Capitolo 15-Eroe (Parte 2)

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Nicholas. 

Quando intravedo la coda di Cloe, appostato come un perfetto stalker sotto la tettoia dell'ingresso della stazione di Cadorna, con un cappellino con la visiera, acquistato dal primo venditore ambulante incontrato, calato in testa, faccio un passo in avanti per tirargliela con l'intento di farmi notare, col solo risultato di farle spiccare un salto da terra che mi fa chiedere se io non abbia compromesso in modo permanente il suo apparato cardio-vascolare.

<<Non ti volevo spaventare.>> Mi scuso, mentre lei si volta e, riconoscendomi, si porta una mano al petto, ancora con l'affanno di chi ha appena corso una maratona.

<<Per carità, chi mai si spaventa sentendo qualcuno che ti tira per i capelli in una stazione di Milano?>>

Se la sua ironia è intatta, ci sono buone probabilità anche per il suo cuore, no? <<Hai perfettamente ragione, te lo concedo...>>

<<Ma grazie.>> Borbotta, grondante di sarcasmo.

Ma la paura non dovrebbe rendere le persone un po' più malleabili? Almeno un pochino?

<<... Però ho le mie buone ragioni. Sono qui da un quarto d'ora e ho dovuto firmare cinque autografi in cambio della promessa di non dire in giro di avermi incontrato. Cadorna a mezzogiorno potrebbe rivelarsi un incubo.>>

<<Potresti adottare la tattica di uscire solo di notte, come i vampiri.>>

<<Invoco l'umanità che sono certo si nasconda da qualche parte lì dentro e imploro un po' di comprensione.>>

<<Ti accontento solo per la fiducia dimostratami.>> Replica, senza rinunciare alla vena sarcastica. <<Andiamo, da questa parte c'è una strada più tranquilla e un piccolo locale in cui vengo spesso a pranzo. Dovrai rinunciare alle posate d'argento, ma di solito c'è poca gente, perciò probabilmente ne uscirai indenne.>>

La seguo, calandomi il cappellino sulla fronte il più possibile, e solo qualche minuto dopo siamo in una specie di parco spezzato da un sentiero in ghiaia.

<<E questo posto da dove sbuca?>> Chiedo, osservando le aiuole curate ma poco affollate che abbiamo attorno.

<<Trascorrere dodici ore al giorno in quel benedetto ufficio dovrà pur avere i suoi vantaggi, no? Ho dovuto fare qualche giro, ma alla fine ho trovato l'angolino perfetto per la mia pausa pranzo.>>

Con gli uccellini che cinguettano, gli alberi che si ergono alti verso il cielo soleggiato, i cespugli fiorati e la ghiaia sotto i piedi sembra davvero di essere in una fiaba. Che è l'ultima sensazione che ci si aspetta da una zona centrale di Milano.

<<Devo ammettere che hai fatto un buon lavoro.>>

<<Ero proprio in cerca della tua approvazione.>>

<<La gentilezza gratuita la devo al fatto che tu non mi abbia ancora perdonato per lo spavento?>>

<<In parte. In parte è genetica, pensavo che ormai l'avessi capito. Vieni, il posto è questo.>> Mi indica, facendomi strada dentro un grazioso e luminoso locale semi-vuoto dalle dimensioni modeste, con sedie e tavolini in finto legno di noce, interamente ammobiliato sulle diverse gradazioni del marrone.

<<Ciao Cloe.>> Il ragazzo dietro il bancone saluta la mia accompagnatrice con un sorriso caloroso, che si tramuta in un'espressione di pura sorpresa non appena il suo sguardo incontra il mio. <<Oh, cielo, ma lui è...>>

<<Esattamente, e ha già dovuto sopportare diversa gente con la tua stessa espressione, per oggi. Perciò, potrei chiederti un trattamento normale e un tavolo il più appartato possibile, per favore?>>

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