "Grifondoro!" ancora prima di toccargli la punta dei capelli. Tutti i Potter finivano sempre a Grifondoro.
"Figo!"
"Signor POTTER! Il linguaggio!"
"Hem, scusi."
Dall'altra parte della sala, però, una bambina a differenza di Remus - e ora anche di tutti gli altri - non sorrideva affatto.
Pelle di burro, un cerchietto di seta su un caschetto rosso fuoco leggermente scompigliato attorno al visetto impertinente, due incantevoli smeraldi al posto delle iridi.
Lily Evans stirò una smorfia, riconoscendo l'odioso bamboccio che l'aveva importunata sul treno e osservandolo mentre veniva accolto alla Tavolata rosso e oro come un vero re.
Poi tornò a mordersi le labbra, nervosamente.
"Stai bene?" le chiese il bambino alla sua sinistra, in un sussurro. Lei annuì appena, continuando a tormentarsi.
"Lily." sorrise Severus Piton, sfiorandole un braccio. "Andrà tutto bene, vedrai!"
Lei si voltò verso il suo migliore amico con aria infelice.
"E se si accorgono che...che non sono capace?" pigolò, triste. "Tutti gli altri sembrano così...a loro agio qui! Io non...non conosco niente!"
Piton ridacchiò, scuotendo il viso.
Avendo genitori babbani, erano stati Severus e sua madre a comprare per lei il materiale di scuola a Diagon Alley. Quindi quella era a tutti gli effetti la prima e vera incursione di Lily nel mondo magico.
Ricordava gli occhi della bambina quando aveva visto le cioccorane, nello scompartimento. Si erano allargati, scintillando pieni di meraviglia, e aveva continuato a guardare con quello sguardo tutto il resto, anche le cose più banali.
I fantasmi, il profilo del castello, le carrozze trainate da cavalli invisibili, le candele sospese, il soffitto incantato...e nemmeno i fantasmi avevano scalfito la sua meraviglia. Non aveva avuto paura di niente.
E ora era lì, finalmente tremante, e solo perché si sentiva insicura delle sue capacità!
"Sarai bravissima!" la rassicurò. "Sei una strega, Lily! Ce l'hai nel sangue!"
Quello parve rincuorarla appena appena. Sorridendo, la marmocchia gli prese la mano, intrecciando le loro dita in modo delicato.
Sui pomelli di Severus comparvero due neon rosso peperone, ma lei non ci badò e continuò a stringergliela forte per tutta la durata dello Smistamento.
La fila di nomi si accorciava sempre di più. Lily lo fissò con i suoi grandi e puri occhioni, facendogli battere il cuore come un tamburo.
"Mi starai vicino?" mormorò, ancora un po' in ansia.
Da qualche parte, un ragazzino terrorizzato e tremolante veniva assegnato a Grifondoro con malcelata sorpresa di tutti, visto che sembrava tutto fuorché coraggioso. Un certo Minus.
Ma lo sentì appena. C'era solo Lily, e la paura che venisse assegnata ad un'altra Casata. Che potesse stare anche solo di un millimetro lontana da lui.
"Sempre." sussurrò.
La vide sciogliersi, felice...anche quando fu chiamato dal Cappello Parlante e la mollò lì da sola.
Sorrideva contenta, incoraggiandolo sottovoce mentre traballava sotto quell'enorme cappello. Quando fu assegnato a Serpeverde, però, una sottile ruga le comparve sulla fronte.
Aveva studiato le Casate, Lily Evans. Non conosceva molto del mondo magico, ma quello sì.
D'altronde, avrebbe segnato il suo destino. Il suo futuro. Credeva di sapere con certezza dove avrebbe voluto stare.
E quando fu chiamata, avanzò trattenuta solo da un velo di tristezza.
Il cappello le cadde sulla testolina, lo sentì ridacchiare.
"Come mai così giù di corda, signorinella?" le sussurrò una voce all'orecchio, mentre lei sobbalzava e si guardava attorno prima di capire che la voce veniva da lì.
Lei guardò Severus, seduto al tavolo Verde e Argento. I suoi occhi fiduciosi.
"Hai un cuore puro, sei coraggiosa, leale, altruista... e possiedi la capacità di provare emozioni più intensamente di chiunque altro." considerò il Cappello, analizzando la sua mente. "Un cervello niente male, niente male davvero. Un pizzico di incoscienza e impudenza, anche."
"Incoscienza e impudenza? Sì, come no..." mormorò Lily, scettica. Lei era da sempre stata una brava bambina, rispettosa delle regole e anche parecchio prudente! Ma era ubriaco, quel coso?
Lo sentì ridere dentro le sue orecchie, amabile.
"Io non sbaglio mai, piccola. Dentro di te arde una fiamma ribelle, indomabile...ma giusta. Terrificantemente giusta, anche quando questo ti causa dolore. Hai l'anima di un vero Grifondoro. Eppure, la sento fremere. Cosa ti turba?"
Lily continuò a guardare Severus. L'aspettava, ora vagamente agitato perché ci stavano mettendo tanto.
"Ecco, mi chiedevo..." bisbigliò, timida. "Mi chiedevo se non potessi mettermi a Serperverde..."
"Serpeverde? Non dire sciocchezze!" bofonchiò il Cappello. "Non ci vuoi andare davvero!"
"Sì, sì invece che voglio! Ti prego, ti prego, ti prego...mettimiaSerpeverdemettimiaSerpeverdemettimiaSerpeverde...!"
Voleva stare con Severus! Ovunque, purché con lui!
"Mia cara bambina..." dolcemente, il Cappello sorrise. "Io tengo sempre molto in considerazione le scelte di chi giudico. Sono le nostre scelte a definire chi siamo. Ma...in questo caso, non posso soddisfare la tua richiesta." le girò a forza la testa, puntandogliela verso il Tavolo rosso e oro. Luccicava dei riverbero del fuoco, caldo, fiero, vitale. "Posso leggere il tuo cuore, Lily Evans. Ricordalo. Non è a Serpeverde che lui sente di appartenere. Laggiù appassiresti, come un fiore segregato nelle ombre. E' a Grifondoro, che avrai modo di splendere. E splenderai, te lo garantisco. Sarai accecante, se solo accetterai la tua vera natura e non quella che ti imponi per far felici gli altri. Il tuo amico ti vuole bene. E continuerà a volertene qualunque strada tu prenda."
"Come lo sai?" non riuscì a trattenersi Lily, triste.
"Te l'ho detto." rise lui, prima di assegnarla alla sua Casata. Al suo destino. Al suo futuro. Alla sua nuova, meravigliosa ed intensa vita. "Io leggo nei cuori delle persone..."




M.A.R.A.U.D.E.R.S.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora