Capitolo 9 - Oltre i piani.

545 20 0
                                    

Nicholas

<<Mi serve solo un'idea brillante.>>
Gli occhi verdi di Daniele smettono di guardare in avanti e mi scrutano, scettici, il tempo necessario perché lui inciampi sui suoi piedi e quasi finisca disteso sul tapis roulant. Sebbene gli riconosca una grande tenacia nel non aver mai mollato l'attività sportiva, bisogna ammettere che non sia stata sufficiente perché lui e lo sport stringessero un qualche legame di amicizia, invece di farsi guerra dai tempi del liceo. A suo favore, devo riconoscere che riesce a gestire perfettamente quella che sarebbe potuta essere una caduta epocale, e riprende a correre come se niente fosse.
<<Non ti serve un'idea brillante, ti serve un miracolo.>>
<<Il miracolo servirebbe a te, per fare in modo che, almeno per una volta nella tua vita, tu possa uscire dalla palestra senza lividi o bitorzoli.>> Replico, dando campo libero al sarcasmo. <<A me serve solo un'idea.>>
Daniele fa rallentare il suo tappeto mobile fin quando raggiunge il ritmo di una semplice camminata rapida. <<Andiamo sul pesante. Il fatto che a quella donna non interessi frequentarti ti tocca più di quanto tu voglia far credere.>>
Avverto il suo sguardo puntato addosso, ma mi rifiuto di distogliere il mio dalla parete chiara di fronte a me. <<Certo che mi tocca. Pensavo di essere a buon punto con il piano, e invece sono costretto a ricominciare tutto dall'inizio.>> Rispondo, col tono più neutro di cui sono capace, mentre i muscoli cominciano a bruciare per lo sforzo della corsa.
<<La mossa migliore per il tuo piano sarebbe lasciar perdere l'unica donna del pianeta che ti è del tutto indifferente, invece di intestardirti.>>
Il suo tono è tranquillo e le sue parole sono perfettamente logiche. Se l'obiettivo è dare avvio il prima possibile a questa fittizia storia d'amore, la cosa più razionale da fare sarebbe cercare una donna a cui io piaccia – non per gonfiare il mio ego, ma non sarebbe così difficile trovarne una- e dare semplicemente inizio alla performance. Eppure, per qualche strana ragione, non riesco ad accettare l'idea di arrendermi con Cloe.
<<No, quella sarebbe la mossa più semplice. Ma, se ci rifletti, una storia d'amore è tanto più amata quanto più è complicata. Immagina l'effetto che otterrebbe sulle mie fans il sapere che non solo ho cominciato una relazione con una donna che non appartiene al mio mondo, ma anche che era una delle poche donne a non voler avere a che fare né con me, né con il mondo del cinema.>>
Comincio ad avvertire la soddisfazione per la spiegazione del tutto razionale che sono riuscito a costruire attorno ad una sensazione localizzabile al polo opposto della razionalità, quando Daniele ferma del tutto il tapis roulant, e si pianta le mani sui fianchi, puntandomi gli occhi addosso.
<<Peccato che per convincere Cloe potrebbero volerci mesi, o addirittura anni. Un tempo che tu decisamente non hai.>> Ribatte, smontando le mie parole. Poi fa un sospiro. <<Qual è il problema, non riesci a tollerare il rifiuto, o quella donna ti interessa sul serio?>>
Roteo gli occhi, senza smettere di correre e ancora senza guardarlo. <<Lo sai che nessuna donna è in grado di tenere acceso il mio interesse per più di dieci minuti.>>
<<C'è sempre una prima volta.>> Mormora, con un tono di voce abbastanza basso da lasciar pensare che non voglia essere sentito, ma abbastanza alto perché io non possa non sentire davvero.
Invece di fare il suo gioco, decido di lasciar cadere l'argomento. O, almeno, questo lato dell'argomento, in cui non sono certo di voler entrare ulteriormente. << Dato che dare oracoli è la tua specialità, ce l'hai un consiglio per me, o devo cavarmela da solo anche questa volta?>>
<<E quando mai te la sei cavata da solo?>> Borbotta, senza risparmiarmi un'occhiata di sbieco. <<Comunque, io continuo a ripeterti che la cosa più intelligente da fare sia lasciar perdere quella donna. E' evidentemente troppo intelligente e brillante per cadere ai tuoi piedi. Ma, se proprio non puoi mettere da parte quella cocciutaggine da mulo, potresti pensare ad un gesto carino... Sai, uno di quelli per cui la gente normale non debba vendersi un rene. Mostrarle che non sei solo un bel faccino dal portafoglio pieno potrebbe aiutare, forse.>>
Resto qualche istante ad analizzare le sue parole, soffermandomi sui complimenti rivolti a Cloe e su quello che ha cercato di insinuare dicendo che non è palesemente il tipo a cui potrei piacere, mentre porto il tappeto mobile ad una velocità sempre più bassa, permettendo ai miei polmoni di riabbracciare l'ossigeno nell'aria. Quando mi fermo, mi decido finalmente a staccare gli occhi dalla parete, e li porto sul viso del mio amico. <<Non sono certo di capire: mi stai consigliando di lasciar perdere, o mi stai spronando a non lasciarla andare via?>>
Lui fa spallucce, recupera l'asciugamano e salta giù dal tapis roulant. <<Ricordati solo che il tempo a tua disposizione è limitato.>> Ripete, prima di prendere a fischiettare, mentre si avvia verso gli spogliatoi.
Se Daniele può uscire dalla palestra fischiettando, le probabilità che Cloe accetti di rivedermi non sono del tutto nulle. In fondo, ogni tanto i miracoli avvengono, no?
                                 ****
                                                                                        Non ricordo esattamente dove, ma sono piuttosto sicuro di aver letto da qualche parte che il ripetersi qualcosa per un numero elevato di volte, porta a convincersi di quel qualcosa a tal punto da ritenerlo vero anche quando non lo è.
Perciò, se non faccio che ripetermi nella testa di non essere nervoso da quando sono uscito di casa, mezz'ora fa, quanto ci vorrà ancora perché io smetta di necessitare di asciugare i palmi delle mani contro i jeans ogni tre minuti?
Tra l'altro, l'operazione dovrebbe richiedere meno tempo se cerchi di convincerti di qualcosa che è vero, no? Perché che io non sia nervoso è un dato di fatto. Ho portato fuori a cena un numero indefinito di donne, la maggior parte delle quali era nei sogni di una gran fetta della popolazione maschile, senza sbattere ciglio per tutta la serata. Perciò non è possibile che essere qui sia la causa del nodo che avverto all'altezza dello stomaco e del battito del cuore che mi rimbomba nelle orecchie. Deve essere tutta questa situazione a crearmi ansia, tutta questa storia del piano e tutto ciò che è successo nell'ultimo mese. Per precauzione, dovrei anche optare per una visita dal cardiologo. Potrei essere sull'orlo di un infarto, chi lo sa.
Cerco il cognome di Cloe, che sono riuscito ad estorcere a Gennaro con un pizzico di inganno, lo ammetto, tra le lettere stampate sulla pulsantiera citofonica del condominio in cui l'ho vista entrare due sere fa, dopo essere scesa dalla mia auto con tutta l'intenzione di non rivedermi più.
Mentre attendo che qualcuno risponda, mi rendo conto di non aver considerato l'ipotesi che Cloe non sia in casa.
"Beh, in tal caso, Bianchini, te ne torni a casa e ti togli questa donna dalla testa una volta per tutte." Mi ordina la vocina nella mia testa, che non ha fatto che contraddire ogni aspetto della mia idea per tutto il pomeriggio. Stavolta, però, sono d'accordo con lei. Se Cloe non dovesse esserci, consumerò la mia cena da solo e dimenticherò...
<<Chi è?>> La voce leggermente rauca che risponde dopo qualche istante pone fine alle mie congetture.
<<La sua cena cinese.>> Rispondo, incrociando le dita perché non riconosca la mia voce.
<<Ma io non ho ordinato cinese...>> Touché. Non ha ancora capito con chi sta parlando.
<<Cloe Barbieri, giusto?>>
<<Accidenti a Mia.>> Sbotta al citofono, prima di attaccare con le scuse. <<Mi perdoni, ma non sono stata io ad ordinare la cena. Comunque salga, sono al terzo piano.>>
Il portone si apre e io entro in un piccolo vano dalle pareti in marmo, sui toni caldi del marrone. Salgo le poche scale di fronte a me, sorpasso la portineria ormai chiusa ed entro nel microscopico ascensore alla mia sinistra. No, non sono uno di quei ricconi che hanno da ridire su qualunque cosa non costi un normale stipendio mensile, ma non sarebbe il caso di far ristrutturare questa minuscola gabbietta che viaggia tra i piani? Sono a serio rischio di un attacco di claustrofobia, fino a quando l'ascensore emette un segnale acustico che indica che sono giunto a destinazione. Promemoria: la prossima volta, si sale a piedi.
Sempre che ci sia una prossima volta.
<<Mi scusi ancora per prima, solo  che...>> Cloe si arresta improvvisamente, cessando di venirmi incontro. Gli occhi sgranati dietro le lenti tonde di un paio di occhiali dalla montatura sottile sono arrossati e le palpebre leggermente gonfie. I capelli sono raccolti in una crocchia sulla testa, anche se più di qualche ricciolo sfugge disordinatamente dall'acconciatura improvvisata, incorniciandole il viso.
Senza un filo di trucco e con addosso solo un'ampia maglia nera a manica corta lunga quasi fin sopra il ginocchio, ha tutta l'aria di chi aveva programmato una serata all'insegna della solitudine, fatto salvo per la compagnia di un pacco di patatine e del volume del televisore, forse.
Resto sorpreso di me stesso, quando mi trovo a pensare che sia bellissima. Basta consultare il web per comprendere che il mio prototipo di bellezza femminile non sia mai coinciso con l'immagine di una donna dall'aria trasandata che sembra aver appena smesso di piangere. Ho sempre pensato che un aspetto curato sin nei minimi dettagli fosse indispensabile per considerare una donna bella. Sì, lo so, sono la superficialità personificata. O, almeno, lo ero, fino a dieci minuti fa. Prima di vedere questa ragazza e aver voglia di stringerla tra le braccia. E io detesto il contatto fisico, a meno che non coincida con un po' di ginnastica tra le lenzuola.
Cerco di ripristinare il collegamento bocca cervello e di sfoggiare il mio miglior sorriso. <<Buonasera.>>
<< Le opzioni sono due: o mi hai mentito e invece che come attore lavori come ragazzo delle consegne, o tu non dovresti essere qui. E io propendo decisamente per la seconda.>>
Come faccia ad avere la risposta pronta anche in un contesto che l'ha palesemente colta di sorpresa è un bel quesito. Non riesco a trattenere un sorriso. <<Terza ipotesi: lavoro come attore, ma in questo momento sono semplicemente un uomo che ti ha appena portato una cena a domicilio. Non è una motivazione valida per essere qui?>>
Cloe scuote la testa e si sistema dietro l'orecchio un boccolo che le dondolava davanti al viso fino ad un attimo fa, incentivando un immotivato prurito nei miei polpastrelli. <<Sei venuto a casa mia senza il mio permesso e ti sei intrufolato nel condominio in cui vivo con l'inganno. Sai che effetto avrebbe una denuncia sulla tua carriera?>>
Fin troppo bene, ma non è il momento di pensarci. E' il momento, invece, di concentrarsi sui passi che sento dietro la porta chiusa accanto a quella dell'appartamento di Cloe. <<E tu sai che effetto avrebbe l'affacciarsi dei tuoi vicini sul pianerottolo e il vedere questa scena? Potrei cominciare ad illustrartelo partendo dai paparazzi appostati dietro la tua porta, o dalle riviste che sfoggiano foto...>>
<<Mi stai ricattando.>>
<<Ti sto offrendo la cena.>> Replico, rivolgendole uno sguardo innocente e sollevando il sacchetto che arriva da uno dei migliori ristoranti cinesi di Milano. Va bene la cena a domicilio, ma un pizzico di attenzione non fa mai male, specie quando l'obiettivo è cercare di far colpo su una donna che sembra avere tutta l'intenzione di mandarti via a calci nel sedere.
La serratura della porta da cui proveniva il suono dei passi scatta. Cloe si volta per un nanosecondo nella direzione del rumore, poi si affretta verso la sua porta, spalancandola.
<<Me ne pentirò per il resto della mia vita. Entra.>>
Trattenendomi dal sollevare un pugno in aria in segno di vittoria, la seguo dentro l'appartamento, chiudendomi la porta alle spalle proprio mentre sentiamo aprirsi quella accanto alla nostra. Le mie narici vengono invase da un odore di dolce fin troppo invitante. Sono quasi tentato di seguire la scia, da bravo segugio, e scoprire da dove provenga.
<<Fammi indovinare, torta al cioccolato?>>
Lei non si astiene da lanciarmi un'occhiataccia. <<No, muffin. Che tu non assaggerai, dato che tra cinque minuti sarai fuori di qui.>>
<<Non hai l'aria di una che ha appena finito di sfornare graziosi muffin dal profumo buonissimo.>> Le faccio notare, sorvolando sulla sua previsione.
<<Beh, immagino di avere l'aria di una che si è appena ritrovata in casa, controvoglia e senza alcun preavviso, una persona che sperava di non rivedere mai più!>>
<<Sbagliato.>> La correggo. <<Hai l'aria di una donna che si stava preparando ad una triste serata in compagnia di cibo spazzatura e fazzoletti, e che ancora non si è resa conto di quanto la serata potrebbe evolvere in modo migliore se solo smettesse di comportarsi da perfetta stronza.>>
<<Ah, adesso sarei io la perfetta stronza?>>
<<Ti ho portato la cena, e invece di ringraziarmi mi stai urlando addosso da un quarto d'ora. Come dovrei definirti?>>
<<"Arrabbiata", dal momento che non solo non ti ho chiesto di portarmi la cena ma ti ho esplicitamente chiesto di non farti più vedere? Per quale cavolo di motivo sei ancora qui?>>
<<Perché avevo voglia di vederti.>> Le parole vengono fuori prima che io decida di pronunciarle, e non saprei decidere chi dei due sia più sorpreso di sentirle.
Mentre Cloe mi fissa, interdetta e palesemente indecisa su se spedirmi via in tempi record o cedere e farmi restare, continuo a chiedermi se sia il caso di ritirare quello che ho detto, magari ricorrendo ad una battuta. Il che, a sua volta, mi porta a domandarmi se a farmi paura sia il fatto di temere che possa aver esagerato, o il fatto che quello che mi è uscito dalla bocca non ha niente a che fare con il piano.
Quando sono ad un passo dall'optare per la battuta, le spalle di Cloe si rilassano e un sospiro abbandona le labbra piene.
<<In fondo, la serata sarebbe stata uno schifo comunque, con o senza di te. Tanto vale vedere cosa hai portato da mangiare.>> Si arrende, e i miei dubbi diventano decisamente poco importanti e di sicuro rinviabili ad un altro momento.
Alleggerito di un peso che neanche sapevo di avere, mi viene naturale sorriderle.
<<Non ci provare, o cambio idea e ti sbatto fuori. Dalla finestra, così i vicini non avranno il tempo di riconoscerti.>> Mi ammonisce, rubando il sacchetto e superando il vano a cui un divanetto beige, un televisore e una libreria danno l'aria di un salotto, proseguendo lungo il corridoio dalle pareti chiare, su cui alcune cornici color crema fanno da contorno a gente che sorride all'obiettivo.
<<Cos'ho fatto?>> Le chiedo, mentre lei svolta a destra, in una piccola cucina stile country, ancora sui toni del panna. Mi rendo conto, forse per la prima volta dopo tanto tempo, di quanto possa essere bello e delicato un ambiente che non ha affatto l'aria di essere l'emblema del lusso. <<Ah, questi devono essere i famosi muffin... L'aspetto è persino più invitante del profumo.>> Commento, avvicinandomi alla teglia scura sulla credenza, su cui giacciono tre file di dolcetti abbronzati.
<<Hai sfoderato uno di quei sorrisi che usi per far andare le tue fan in brodo di giuggiole. Vedi di ricordarti che non appartengo alla categoria. E giù le mani dai miei muffin.>>
<<Non è colpa mia se i miei sorrisi trasudano fascino e la cosa ti inquieta.>> La prendo in giro, guardandola mentre si allunga per tirare fuori dei piatti da uno dei mobili sopra la sua testa. Non guardo mica la stoffa della maglia che le si solleva sulle gambe, no no. <<Ehi ehi, cosa stai facendo? Una cena cinese che si rispetti va consumata con le bacchette, direttamente dai cartoni, possibilmente stravaccati su un divano o su un tappeto davanti alla TV.>>
<<Perciò sei in grado di consumare un pasto senza argenteria?>> Mi chiede, sollevando un sopracciglio.
<<Visto che ti ho sorpreso? In cambio però, mi farai assaggiare uno dei tuoi muffin.>>
Lei alza gli occhi al cielo. <<Tu pensa a fare il bravo, deciderò a fine serata.>>
<<Sarò un angioletto.>> Prometto, e ho il tempo di vedere gli angoli delle sue labbra flettersi verso l'alto, prima che si volti per recuperare una forchetta da un cassetto. <<Prendi due birre dal frigo e seguimi. Divano sia.>>
Obbedisco, raggiungendola in salotto mentre lei raccoglie un paio di fazzoletti accartocciati e un enorme pacco di patatine vuoto. La osservo riporre via tutto e cominciare ad estrarre i piccoli contenitori in cartone dal sacchetto, prima di decidermi ad occupare un posto sul divano. <<Questa serata si accingeva davvero a far schifo, eh?>> Le chiedo, utilizzando la forchetta per aprire le birre ghiacciate.
Cloe prende la sua e si siede a gambe incrociate nell'angolo opposto del divano, lasciando il cibo ancora incartato a dividerci.
<<Un po' come tutte le altre.>> Mormora, prendendo un sorso della bibita direttamente dalla bottiglia. Ignoro la stretta allo stomaco e la voglia improvvisa di accarezzarle quel pezzo di coscia lasciato scoperto dal cotone.
<<Sei davvero una di quelle che passano le serate a piangere per un coglione?>>
<<Sono una di quelle che ci soffrono, se una relazione durata anni finisce di punto in bianco. Perdonami.>> Risponde, senza risparmiarmi un'occhiataccia da premio Oscar.
<<Okay, mi sono espresso da idiota. Un involtino primavera per farmi perdonare.>> E le porgo il primo cartone che ho aperto.
Se non altro, riesco a farla sorridere. Lei prende l'involtino con le dita e lo addenta, chiudendo gli occhi per assaporarlo e facendo contrarre parti della mia anatomia che sarebbe decisamente opportuno restassero non coinvolte. <<Era da un sacco di tempo che non ne assaggiavo uno. E' buonissimo.>>
<<Certo, l'ho comprato io.>> Mi vanto, addentandone uno a mia volta. <<Quello che intendevo, comunque, è che non sei il tipo di donna che dovrebbe stare a rodersi il fegato per uno che l'ha lasciata andare per la prima disposta a spogliarsi.>>
<<Perché, tu sai che tipo di donna sono?>>
<<Non una di quelle che si incontrano tutti i giorni.>> E, chissà perché, lo penso davvero.
<<Okay, basta con l'adulazione. Tanto non ti lascio assaggiare i miei muffin per qualche complimento.>>
<<Che illuso che sono.>>
Cloe ride, scuotendo la testa. <<Allora, sentiamo, come passa le sue giornate un attore, quando è in pausa dal set?>>
Alzo le spalle. <<Perlopiù frequenta bar e parchi alla ricerca di giovani donne da importunare...>>
<< Sì, questo l'avevo intuito. Nessun altro passatempo?>>
Sorrido. <<Mi sto dedicando alla lettura, a guardare qualche film e a passare un po' di tempo con mia sorella. Tutte cose che tendo a trascurare quando lavoro.>>
<<E' davvero così impegnativo recitare?>>
<<Se vuoi che la recitazione sia buona, oltre a memorizzare pagine e pagine di parole, devi leggerle e rileggerle finché non ne hai colto ogni minima sfumatura e ripeterle fino ad avere l'impressione che quelle parole siano tue e non di qualcun altro. Il che richiede abbastanza tempo, sì.>>
A Cloe non sfugge la nota di malinconia che non sono riuscito a nascondere. <<Hai paura di non tornare a recitare?>> Mi chiede di punto in bianco, mentre incastra un raviolo tra le bacchette in legno.
<<Hai fatto qualche ricerca, vedo.>>
<<Mi sono incuriosita sul perché fossi in vacanza e ho recuperato qualche informazione. Affinché il tuo ego non si gonfi eccessivamente, sappi che non è stato affatto complicato o dispendioso in termini di tempo. Non sono poche le riviste che parlano di te.>>
<<Già.>> Mi mordo il labbro inferiore, riflettendo su quanto io possa dire. <<Comunque sì, un po' temo che la mia carriera vada a rotoli. Io so qual è la verità, e di certo non è quella scritta sulle pagine patinate. Ma quando una certa immagine di te comincia a diffondersi, è difficile fermarla. E un'immagine negativa non è esattamente un bonus, per una carriera come la mia.>>
<<D'accordo, forse mi hai convinto a concederti un muffin. Almeno, se dovessi smettere di recitare, potrai consolarti con il ricordo di uno dei dolci più buoni del mondo.>>
<<E poi sarei io quello con l'ego smisurato...>>
<<Ah, no, qui il mio ego non centra. Si tratta di essere oggettivi, e i miei dolci sono oggettivamente buonissimi.>>
<<Perciò non sforni solo muffin.>>
<< In effetti no. Ho imparato a cucinare i dolci da adolescente, grazie a mia mamma. Torte, biscotti, cupcakes, cioccolatini...>>
<<Sai fare i cioccolatini?>>
<<La mia specialità sono quelli ripieni di crema al pistacchio.>>
<<Sai che potresti appena esserti condannata a trovarmi dietro la tua porta mooolto spesso?>>
<<Ma tu non dovresti avere a disposizione i migliori pasticceri del mondo?>>
<<E questo cosa centra? Se posso avere anche i tuoi dolci tanto meglio.>>
<<Beh, peccato che tu non possa, perché non posso garantirti che la prossima volta che ti presenti qui senza il mio permesso ne uscirai con tutti gli arti al posto giusto .>>
<<Ho sempre pensato che le minacce da parte di una bella donna fossero sexy...>>
Uno dei piccoli cuscini quadrati che giacevano sul divano mi colpisce in pieno viso prima che io abbia il tempo di scansarmi. Non riesco proprio a impedirmi di scoppiare a ridere. E neanche di continuare a prenderla in giro.
<< Però, anche tutta questa violenza potrebbe avere un che di attraente...>>
Lei si copre il viso con una mano. <<Dio, sei esasperante.>>
<<No, sono simpatico. E, anche se non lo ammetterai mai, sei contenta di aver acconsentito a farmi restare.>>
<< Il minimo di contentezza che provo è dovuto al cibo, non di certo a te.>> Ribatte, infilando tra le labbra un boccone di pollo alle mandorle.
<<Ma la cena è arrivata con me, quindi implicitamente apprezzi anche la mia presenza.>>
<< Tu fei...>> Comincia, decisamente in procinto di insultarmi, ma il boccone le va di traverso e comincia a tossire.
<<Karma...>> Canticchio, mentre lei manda giù un generoso sorso di birra. <<Comunque, chi pensavi avesse ordinato la cena per te, quando ancora non sapevi che fossi io?>>
<<La mia migliore amica, nonché la ragazza per cui hai firmato l'autografo. A proposito, se prima non era in grado di non pronunciare il tuo nome almeno una volta al giorno, adesso sospetto tenga la tua foto sul comodino e le rivolga una preghiera a fine serata.>>
Di solito passo le cene in compagnia di una donna a costringermi a contrarre il muscolo mascellare rischiando una paresi facciale per far sì che non scappino prima di arrivare al post-cena, nonché l'unica parte della serata che mi interessi, e invece questa dannata donna continua a farmi ridere senza che io lo voglia, accidenti a lei.
<<E' alquanto inquietante.>>
Cloe fa spallucce. <<Più degli autografi firmati su parti del corpo non esposte alla luce del sole?>>
<<Fortunatamente è successo solo un paio di volte. E, per la cronaca, è stato imbarazzante anche per me.>>
<<Conosci persino il significato della parola "imbarazzante", ma guarda un po'...>> 
<<Decido volutamente di ignorare questa continua discriminazione, sappilo. Allora, sentiamo, quale sarebbe stato il programma della serata, se non avessi avuto l'onore della mia compagnia?>>
<<Se non avessi avuto la spiacevole sorpresa della tua compagnia, avrei tenuto fede alla routine delle mie ultime serate: patatine e serie TV.>>
<<Fammi indovinare, roba romantica e strappalacrime?>>
<<Sto optando per il thriller, in realtà. E avevo in mente di cominciare una nuova serie uscita da poco, quella dello scrittore accusato dell'omicidio di una ragazzina...>>
<<Ah, sì. Ho letto il romanzo da cui è tratta tempo fa, e devo ammettere che non è affatto male. Se vuoi, almeno questa parte del programma serale possiamo tenerla.>>
Lei mi guarda, inarcando un sopracciglio. <<Solo se non hai intenzione di commentare ogni aspetto della recitazione o della scenografia.>>
<<Guardo anch'io la TV come la gente normale, ogni tanto. Non posso prometterti di non lasciarmi scappare neanche un commento, ma prometto di essere tollerabile.>>
<<Tu non sei tollerabile neanche quando te ne stai in silenzio.>> Borbotta tra sé, ma in un tono abbastanza alto perché io possa udirla chiaramente.
<<Stasera sarò clemente e ignorerò le provocazioni.>> Decido, mentre mi sollevo dal divano e comincio a radunare i cartoni vuoti.
Cloe fa per darmi una mano, ma la blocco.
<<Qui ci penso io. Tu occupati di preparare la serie TV.>>
Per la prima volta da quando l'ho incontrata, non si oppone a quello che le dico e si mette all'opera davanti al pc, mentre io infilo tutto in un sacchetto.
<<Sei pregato di restare relegato in quell'angolino lì, grazie.>> Mi ammonisce, quando ci ritroviamo entrambi sul divano, di fronte allo schermo del computer che proietta l'inizio della prima puntata.
Non riesco ad evitare di far roteare gli occhi. <<Non sono qui per saltarti addosso.>>
<<Direi che è il minimo, dato che non dovresti neanche essere qui.>> Non si astiene dal replicare, mentre si risiede, ancora una volta il più lontano possibile dal sottoscritto, dopo aver spento la luce.
Improvvisamente, mi rendo conto che non sia stata affatto una buona idea. Non riesco a tenere gli occhi incollati allo schermo neanche per venti secondi di fila. E' come se quei capelli scompigliati, quel profilo morbido e regolare, quell'odore a metà tra la vaniglia e non so cos'altro calamitassero la mia attenzione. E, posso assicurarlo, niente attira la mia attenzione più di un film.
Poco dopo, le dita cominciano a prudere talmente tanto che devo premerle contro i jeans per evitare di allungare una mano verso la pelle abbronzata delle gambe che tiene contro il petto, o verso quel collo dall'aria morbida...
"Cazzo, Bianchini, smettila. Questo è un piano, te lo ricordi? Una messinscena ben architettata per pararti il sedere. Smettila di comportarti come un cavolo di adolescente alle prese con una tempesta ormonale."
E' chiaro però che le parole della vocina nella mia testa non abbiano molto effetto, dato che quando la luminosità della scena sullo schermo colpisce una ciocca chiara sporca di quella che immagino sia farina, non resisto dall'allungare una mano per mandar via la polverina bianca.
Cloe sobbalza e arretra istintivamente.
<<Avevi un po' di farina tra i capelli.>> Le spiego, ancora con la mano sospesa a mezz'aria.
<<E per quale ragione guardavi i miei capelli invece dello schermo?>>
Bella domanda.
<<Perché... Non riesco a concentrarmi. Continuo a pensare a dei muffin che qualcuno mi ha prospettato come buonissimi ma che non ho ancora assaggiato.>>
Anche nella semi-oscurità, riesco a vederla alzare gli occhi al cielo.
<<Metti in pausa, per favore, vado a recuperarne un paio.>> Si arrende, sollevandosi mentre io eseguo l'ordine.
Non riesco ad evitarmi di guardarla, mentre abbandona la stanza.
E, per la prima volta dopo tanto tempo, avverto all'altezza dello stomaco una strana sensazione di paura. Perché, che io lo ammetta o no, l'immagine che mi si disegna nella mente, di me che la tengo tra le braccia mentre addentiamo un muffin con la puntata che scorre sul computer, non ha niente a che fare né con la voglia di portarla a letto, né tantomeno con il piano.
E io non sono pronto ad affrontare nient'altro.




Scontro con le stelleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora