Capitolo 3 - Uno ad uno (Parte 2)

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Nicholas.

Il parchetto in cui sono venuto con l'intento di rilassarmi – e di cominciare a mettere in atto il mio piano – è popolato per lo più da mamme e bambini, che corrono vivaci da un punto all'altro della piccola area giochi con i loro genitori alle calcagna. Come non capirli, Milano non è certo una città in cui sentirsi liberi all'età di cinque anni.
A dire il vero, nonostante io ami la mia patria, non è una città in cui sentirsi del tutto liberi neanche da adulti. Il tempo a Milano è oro puro, ed è come se tu avessi il dovere di sfruttare ogni attimo, di non lasciar andar via neanche un grammo di quel metallo prezioso senza averne usufruito del tutto. Lo so, detta così sembra una splendida filosofia di vita, ma, applicata al contesto reale, non ti lascia mai la libertà di rilassarti, di staccare la mente, di lasciare per una volta che il tempo scorra mentre tu resti semplicemente a respirare.
Quasi nessuno fa caso a me mentre passeggio per i vialetti curvi che corrono tra l'erba. Avverto qualche sguardo che indugia su di me per più di qualche istante, ma nessuno mi si avvicina per una foto o per chiedermi autografi. Potrei dover ammettere di essere stato un po' troppo drastico nelle mie decisioni, fino ad ora. Forse avrei dovuto trovare una via di mezzo tra Parco Sempione – nonostante i quasi quattrocento metri quadrati di estensione, si fa sempre fatica a fare due passi senza inciampare nelle scarpe del tipo davanti a te, in questa stagione- e la bolla di vetro del mio attico.
Dal momento che una prima passeggiata per il parco mostra che del mio bersaglio non c'è traccia, decido di rimandare la messa in atto del mio piano a domattina. Come ha detto anche lei stessa, Gennaro mi ha confermato che passa dalla pasticceria per la colazione ogni mattina dal lunedì al venerdì. Perciò, sono abbastanza tranquillo sul riuscire a incontrarla nei prossimi giorni. Il che vuol dire che posso dedicare questa giornata semplicemente a crogiolarmi sotto il sole e magari a leggere qualche pagina di un libro.
Ho quasi dimenticato cosa significhi leggere qualcosa di diverso da un copione televisivo. Se non ricordo male, però, era qualcosa che mi piaceva fare prima di entrare nel mondo dello spettacolo. E, dato che al momento sono obbligatoriamente fuori da quel mondo per un po', tanto vale approfittarne.
Cerco un angolino a metà tra l'erba illuminata dal sole e quella rinfrescata dall'ombra di un albero, stendo il telo da mare sul verde e mi sdraio sul prato, la testa leggermente sollevata dallo zaino, le gambe accavallate e il libro di uno dei più grandi maestri del thriller davanti al viso. Il sole è caldo, ma la brezza è una carezza fresca che rende stare all'aperto ancora piacevole. Non durerà ancora per molto, comunque. C'è un motivo se i milanesi fuggono obbligatoriamente lontano da qui, nei mesi estivi.
Vengo catturato subito dalle vicissitudini della famiglia alle prese con un trasloco che non sembra molto fortunato. Il ritmo è abbastanza rapido da innescare la tipica suspence del thriller, ma il romanzo risulta comunque abbastanza dettagliato da avere l'impressione di avere i luoghi e i personaggi che li abitano proprio attorno a te.
Sono così preso dalle lettere d'inchiostro stampate sulle pagine davanti al naso che non mi accorgo di qualcuno fermo nel vialetto davanti all'erba su cui sono steso, fino a quando non sento dei rumori per nulla rassicuranti.
Scosto il libro, in tempo per vedere un corpo snello e dalla statura minuta che mi dà le spalle, chino in avanti e scosso dai tipici singhiozzi di chi sta svuotando lo stomaco. Abbandono il romanzo sul telo e mi metto in piedi, per andare in aiuto alla ragazza. In fondo sono un gentiluomo.
E' solo quando mi ritrovo alle sue spalle che riconosco i capelli dorati, adesso raccolti in una coda alta, e il tatuaggio sul collo che le avevo già visto sbucare dal colletto della camicetta, ora lasciato scoperto da una canotta sportiva. Sono tre piccole stelle che dalla base del collo salgono fin sotto l'orecchio.
<<Al primo incontro mi rovesci del caffellatte sulla camicia e al secondo svuoti lo stomaco sotto il mio naso. Davvero romantico.>>
Mentre riprende fiato dallo sforzo dei conati, alza lo sguardo su di me. La sfumatura delle sue iridi mi riporta ancora alla mente l'odore fresco delle foglie di menta, nonostante i cerchi violacei che mostra attorno agli occhi. In effetti, non ha affatto una bella cera. Il colorito è pallido e le spalle sono contratte come quelle di chi ha freddo. Peccato che le temperature si aggirino attorno ai trenta gradi, ormai.
<<E tu da dove sbuchi? Il mondo mi odia, è ufficiale.>> Mormora con tono sconfitto.
Bene, tesoro, allora direi che siamo in due. <<No, non ringraziarmi per essere venuto in tuo soccorso. Non c'è di che.>>
<<Non mettertici anche tu. Non puoi pensare che io sia contenta di vederti.>>
<<Contenta no, ma mi aspettavo un minimo di entusiasmo in più rispetto all'ultima volta, dato che mi è parso di capire che tu mi abbia riconosciuto.>>
<<E questo dovrebbe rendermi entusiasta? La prima volta accuso uno degli attori più amati del momento di essere un fannullone e di starci provando con me, e la seconda gli rimetto davanti, reduce della prima e ultima sbronza della mia vita. Sto facendo i salti di gioia.>>
Il sarcasmo delle ultime parole viene smorzato da un altro conato a vuoto.
<<Cosa diavolo hai bevuto per esserti ridotta così?>>
Lei chiude gli occhi. <<Ti prego, non farmici pensare. Il solo pensiero dell'alcool mi fa...>> E il suo colorito si fa persino più pallido.
<<Okay, okay, è chiaro. Ascolta, dovresti mettere qualcosa nello stomaco e prendere un analgesico per il mal di testa da dopo sbornia. Sono qui per un pic nic, perciò ho qualcosa a portata di mano.>> Propongo, accennando al telo alle nostre spalle.
<<Ho alternative?>> Chiede, ma sembra che si stia rivolgendo più a se stessa che a me.
Quasi mi fa sorridere, perché mi pare evidente che abbia voglia di far tutto, meno che condividere aria con il sottoscritto. Se non stesse così male, probabilmente mi avrebbe già mandato al diavolo. Il che, posso giurarlo, è del tutto all'opposto delle reazioni che suscito di solito.
<<Temo di no.>> Rispondo per lei, facendo cenno di seguirmi e accertandomi che non perda l'equilibrio, data l'andatura non del tutto stabile.
Perlomeno riesce a raggiungere il telo, dove crolla seduta con un sospiro.
<<Mi sento da schifo.>> Si lamenta, nascondendo il viso tra le ginocchia.
<<Sì, lo vedo. Quello che non mi è chiaro è perché tu sia uscita in tenuta da jogging nel pieno di un post sbronza.>> Le chiedo, osservando i pantaloncini in cotone e la canotta scura. E anche la striscia di pelle abbronzata tra i due pezzi di stoffa, lo ammetto.
<<Speravo che prendere un po' d'aria e fare un po' di movimento mi facesse bene. Non sono abituata a gestire un post sbronza.>>
<<Ti informo che questa non è la maniera giusta.>> Le dico, pescando dallo zaino il toast al prosciutto e formaggio avvolto nella carta stagnola.
<<Ah, beh, direi che il mio stomaco mi ha già informata più che bene, grazie tante.>>
<<Tieni.>>
Le lancio il panino e, mentre lei comincia a scartarlo, recupero anche bottiglietta d'acqua e ibuprofene, prima di sedermi a gambe incrociate accanto a lei.
<<E prendi questa.>>
Lei osserva scettica la pillola sul mio palmo.
<<Non sto cercando di drogarti. E' un analgesico, mia sorella soffre di emicrania perciò ho sempre qualche compressa a portata di mano. Vuoi vedere la confezione?>>
<<No, mi fido. Anche perché dubito di potermi sentire peggio di così.>> Mormora, lasciando il panino sulle gambe per ingoiare il farmaco.
Mi restituisce la bottiglietta e torna a concentrarsi sul panino.
La osservo ingurgitarlo in tempi record, prima di portarsi una mano sulla pancia. <<Accidenti, non mi ero accorta di avere così fame.>>
<<Promemoria: riempire sempre lo stomaco dopo avergli regalato una dose extra di etanolo.>>
<<Non mi servirà. Me ne terrò alla larga per un bel po'.>>
<<Fino al prossimo cuore spezzato?>>
Lei mi osserva perplessa. Il colorito sta migliorando, le guance stanno tornando ad imporporarsi. <<E tu cosa ne sai?>>
<<So riconoscere una donna alle prese con una delusione d'amore.>>
<<Ah davvero? E cos'è che ti farebbe pensare che io rientri nella categoria, esattamente?>> Mi sfida, tentando di inarcare un sopracciglio. No, "tentando" non è un verbo usato a caso. Ci prova, ma l'effetto non è esattamente quello voluto. In compenso, l'occhiataccia che mi rivolge è abbastanza eloquente.
<<Prima di tutto, sei acida quanto uno yogurt scaduto.>>
<<Ah, grazie. Ma, per la cronaca, la mia acidità non ha niente a che fare con i miei drammi sentimentali. E' legata alla gente che ho di fronte, più che altro.>>
<<Perciò avere di fronte qualcuno che ti offre da mangiare, da bere, e che ti dà una mano a riprenderti da uno stato poco gradevole ti irrita?>>
<<Se è lo stesso qualcuno che ha svuotato il mio caffellatte entrando prepotentemente nel locale in cui lo avevo ordinato, dimenticando tra l'altro di presentarsi come uno degli attori ai vertici delle classifiche mentre gli sputavo addosso insulti, sì, mi irrita.>>
<<Ancora con la storia del caffellatte?>> Non riesco a trattenere una mezza risata, e neanche lei ne sembra troppo lontana. E' evidente che sappia perfettamente che sta dicendo un'assurdità, ma non vuole mollare. <<E poi, scusa, cosa pretendevi? Che sbandierassi la mia professione? Non mi pare che tu abbia detto qualcosa sulla tua. Oltre al fatto che se l'avessi fatto sono certo ne saresti stata irritata ugualmente e mi avresti etichettato come arrogante e pieno di me.>>
<<Primo, la mia professione non mi procura milioni di euro e non mi rende una quasi divinità per metà della popolazione femminile. Sulla seconda questione potrei anche darti ragione, ma sarebbe stato comunque preferibile al sentirmi una perfetta cretina.>>
<<E' evidente che tu non mi consideri affatto una quasi divinità. Perciò non c'è motivo per cui tu ti sia sentita idiota.>>
<<Perspicace.>> Commenta, lanciandomi un'occhiata di sbieco. <<Resta però il fatto che ti ho accusato di non alzarti dal letto prima di mezzogiorno e, soprattutto, di averci provato con me!>>
Scoppio a ridere di fronte alla sua espressione demoralizzata. <<Per la cronaca, quando non lavoro non mi butta giù dal letto nessuno prima di mezzogiorno. Perciò diciamo che le tue impressioni non sono state del tutto sbagliate. Per quanto riguarda il provarci con te, sono stato io a dartene motivo: ti ho invitata a cena.>>
<<Immagino l'ilarità che la mia risposta ti ha procurato.>> Borbotta.
<<Un pochino sì, lo ammetto. Non mi era mai capitato di essere piantato in asso dopo aver invitato una donna ad uscire.>>
<<C'è sempre una prima volta, a quanto pare.>>
<<Mi auguro non ci sia anche una seconda.>>
<<Ti informo che la vita di noi comuni mortali è piena di rifiuti da parte dell'altro genere. Ma, al tempo stesso, immagino che il tuo nome sia una garanzia, perciò credo che il tuo ego non subirà il colpo di un secondo rifiuto.>> Ribatte, sarcastica.
<<Questo vorrebbe dire che se provassi ad invitarti di nuovo fuori a cena, questa volta mi diresti di sì?>>
E' quasi una domanda retorica, perché conosco già la risposta, che infatti non tarda ad arrivare.
<<Ovviamente no.>> Risponde, secca.
<<Visto? Il mio nome vale meno di quello che credi.>>
<<Solo perché hai osato riformulare l'invito all'unica persona che lo ha già rifiutato una volta! Il che, tra l'altro, è del tutto incomprensibile: hai a disposizione una schiera di donne che si fionderebbero a cena con te, e non solo, permettimelo, senza neanche prima respirare.>>
<<Beh, questo è uno dei motivi per cui non mi interessa conoscerle. O, perlomeno, non sul serio o non fuori dal contesto del cinema.>>
<<Cos'è, non ti senti un vero uomo se non lotti per conquistare la tua donna?>>
Mi sta spudoratamente prendendo in giro, e la cosa assurda è che ne sono divertito. <<La mia virilità non è in discussione. E' solo che non è stimolante uscire con qualcuno che loderebbe a prescindere ciò che viene fuori dalla tua bocca solo perché sei Nicholas Bianchini, hai un bel faccino e un buon conto in banca.>>
Seconda assurdità della giornata: la prima volta che dico qualcosa di vero, lo faccio con la prima donna che si rifiuta di accompagnarmi a cena e con cui dovrei avere la mia performance recitativa migliore.
<<Comunque, tornando a noi.>> Riprendo. << Sai molte più cose tu di me di quante io ne sappia di te. So solo che Gennaro ti ha chiamata "Clo", che immagino derivi da Cloe. Non ho idea di quale sia il tuo cognome, né di quale professione tu faccia. E non so in che modo convincerti ad uscire con me, dato che il mio nome non funziona.>>
<<Il mio cognome e la mia professione non sono affar tuo. E non conosci il modo per convincermi perché non esiste.>>
<<Non puoi essere del tutto incorruttibile! Ci sarà qualcosa per la quale saresti disposta ad accettare il mio invito.>>
<<Perché dovresti impegnarti ad esaudire un mio desiderio per una cena?>>
<<Te l'ho detto, ti trovo interessante.>>
<<E se io non trovassi interessante te?>> Ribatte prontamente.
<<Non mi conosci. Ma se, dopo essere uscita con me, continuerai a non trovarmi affatto interessante, smetterò di insistere.>>
<<Sono indecisa se etichettarti ottimista o arrogante, se ritieni che una sola uscita possa farmi cambiare idea.>>
<<Ti lascerò il beneficio del dubbio fino al termine della cena.>> Insisto, senza celare una nota di divertimento nella voce.
<<Vorrei assistere a delle riprese.>> Butta fuori, dopo averci riflettuto per qualche minuto. I suoi occhi brillano come quelli di un bimbo alle prese con lo scarto dei regali di Natale, mentre attende la mia risposta.
<<D'accordo. Tu vieni a cena con me, e io ti porto ad assistere a delle riprese.>>
<<Una sola cena?>>
<<Una sola. Ma ho una richiesta.>>
Lei alza gli occhi al cielo. << Sto ancora riflettendo su se accettare la prima.>>
<<Giuro che la seconda è meno impegnativa. Posso scegliere il posto?>>
<<Vuoi evitare lo sciame di ammiratrici?>>
Alzo le spalle. <<Vorrei potermi sentire un uomo qualunque ad una cena con una donna qualunque. Non voglio dovermi sentire occhi addosso.>>
Ed è preferibile non correre il rischio di incontrare qualche paparazzo assetato di scoop, prima di essere certo che Cloe sia la donna giusta per il mio piano.
"Soprattutto dato che fino ad ora non ha fatto che dimostrarti l'esatto contrario." Mi ricorda la mia coscienza.
<<D'accordo. Solo un consiglio: la prossima volta che inviti una donna a cena, sappi che definirla una donna qualunque non è una buona idea. Per essere un attore romantico, ne hai di cose da imparare!>>
Scoppio a ridere. <<Touché. 1-0 per te.>>
<<Diciamo che siamo pari. Non avrei creduto che avrei acconsentito alla tua richiesta neanche se me lo avessero profetizzato. Perciò ti concedo un punto.>>
Speriamo che sia solo il primo dei tanti. Per il mio piano, ovviamente. Prima riesco a cominciare questa messinscena, meglio è. E dover scegliere un nuovo bersaglio non mi porta sicuramente più vicino all'obiettivo.



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