Capitolo 10- Casa (parte 1)

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Cloe.

<<Ehi.>>
Sollevo piano le palpebre, per ritrovarmi davanti un sorriso a metà strada tra il divertito e l'affettuoso. Ci metto qualche istante a ricordare cosa ci faccia il bel faccino di Nicholas Bianchini sul mio logoro divanetto, e quando le mie sinapsi riprendono a fare il loro lavoro, Nicholas si decide a parlare.
<<E' la seconda volta che ti addormenti mentre siamo insieme. Non so se essere lusingato dal fatto che in mia compagnia tu ti senta abbastanza rilassata da lasciarti andare tra le braccia di Morfeo, o se essere offeso dal fatto che, a quanto pare, il miglior effetto che riesco ad avere su di te è quello soporifero.>>
<<Se ti sentissi offeso smetteresti di intrufolarti nella mia vita?>> Borbotto, con la voce ancora rauca.
Lui abbozza un sorrisetto dall'aria furba.
<<No.>>
<<Come immaginavo. Allora tanto vale che tu sappia che le probabilità che Cloe Barbieri non si addormenti di fronte ad un programma televisivo dopo le nove di sera sono pari a quelle di una nevicata ad agosto.>>
Nic fa un sospiro di sollievo. << Ho quasi temuto di aver perso il mio charme.>>
<<Il tuo charme non ha mai avuto effetto su di me.>> Ribatto con prontezza, ma mi rendo conto di quanto non sia vero nel momento stesso in cui le parole abbandonano le mie labbra.
E' vero che è stato lui a trovare il modo di comparire nelle mie giornate, ma è anche vero che, alla fine, io gli ho permesso di restarci. E non è da me. Non è da me lasciar avvicinare un uomo di cui so così poco, così come non è da me avere a che fare con un mondo come il suo. E decisamente non è da me sentire questa strana sensazione all'altezza dello stomaco di fronte ad un paio di occhi e ad una fossetta un po' troppo accentuata.
A pensarci bene, forse ho esagerato con il cibo spazzatura, negli ultimi giorni. Una visita da un gastroenterologo potrebbe rimediare almeno all'ultimo punto, magari.
<<Bugiarda.>> Commenta lui, senza abbandonare quel mezzo sorriso. Resta a scrutarmi per un istante con un'espressione che non riesco a decifrare del tutto, prima di mettersi in piedi. <<Sarà meglio che vada.>>
Lancio un'occhiata al piccolo orologio rotondo sulla parete di fronte a noi, per rendermi improvvisamente conto che la mezzanotte è ormai passata da un pezzo. <<Sì, molto meglio.>> E mi alzo a mia volta per accompagnarlo alla porta.
Quasi penso che abbia finalmente deciso di smetterla di importunarmi quando fa per uscire senza dire una parola, -esaminerò il come mi sento al riguardo in un momento lontano da questo-, ma poi si ferma sulla soglia della porta e mi fissa con un'espressione decisamente troppo intensa.
<<Allora, ci rivediamo?>>
Faccio fatica a non abbassare lo sguardo, di fronte alle sue iridi puntate su di me.
<<Cos'è, una domanda retorica? Non mi pare di averti mai detto di sì, eppure sei ancora qui.>>
<<No, è una domanda vera. Ho dovuto forzare un po' la mano perché volevo che tu avessi un'idea della persona che avevi di fronte, prima di respingermi solo per il mondo di cui faccio parte. Adesso però una vaga idea dovresti averla. E, se non vuoi più vedermi, non ho alcun diritto di obbligarti.>>
Mi passo una mano tra i capelli ormai liberi dalla crocchia in cui avevo cercato di raccoglierli, senza sapere cosa dire. Per qualche strana ragione, non riesco a pronunciare le parole che so di dover pronunciare. Non riesco a mandarlo via. << Non puoi davvero pretendere che io intrattenga un discorso serio a quest'ora.>> Cerco di divagare.
<<Non è un discorso serio. E' una decisione semplice. Ti va di rivedermi?>>
Di fronte al mio silenzio, scuote la testa. <<Non ti sto chiedendo niente, Cloe. Non ti sto chiedendo di avere una storia o non so cos'altro. Ti sto solo chiedendo di portare avanti un rapporto tra due persone, niente in più di questo.>>
<<Nessuna aspettativa?>>
<<Nessuna aspettativa.>>
<<Nessunissima?>>
Lui sorride. <<Beh, magari mi aspetto di non essere pugnalato alle spalle da un momento all'altro...>>
Non riesco a resistere dal sorridergli a mia volta. <<Che errore da principianti.>>
<<Passo a prenderti domani sera?>>
La mia coscienza non si astiene dal ricordarmi che sto per prendere una delle decisioni più stupide della mia vita. E di decisioni stupide decisamente ne ho prese parecchie. <<Ci aggiorniamo sull'orario.>>
Il sorriso che gli si disegna da una guancia all'altra fa sì che il mio cuore manchi un battito. Mi viene in mente la voce di Mia che mi ricorda di essere fatta di carne.
<<Non te ne pentirai.>>
<<Ah, no, me ne sto già pentendo, quindi smamma, prima che cambi idea.>>
<<Buonanotte, Cloe.>>
<<Vorrei dire "anche a te", ma sono contraria alle bugie.>> E sfodero un sorriso melenso prima di chiudere il suo viso fuori dalla porta.
In che guaio ti sei cacciata, Cloe?
<<Lavori qui da più di tre anni e questa è la prima volta che ti becco con il naso per aria invece che appiccicato allo schermo. E' una consolazione sapere che sei umana anche tu.>>
Sobbalzo leggermente alla voce di quello che in teoria dovrebbe essere il mio capo, ma che, di fatto, considero ormai un collega e, soprattutto, un amico.
<<Bussare non va più di moda, da dove vieni tu?>>
<<Eh no, tesoro, io ho bussato ben due volte, sei tu che non hai sentito.>>
Sento le guance che cominciano a pizzicare. <<D'accordo, me ne assumo la colpa, ero sovrappensiero. Posso fare qualcosa per te?>>
La pila di fogli che Marco mi poggia davanti risalta sulla scrivania nera. <<Sono arrivati questi documenti. Riesci a darci un'occhiata entro la fine della settimana?>>
<<Certo, comincio subito.>>
<<No, subito ti alzi di qui e te ne vai a casa. Sei al lavoro da dodici ore, non ne posso più di vedere la tua faccia.>>
Sorrido, divertita. <<Bugiardo, la mia faccia è sempre dietro questa porta.>>
<<Si fa per dire. Ripasso tra un quarto d'ora, e voglio trovare la stanza vuota, benedetta ragazza. Buona serata.>>
<<A te.>> Ricambio, mentre lascia il mio ufficio.
Appena resto sola, reclino appena la testa all'indietro e spingo con la punta del piede sul pavimento per far ruotare le sedia girevole. Mi ritrovo di fronte alla grande finestra alle spalle della scrivania, e osservo in basso le macchine che sfrecciano sull'asfalto, probabilmente di ritorno dal lavoro.
La maggior parte di questa gente ha qualcuno da cui tornare. Un marito che sta preparando la cena, una moglie che ha appena lanciato in aria le scarpe dal lavoro e che apre la porta con un sorriso, dei bambini che non aspettano altro che il tintinnio delle chiavi di casa da quando hanno visto i genitori andare al lavoro.
Non riesco a fare a meno di pensare che, se le cose fossero andate diversamente, probabilmente tra qualche anno, rientrando in casa, avrei trovato Mattia ad aspettarmi, a salutarmi con un bacio.
"Sei sicura che l'idea di trovare lui ad aspettarti ti renda felice?"
Sbuffo alla mia coscienza, poi lancio un'occhiata all'orologio digitale in fondo allo schermo e mi decido a spegnere il pc. Continuare a rinviare non serve a niente, se non a far sì che Nicholas mi trovi in pigiama quando verrà a prendermi. E mi sono già resa sufficientemente ridicola fino ad ora. Ignoro il nodo allo stomaco che mi accompagna mentre lascio l'ufficio e per tutto il tragitto verso casa.
Neanche la doccia fresca riesce a mandar via del tutto la tensione.
"Sembri un'adolescente al primo appuntamento, invece che una donna in carriera che sta semplicemente uscendo con un uomo che,  tra l'altro, visto il livello di notorietà, non ha palesemente nessun secondo fine."
<<Continua pure ad infierire.>> Commento allo specchio, ringraziando un attimo dopo di vivere da sola. Ci manca solo che io venga rinchiusa in un ospedale psichiatrico.
Lancio un'occhiata all'orologio appeso alla parete prima di aprire l'armadio – per la cronaca, ogni camera della mia casa ne è provvista, dato che tra le mie svariate tendenze autistiche rientra il bisogno di avere il tempo sotto controllo... Beh, per quanto sia realmente possibile controllare il tempo.
Sono già in ritardo cronico, considerato che Nicholas sarà qui tra mezz'ora e io non ho addosso nient'altro che la biancheria intima. E, dato che il briciolo di buon senso che mi è rimasto mi dice che la priorità in questo momento è evitare che lui arrivi mentre sono ancora in queste condizioni, non perdo tempo nella scelta dell'outfit e infilo dei semplici jeans a vita alta e una maglia a mezza manica in cotone nero.
Non mi preoccupo nemmeno di  curare il trucco, ritenendo sufficiente un tocco di mascara e un velo di rossetto color nudo – in fondo, non rientra tra le mie intenzioni fare colpo sul mio accompagnatore; anzi, a dirla tutta, non ho neanche idea del perché io mi sia infilata in questa stramba situazione.
Il citofono suona proprio mentre cerco di dare un minimo senso ai miei riccioli chiari, che, ovviamente, stasera hanno deciso di collaborare meno del solito, motivo per cui mi arrendo e opto per raccoglierli in una coda disordinata. Ho l'impressione che il karma mi stia mandando dei segnali.
Sandali, borsa, chiavi e sono pronta.
Mentre attendo che l'ascensore si apra al piano terra, mi chiedo per quale auto abbia optato stasera. Sebbene mi tocchi ammettere che le dolci fusa del motore non fossero affatto un dispiacere, mi auguro che un briciolo di giudizio lo abbia spinto a scegliere qualcosa di meno appariscente di una porche decapottabile.
Quello che di sicuro non mi aspetto, quando esco dal portone del mio condominio, è di trovare Nicholas con la schiena appoggiata ad una possente moto nera tirata a lucido, con un casco infilato sotto il braccio e un altro che giace sulla sella di pelle.
<<Vediamo di fare un po' di chiarezza: io su quella cosa non ci salgo.>> Mi piacciono le auto da corsa, è vero, ma le moto sono un mio limite. Mi mettono i brividi solo a guardarle.
<<Buonasera a te, splendore.>> Mi saluta lui sfoderando un sorriso divertito.
A guardarlo, mi pento improvvisamente di non aver prestato un minimo di attenzione al mio look. Avrà anche addosso solo un paio di jeans e una camicia in lino scuro, ma sono piuttosto sicura che la maggior parte delle donne rimarrebbe a fissarlo con un rivolo di bava che sgorga dalle labbra. E non sono certa di avere un'espressione poi tanto diversa.
Non ho ben chiaro se sia l'effetto dei muscoli che riempiono perfettamente i jeans o che sbucano dalle maniche arrotolate, o di quei capelli dall'aria accuratamente disordinata, o ancora di quegli occhi dal colore tanto particolare quanto intenso, ma è dannatamente bello. E, a costo di ripetermi, tendo a non essere di manica larga, quando si tratta di complimenti.
<<Posso assicurarti che il pavimento che ho appena lavato splende più di me, stasera. Perciò l'adulazione non funziona: o usiamo un mezzo di trasporto che non rischi di ridurmi in marmellata d'uomo, oppure facciamo uso delle gambe che ci sono state donate da madre natura.>>
Nicholas scoppia a ridere, come se non riuscisse a fare altrimenti. <<Mi hai appena risollevato l'umore, e posso assicurarti che, dopo questa giornata, non fosse affatto semplice. Punto primo: splenderesti con addosso anche un sacco di iuta, e non fingere di non saperlo; punto secondo: prometto di guidare con prudenza, se mi dai una possibilità. E, in cambio, ti prometto che se avrai davvero paura, faremo uso del meraviglioso dono di madre natura.>>
Mi sforzo di rimanere impassibile di fronte a quel complimento buttato lì con leggerezza, come se non fosse in grado di mandare in brodo di giuggiole metà della popolazione femminile del pianeta . <<Sei fuori strada se ti illudi di potermi convincere. Nel serbatoio della mia Cinquecento c'è ancora benzina, se l'idea della passeggiata non ti aggrada.>>
<<Se non vuoi dare a me una possibilità, dalla a lei.>> E indica il suo gioiellino neanche fosse la sua fidanzata. Gli uomini e i loro giocattoli. <<Non ti deluderà.>>
<<Sono certa che l'amore del suo padrone colmi abbondantemente la mia mancanza di approvazione. Allora, auto o passeggiata?>>
<<Non puoi disapprovare se non hai neanche provato. Scommetto che non hai mai fatto un giro in moto in vita tua.>>
<<Perspicace. Vediamo se l'intuito ti permette di rispondere anche a questa domanda: ti pare possibile che dopo aver passato quasi ventotto anni ad evitare quell'aggeggio, basti un bel faccino qualunque per convincermi a cambiare idea?>>
<< Sorvolando sul fatto che tu sia l'unica persona in grado di pronunciare un complimento in modo che appaia comunque come un insulto, non sarebbe il momento per cominciare ad essere un po' meno drastica e lanciarti un po'?>>
Devo quasi farmi violenza, per evitare che un sorriso mi si distenda sulle labbra in modo quasi involontario. E non è la prima volta che accade, da quando lo conosco. E se il suo DNA contenesse un qualche principio attivo affine alle benzodiazepine?
<<Stai insinuando che io sia una di quelle persone noiose incapaci di godersi la vita?>> 
A quanto pare, anche la sua fossetta fa fatica a non sbucare. Il che decisamente non è un bene per la mia sanità mentale. <<In effetti, potrei cominciare a sospettarlo...>>
Il tono di sfida che risuona nella sua voce non è casuale. Ha capito perfettamente di aver toccato un punto debole. E io di certo non sono una che si tira indietro di fronte a una sfida...
<<Non che me ne importi qualcosa della tua opinione, ma temo di avere un gene appositamente creato per reagire alle provocazioni. Sappi però che se il mio cuore dovesse fermarsi, la colpa sarà stata solo tua e non me ne starò buona in Paradiso a guardarti condurre felice la tua vita da star.>>
Il suo sorriso si allarga, fino ad illuminargli il viso di una luce nuova. <<Adesso sì che mi piaci, anche se sei un tantino inquietante. Casco e salta su.>>
<<Non che il mio intento fosse piacerti.>> Borbotto, obbedendo. O almeno provandoci, dato che le mie evidenti difficoltà lo convincono a darmi una mano a salire su questo stupido attrezzo. Beh, per amor di precisione, dovrei dire che le mani le usa entrambe, dato che mi solleva di peso e mi piazza sulla sella, prima di montare su a sua volta, senza la minima esitazione.
Quante ore di allenamento gli costa una muscolatura che gli permetta di sollevarmi come un peso piuma?
Dato che l'immagine che mi si forma nella mente dei suoi muscoli contratti mi sembra tutt'altro che opportuna, mi costringo a concentrarmi su questa maledetta cinghia che non riesco ad allacciare sotto il mento.
<<Sei pronta?>> Mi chiede, dopo aver sistemato il suo casco in un istante e mezzo.
<<In realtà, potrei avere un'altra difficoltà...>>
<<Fortuna che nelle aziende di consulenza non richiedano attività manuali...>> Mi prende in giro, mentre si mette ad armeggiare con la piccola cintura del mio casco.
Sto per ribattere a tono, quando le sue nocche accarezzano involontariamente la mia pelle, e io mi ritrovo a respirare un freschissimo profumo di menta. Mi è già capitato di avvertirlo nelle occasioni in cui mi sono ritrovata più vicina a lui di quanto volessi, ma questa volta è talmente intenso, e lui continua ad essere talmente vicino, che mi ritrovo a mandar giù saliva e a trattenere il respiro.
<<Ehi, sei davvero così spaventata?>> Mi chiede, mal interpretando la mia tensione, senza aggiungere un solo millimetro alla distanza decisamente esigua tra i nostri visi.
Ci mancavano solo questi due occhi grigiastri a fissarmi così da vicino.
Ma cosa diavolo succede? Da quando mi ritrovo a fare tanta fatica ad immettere aria nei polmoni per un paio di occhi?
Forse Marco ha ragione, sto lavorando troppo. Dovrei decisamente valutare l'idea di una vacanza...
"Prima valuta l'idea di aumentare la distanza da questo tizio." Mi rimbecca il mio cervello, che comincia ad accusare la mancanza di ossigeno.
<<Starò molto meglio quando avrai ripreso a mantenere la distanza di sicurezza.>> Rispondo prima che io possa deciderlo, premendo con entrambe le mani contro il suo petto, che la risata fa vibrare sotto i miei palmi.
<<Perciò non ti sono del tutto indifferente. Buono a sapersi.>>
Touché. <<Concentrati sulla guida, invece che su queste cazzate, per favore.>>
<<Sono perfettamente in grado di restare concentrato su entrambe le cose, ma, per questa volta, sarò clemente. Ti informo però che quella posizione è piuttosto temeraria, per una che ha paura delle moto.>> Dice, sbirciando da sopra la spalla le mie dita aggrappate alla sella, mentre il motore parte con un rombo in sottofondo.
<<Questa te la farò pagare.>> Borbotto, ma mi costringo a sciogliere la mia presa e a stringergli le braccia attorno alla vita.
E potrei giurare che non so se sarebbe stato peggio un volo dalla sella alla partenza, o la sensazione che avverto all'altezza dello stomaco, quando, prima di partire, poggia per un secondo la sua mano sulle mie.
Fortunatamente, le strade che ci scorrono intorno e la sensazione del vento fresco sulla pelle sembrano un buon diversivo.
Non lo ammetterei mai di fronte a lui, ma in poco tempo la tensione dei miei muscoli si scioglie, e io mi ritrovo a godermi la corsa. A mia discolpa, devo anche ammettere che guida davvero bene. Sebbene il fatto di non essere protetta da una massiccia carrozzeria sia responsabile della dose di adrenalina che mi scorre nelle vene – e che, piccola precisazione, non ha niente a che fare con il corpo caldo che stringo tra le braccia-, il fatto che la moto mantenga una velocità accettabile e che io non abbia mai l'impressione di perdere l'equilibrio o di essere ad un passo dallo schiantarmi al suolo è rassicurante.
<<Allora, impressioni sulla prima corsa?>> Mi chiede, togliendosi il casco dopo aver fermato la moto nel parcheggio.
Si passa una mano tra i capelli, prima di slegare anche il mio con un'espressione divertita.
<<Avrei comunque preferito prendere la mia macchina.>> Quasi non sembra possibile neanche a me che io stia mentendo. << E non fare quella faccia, non sono abituata ad avere a che fare con questi affari.>>
<<Direi che è un bene, cominciavo a sospettare che non fossi umana. E invece guarda, non sei del tutto impeccabile neanche tu.>>
<<Tu stai davvero parlando del non essere impeccabili?>> Gli chiedo, scettica, abbandonando la sella.
Il suo sorriso ha un che di amaro. <<Credimi se ti dico che è solo il mio personaggio ad essere impeccabile.>> Poi, in un nanosecondo, torna alla normale espressione sbarazzina. <<Location approvata?>> Mi chiede, mentre ci lasciamo il parcheggio alle spalle e ci dirigiamo verso i Navigli.
Alzo le spalle. <<Prevedibile.>>
Lo sento sbuffare, prima di vederlo alzare gli occhi al cielo. <<Ma possibile che non ti vada mai bene niente?>>
<<Puoi sempre rivedere la tua malsana idea di uscire con me.>>
Sta per replicare, quando veniamo fermati da un gruppetto di probabili diciassettenni con gli occhi scintillanti.
<<Perdonaci, ma... Ti abbiamo riconosciuto. Sei Nicholas Bianchini, vero? Possiamo chiederti un autografo?>>
Ovviamente, la ragazzina non si preoccupa di tenere basso il tono di voce, e avverto un po' di occhi improvvisamente puntati su di noi. Mi basta lanciare un'occhiata a Nicholas, per capire che è a disagio. Sta deglutendo e ha lo sguardo leggermente disorientato di chi non sa come evitare quello che sta per succedere.
A mio avviso ci sono cose decisamente peggiori dell'essere accerchiato dalle fan, ma a quanto pare lui non è del mio stesso parere.
<<Oddio, sta succedendo di nuovo. Ti stanno di nuovo scambiando per Bianchini.>> Improvviso, prima di rivolgermi alle donne che abbiamo attorno. <<Non c'è nessun attore famoso, qui. Il mio fidanzato gli assomiglia soltanto. Potete andare.>>
Noto che qualcuna sbuffa di delusione, mentre qualcun'altra continua a guardarci scettica.
Nicholas ha un'espressione persa che quasi mi fa scoppiare a ridere. Peccato che io sia piuttosto sicura che non apprezzerebbe. Gli prendo la mano e gli do uno strattone per invitarlo a sbrigarsi. Se la gente continua ad avere la possibilità di guardarlo in viso, dubito che continuerà a credere per molto alla mia farsa.
<<Bene, direi che il giro sui Navigli più breve della mia vita è appena terminato. Ce l'hai un'altra idea, uomo dalle mille risorse?>> Gli chiedo, quando superiamo la zona più caotica e ci troviamo nuovamente nella strada semi-isolata che conduce al parcheggio.
<<Non avevo preventivato di dover scappare via. Potrei prenotare in un qualche ristorante, ma c'è da capire se abbiano ancora disponibilità...>>
Arriccio il naso. <<Non ho l'outfit consono ad una serata tra ricconi in compagnia di una coppa di champagne. Qualcosa di più adatto ad una "ragazza di campagna" stanca e letteralmente affamata?>>
Vedo un accenno di sorriso affacciarsi in quell'espressione spaesata e leggermente contrita, e decido di non soffermarmi sulla strana sensazione che avverto farsi largo nel petto. <<Pizza a bordo piscina da me?>>
Alzo le spalle. <<Dubito di poter pretendere un'alternativa migliore. Vada per il piano B.>>
Mi accorgo solo mentre parlo di non avergli ancora lasciato la mano. Mi affretto a rimediare, mentre alzo il passo e lo precedo sulle strisce pedonali.
<<Cloe?>> Mi richiama dopo qualche secondo, venendomi accanto.
<<Scusa, non mi ero accorta di...>> Comincio, spedita, nel tentativo di nascondere il rossore che avverto pizzicarmi le guance.
<<Grazie per prima.>> Mi interrompe, e la nota nuova che avverto nel suo tono di voce mi porta ad alzare lo sguardo verso le iridi colorate da una strana sfumatura che profuma di riconoscenza.
<<Non c'è di che.>>

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