Capitolo 25 - Inferno (parte 2)

351 15 0
                                    

Nicholas. 

<<I dottori dicono che la ferita che ha indotto il coma non è localizzata in un punto che tu hai percosso, Nicholas.>>

<<Ma questa è una prova! È una dannata prova medica! Inconfutabile!>>

Se Alice urla un'altra volta giuro che la strozzo, non importa quanto poi possa pentirmene.

Bevo un altro sorso dal bicchiere di acqua tonica al limone che ho davanti e che mia sorella si preoccupa di riempire premurosamente ogni qual volta l'acqua provi ad esaurirsi.

Esatto, dalla Vodka all'acqua al limone.

Con la gentile aggiunta di un mal di testa insopportabile e dolori persino in punti del corpo che non ero certo esistessero.

<<L'accusa starà pensando a cosa dire per giustificare la cosa.>> Le risponde Marco, senza però staccare i suoi occhi dai miei, dall'altro lato del tavolo.

<<Ma noi diremo la verità, perciò non possono vincere.>> Ribatte lei, posandomi una mano sul braccio.

<<Nicholas?>> Mi chiede il mio avvocato, scrutandomi con un'espressione talmente seria da risultare quasi lugubre.

Potrei proporre al mio team di reclutarlo come comparsa in un film horror. Si omologherebbe perfettamente con la massa di gente dall'espressione inquietante che passeggia per stradine poco illuminate dove i protagonisti dalla dubbia intelligenza decidono di passare il loro tempo libero, chiaramente in solitaria.

La sola ipotesi di tornare a recitare porta luce balenando di sfuggita nella mia mente.

Guardo mia sorella, combattendo contro il senso di colpa.

Lo so che ne abbiamo parlato. Lo so che in ogni caso sarà lei a raccontare tutto esponendosi in prima persona. Lo so che la testimonianza della donna a cui ho dato una mano quella sera ci sarà a dir poco utile, se mi decido a dire come stanno le cose.

Lo so, ma ho paura.

Paura di ferire quella che ai miei occhi è ancora la mia sorellina, ma che in realtà è ormai una giovane donna, come lei stessa non si astiene dal precisare perennemente. Paura di non riuscire ad essere l'eroe che ho giurato di essere ogni giorno della sua vita da quando mamma e papà non ci sono più. Paura che il mondo possa farle del male e io possa non riuscire a proteggerla.

E al tempo stesso avverto questa scintilla di entusiasmo proprio al centro del petto. Questo desiderio di lottare, questo bisogno di non arrendermi, questa necessità di saltare nella consapevolezza che valga la pena di scoprire cosa ci sia dall'altra parte.

Che valga la pena di vivere.

E, forse inconsciamente, negli ultimi anni lo avevo quasi dimenticato. Mi sono lasciato trasportare dall'onda, ho seguito il vento, ditela come volete, ma ho smesso di credere che ci fosse qualcosa per cui valesse ancora la pena rischiare.

Invece adesso so che c'è.

Il cinema, che ho rischiato di vedere allontanarsi come un granello di sabbia soffiato via dalla tempesta.

Quella testolina bionda che è la mia famiglia, e che ha bisogno che io ci sia. E che per questo è disposta a lottare con me.

E quella donna, quella dannata donna che si è intrufolata sottopelle senza che io me ne accorgessi. Quella donna che ha ridato senso a tutto.

Quella donna con cui forse sono ormai in ritardo, a cui ho impartito una ferita troppo profonda perché io possa rimarginarla.

Il solo pensiero è una pugnalata al petto. Ben assestata, e terribilmente dolorosa.

Il solo pensiero mi rispedisce direttamente all'inferno con un bel calcio nel sedere.

Ma adesso non posso pensarci. Devo affrontare una cosa per volta. E devo credere di poter sistemare le cose. Perché senza crederci non posso farcela.

Quasi paradossalmente, il desiderio di Alice è stato avverato: una delle pochissime cose che ricordo degli ultimi cinque giorni in stato semi-comatoso, è proprio quella stupida frase. E non solo la ricordo, ma la penso ancora. Solo che adesso sono sobrio, e fa ancora più paura.

<<Nicholas?>> Mi chiedono ancora, ma questa volta è mia sorella a parlare. Mi guarda con quegli occhi azzurrognoli che mi pregano in silenzio.

<<Se una sola di queste informazioni viene pubblicata da qualche parte, fosse anche la pagina di una rivista con il minor numero di visualizzazioni della storia, sarò contento di andarmene in prigione con una ragione valida. E la tua testa ne sarà decisamente poco entusiasta.>>

Marco fa un sospiro di sollievo. <<La mia testa è pronta a rischiare.>>

E così, per la prima volta, rompo il silenzio.

Aiutato da mia sorella, sputo fuori ogni parola su quella serata, sui lividi sul corpo di Alice, sulla quella ragazza, Amanda, che urlava dietro la porta d'ingresso della casa di quel verme, sulle mie nocche bagnate di sangue, sulla sua caduta e la successiva perdita di coscienza, sulla telefonata che mi sono obbligato a fare ai soccorsi nonostante desiderassi solo di vederlo smettere di respirare, sull'ingente quantità di alcolici mandati giù meno di un'ora dopo, nel tentativo di dimenticare.

Marco annota ogni cosa, compresi i dettagli che mia sorella gli fornisce su come quella che aveva creduto fosse una relazione romantica si sia trasformata nel suo peggior incubo.

<<Ci vediamo in tribunale.>> Si congeda alla fine, diretto all'appuntamento fissato con Amanda prima e a qualche colloquio con i vicini di quella sottospecie di essere vivente dopo. Mia sorella si solleva dalla sedia per accompagnarlo alla porta, mentre io mi limito a mandare giù un altro sorso d'acqua, col corpo ancora insufficientemente carico per permettermi lo stesso movimento. <<Nic?>> Mi chiama Marco, poggiando una mano sulla mia spalla, prima di avviarsi verso la rampa di scale.

<<Cosa?>>

<<Sono felice che tu abbia deciso di non andare in prigione. Nessuno sapeva come fare, senza di te.>> 

Scontro con le stelleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora