Capitolo 28 - Dormire (parte 2)

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Cloe. 

<<Perché non è ancora sveglia? E' passato troppo tempo. Siete sicuri che non ci sia qualcosa che non vada? Che il suo cervello non abbia subito danni?>>

<<Si calmi, signorina, e smetta di piangere. Abbiamo provveduto a drenare il medicinale in eccesso. E' solo questione di tempo. Si sveglierà un po' intontita e confusa, ma si riprenderà. C'è solo da capire che cosa l'abbia spinta ad un gesto del genere.>>

<<Io sono certa che non volesse uccidersi. Non sarebbe da Cloe. Lei... Conosce perfettamente il valore della vita. Non la butterebbe mai in questo modo. Era un po' scossa ieri sera, ma non avrei mai pensato...>>

<<A volte, quando la gente attraversa dei brutti momenti, perde lucidità. Sono certo che in una situazione normale la sua amica non lo avrebbe mai fatto, ma purtroppo...>>

<<Volevo dormire.>> Riesco finalmente a dire, dopo aver tentato un numero considerevole di volte di obbligare le labbra ad articolare un suono, mano a mano che i neuroni si scrollavano di dosso la densa nebbia in cui erano avvolti e le sinapsi riprendevano a funzionare, decifrando le parole che Mia e quello che immagino sia il dottore si stavano scambiando di fianco al letto in cui sono sprofondata, con il mio vestito fiorato ormai sgualcito ancora addosso e un paio di aghi sottopelle.

<<Cloe!>> La mia migliore amica corre ad inginocchiarsi accanto al mio letto, le guance rigate di lacrime, i capelli spettinati, il mascara colato, le mani gelate intorno alla mia.

Scuoto appena la testa, che sembra pesare una tonnellata.

<<Si può sapere cosa è successo?>> Mormoro, la voce ancora rauca.

<<Signorina Barbieri, lei ha preso una dose piuttosto elevata di un farmaco molto potente appartenente alle benzodiazepine. Fortunatamente la sua amica ha chiamato i soccorsi in tempo e siamo riusciti ad espellere dal suo corpo la dose in eccesso, perciò pian piano si sentirà meglio. Tuttavia, non appena tornerà lucida, riteniamo che sia il caso che lei parli con uno psicologo per...>>

<<Oddio, voi pensate che io volessi uccidermi.>>

<<Mi perdoni, ma l'aver ingerito una dose di quel calibro di un sonnifero non lascia un margine di ipotesi chissà quanto ampio.>>

Mi sforzo di scuotere ancora la testa, dopodiché prendo fiato e obbligo le mie corde vocali a produrre suoni coerenti. <<Cercavo di dormire. Non dormivo da settimane per un classico e banale cuore spezzato. Avevo nel cassetto quel farmaco che mi è stato prescritto molti anni fa, dopo la morte di mia sorella. Ma non ricordavo la dose e ho pensato che quattro pillole non fossero troppe né troppo poche. Se avessi voluto morire avrei ingerito l'intera scatola, non le sembra? Cielo, non mi ucciderei mai per un uomo. Non sono quel tipo di persona. Volevo solo far tacere il cervello.>>

<<Ammesso che io le creda, un consulto psicologico...>>

<<Mi mandi pure chi vuole, sono stata in terapia per anni, non ho di certo paura di uno psicologo. Purché questo episodio non esca da queste mura. L'ultima cosa che voglio è che in giro si pensi che ho tentato il suicidio.>>

<<Siamo tenuti a rispettare la privacy, signorina, non si preoccupi. Adesso non pensi a niente e si concentri sul riposarsi e sul rimettersi in forma, anche se devo ammettere che mi sembra più lucida di quanto mi aspettassi. Più tardi la farò parlare con un mio collega e, se la situazione risulterà stabile, la dimetteremo già in serata. Vi lascio sole, a più tardi.>>

<<Si può sapere come accidenti ti è venuto in mente? Ti chiamo e non rispondi, vengo da te e non apre nessuno. Qualcuno Lassù deve averti voluto bene, perché invece di pensare che tu fossi già uscita ho deciso per qualche motivo di usare la chiave di scorta che mi hai dato l'anno scorso. E ti ho trovato... Riversa sul letto, la scatola di quel maledetto farmaco sul comodino e... Non c'era verso di svegliarti...>>

Sospiro, sprofondando ancora di più nel cuscino. <<Mi dispiace, Mia, mi dispiace tanto. Ero distrutta, non riuscivo a smettere di pensare. Sono settimane che non riesco a smettere di pensare. Il mio cervello non va mai in pausa. Continuo a pensare a Nicholas, a tutto quello che ha detto, a come... A tutto il resto, insomma. Te lo giuro, non volevo che succedesse niente di tutto questo. Volevo solo dormire.>>

<<La gente normale beve una cazzo di camomilla quando non riesce a dormire.>>

Alzo gli occhi verso la voce maschile che ha appena parlato, e mi ritrovo di fronte l'ultima persona che vorrei vedere in questo momento, con una faccia dalle condizioni che mi rifiuto di constatare, il braccio attaccato alla flebo, un vestito che ho addosso da ventiquattro ore e una semi-diagnosi di tentato suicidio.

Non che lui se la passi molto meglio, comunque. Le occhiaie violacee cerchiano pesantemente gli occhi lucidi, e il pallore non dona neanche ad un viso come il suo. Per non parlare dei riccioli scompigliati e del battito del cuore che si intravede dall'evidente pulsare del collo.

Certo, ha comunque un aspetto migliore del mio, ma di sicuro non è nella sua forma migliore.

Sbatto le palpebre, cercando di riacquistare lucidità.

Perché le ipotesi sono due: o io ho le allucinazioni, o qualcuno ha avvertito Nicholas Bianchini della mia bravata.

E giuro che quel qualcuno lo uccido. Spero che l'occhiata verso Mia sia sufficientemente eloquente. 

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