Prologo

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<<Chissà perché ero certa di trovarti curva sui libri? Ah, sì, io lo so: perché la mia sorellina secchiona non fa che studiare tuuuutto il giorno, tuuuutti i giorni.>>

Sbuffo e distolgo lo sguardo dall'odiosa equazione che da tre ore a questa parte sto tentando invano di addomesticare, perché si convinca a sputar fuori quell'inutile risultato riportato sul libro; guardo invece la versione più sbarazzina di se stessa, che si tuffa su uno dei due letti singoli, infilata in un paio di pantaloni della tuta e con la chioma di capelli chiari raccolta in una coda alta – due cose che, per inciso, su di me hanno l'effetto di un'ulteriore spinta verso le sembianze del brutto anatroccolo, e su di lei, ovviamente, contribuiscono a quell'aria da diva del cinema che porta perennemente stampata sulla faccia

<<Non tutti hanno il dono dell'intelligenza innata che è stato concesso alla mia sorellona.>> Ribatto, sottolineando a mia volta la differenza d'età di soli quindici secondi che la autorizza, a suo parere, a rivestire i panni della sorella maggiore. <<Ad alcuni tocca allenare i neuroni, per ottenere dei risultati.>>

Lei alza gli occhi al cielo. <<La tua intelligenza non ha nulla da invidiare alla mia, è l'autostima a necessitare di un occhio di riguardo. Comunque, molla quel libro e vieni qui, c'è una cosa che ho bisogno di raccontare a qualcuno e tu sei la prima persona che ho incontrato, perciò farò in modo di accontentarmi.>>

<<Se questo è il tuo modo per prenderti cura della mia autostima, credo proprio di riuscire a farne a meno, grazie tante.>> Borbotto, accogliendo comunque il suo invito e sollevando il fondoschiena dalla sedia per andare a stendermi al suo fianco. <<L'ultima volta che hai detto di volermi parlare, hai preteso che convincessi mamma e papà ad uscire per una pizza perché tu potessi organizzare indisturbata una festa in casa loro. Di quale delitto devo macchiarmi, stavolta?>>

<<La solita melodrammatica. Hai quattordici anni, sorellina, sei un'adolescente. Gli adolescenti fanno cazzate per definizione. Un po' di leggerezza, Cloe. Comunque, stavolta niente bravate, per la tua felicità. Si tratta di Matteo.>>

<<Matteo chi? Mi hai parlato di un certo Andrea, un paio di volte, ma non mi ricordo di un Matteo.>>

<<Perché non credo di avertene parlato. Matteo è il cugino di Giulia, la mia compagna di classe con i capelli rossi. Siamo usciti in gruppo un po' di volte... Lui è... Non lo so neanch'io, com'è. Non ha niente di speciale, niente occhi color cielo, niente sorriso mozzafiato... Ha persino gli occhiali e l'apparecchio. Però è... Intelligente, curioso, pieno di...>>

<<La mia sorellona dal cuore di granito si è presa una cotta? Sul serio?>> La prendo in giro, voltando la testa verso di lei per incontrare un'espressione imbarazzata di fronte alla quale non riesco a trattenere un sorriso.

Gioia mi rifila una gomitata nel fianco. <<Primo, la parola con la "c" è uscita dalle tue labbra e non dalle mie. Secondo, vuoi farmi credere che a te non sia mai capitato, di trovare qualcuno di... Insomma, che sembrasse avere qualcosa di speciale? Tu, tutta cuori, fiori e romanticismo?>>

<<Primo, ringrazia che io abbia usato la parola con la "c" e non quella con la "a", perché dall'espressione ebete che avevi sulla faccia posso assicurarti che sarebbe stata legittima. Secondo, a me piace leggere l'amore tra le pagine di un libro, o guardarlo dietro lo schermo di una TV. Nella vita reale, onestamente non credo di averne bisogno. Ho te, mamma e papà e le mie amiche. Perché dovrei andare alla ricerca di uno che con tutta probabilità prima o poi finirà per farmi circondare di fazzolettini sporchi e cartoni di pizza vuoti che non avrò neanche le energie di andare a riporre in un cassonetto?>>

Scontro con le stelleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora