C'erano due cose che si potevano essenzialmente dire di Liu Chang.
La prima era che sapeva tutto. Di tutti.
Sapeva ad esempio che Marlene vomitava nei bagni ogni mattina, sapeva che c'era Piton dietro la compravendita illegale di pozioni oscure a scuola, sapeva che la migliore amica di Alice Spinnet aveva cercato di maledire in segreto Paciock perché gelosissima, sapeva che le Black stavano da anni cercando un solvente speciale per cancellare dalle mura delle loro camere le scritte oscene che Sirius aveva lasciato come ultimo bel ricordino prima di sparire.
I suoi parenti si erano arricchiti dopo la promulgazione del piano Young, con il quale il governo britannico aveva dato agli abitanti di Hong Kong una fetta di potere seppur limitata in modo da poterne avere l'appoggio contro la Cina. Era tipico dei Chang saper cogliere al volo le occasioni e in men che non si dica, la fortuna della sua famiglia era diventata incommensurabile.
Sfruttando i guadagni dei suoi nonni, sua madre e suo padre si erano trasferiti a Londra con il chiaro intento di espandere le proprie ricchezze, ma sfortunatamente per loro capitarono proprio nel periodo in cui Grindelwald ne faceva terra bruciata. In quegli oscuri anni avevano imparato in fretta che c'era qualcosa di molto più potente del denaro, dei gioielli e dello status sociale: le informazioni.
Tale retaggio era stato tramandato alla figlia, che non si lasciava sfuggire nemmeno il più minuscolo dettaglio, di chiunque e di qualunque cosa.
Le informazioni erano i diamanti della sua collana invisibile. Ne accumulava tante, e ne donava poche.
Il fatto che la ragazza riconoscesse la loro importanza conduceva inevitabilmente alla sua seconda caratteristica: Liu Chang sapeva mentire. Sapeva recitare.
E sapeva sempre con precisa esattezza che cosa voleva.
Le sue Jimmy choo nuove ticchettavano contro il pavimento tirato a lucido in modo altalenante, il viso perfettamente truccato che si concentrava nell'assumere la migliore espressione di sofferenza possibile.
L'oggetto dei suoi desideri comparve appena saliti gli ultimi tre scalini.
Stava facendo avanti e indietro sul cornicione della Torre di Astronomia.
Sotto, un vuoto tale da far venire le vertigini a chiunque ci si fosse anche solo affacciato... ma lui ci camminava e anche piuttosto velocemente, aggraziato e tranquillo come un gatto randagio.
Liu Chang rimase qualche istante ad ammirarlo.
Era bello come pochi.
I capelli scompigliati dal vento, il corpo flessuoso, alto, il modo in cui si muoveva pur essendo irritato, pur essendo a più di trecento piedi d'altezza con solo una sottile striscia di marmo a separarlo dal precipitare, il modo in cui sembrava davvero non prendere la cosa in considerazione.
Chiunque avrebbe detto che James Potter era un pazzo sconsiderato, un maniaco dell'adrenalina o semplicemente un esibizionista.
Ma la verità era che lui lo faceva senza pensarci. Non aveva mai paura di niente, un eterno ed incosciente Peter Pan.
E nonostante tutto, riuscire a beccarlo nel suo mondo, senza farsi sentire – a volte le sembrava che avesse una specie di super udito - era pur sempre un evento raro per cui quasi rimpianse quando il suo tacco fece scalpicciare alcune foglie secche attirando istantanea la sua attenzione.
Potter si fermò di scatto, voltando la faccia verso di lei e inchiodandola al muro con i suoi intensi occhi d'oro.
Sul suo viso apparvero una sequenza di emozioni: sorpresa, confusione, anche un breve lampo di fastidio...fino a quando la Chang non mise in scena la sua recita studiata nei dettagli.
"Ahi!" gemette, lasciandosi cadere per terra e tenendosi una caviglia violacea tra le mani.
Piccole lacrime comparvero agli angoli degli occhi, inumidendo le ciglia folte.
"Hey!"
James balzò giù dal cornicione, atterrando silenzioso sul terrazzo dove si era rintanato a sbollire la rabbia.
"Stai bene?"
La ragazza gemette di nuovo, tenendosi la caviglia gonfia con una smorfia di dolore.
"Oh, meno male che ci sei tu! Credevo non fosse rimasto più nessuno! Potresti darmi una mano?" indicò il piede. "Ho preso una storta!"
James si inginocchiò davanti a lei, sfiorandole la pelle livida. Perfettamente sincronizzata, Liu Chang sobbalzò, cacciando un urletto.
"Eh sì, c'è una bella botta..." bofonchiò lui, scuotendo la testa. "Si può sapere come cavolo hai fatto?"
La Corvonero indicò le sue scarpe con fare evidente, e Potter sollevò gli occhi al cielo.
"Siamo su una torre, Chang. Che cavolo te li sei messa a fare, i tacchi?"
"Non vedo l'ora di andare in Infermeria a farmela aggiustare! Fa così male! Con il Ballo di questa sera, proprio non ci voleva!" piagnucolò lei e forse era il suo tono di voce stridulo o forse l'allusione al Ballo imminente ma Potter parve ritornare al suo giramento di palle. Scosse la testa come per scacciare una mosca, digrignando i denti.
"Andiamo, ti aiuto. Ce la fai a camminare?" borbottò con un diavolo per capello, dandole la mano.
Liu Chang si alzò e poi, con un movimento studiato, si lasciò cadere addosso a lui – il tempo sufficiente per sentire sotto le dita l'addome perfettamente allenato del Grifondoro.
"Niente da fare..." pigolò arricciando le labbra in un mezzo broncio da bimba bisognosa e sbattendo le ciglia – cosa che faceva impazzire tutti i maschi che le capitavano a tiro - ma quello era troppo preso da altro per notare come lei gli si stava avvinghiando addosso.
"Ok..." sospirò, passandole una mano dietro la schiena e un braccio dietro le gambe. "Reggiti."
La sollevò come se fosse fatta di piuma – in effetti Liu era bassa e minuta – e quella gli strinse le braccia al collo, affondando il naso nella sua maglietta e quasi facendo le fusa.
Poteva fare lo stronzo quanto voleva, ma i Grifondoro erano cavalieri per natura...
E, nascosta dal bavero della giacca aperta, si lasciò andare ad un ghigno soddisfatto.
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M.A.R.A.U.D.E.R.S.
أدب الهواةNell'oscurità di una guerra incombente, le sfrenate e spensierate esistenze dei Malandrini si sfilacciano negli intrighi di una Hogwarts sempre più ricca di pericoli ed insidie. In un labirinto di incertezze, nell'ultimo anno l'amore sembra essere l...
