Capitolo 25 - Inferno (parte 1)

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Nicholas. 

Ho dimenticato l'ultima volta che ho messo insieme dei pensieri coerenti.

Ho dimenticato l'ultima volta che ho detto qualcosa che avesse un senso.

Dimenticare.

E' lo scopo dei miei ultimi giorni. Probabilmente era anche il vero scopo di chi ha reso l'etanolo appetibile, unendolo ad aromi e gusti svariati. Un po' come si fa con i bambini, ricoprendo di miele il bordo del bicchiere da cui tocca loro bere una medicina amara.

In questo caso, la medicina serve a far cadere ogni cosa nell'oblio pochi attimi dopo che sia avvenuta. Forse anche chi ha inventato gli alcolici aveva una vita di merda come la mia.

No, non è possibile, io vinco il primo premio per la sfiga.

"Nicholas Bianchini si presenta alla notte degli Oscar e gli viene consegnato il trofeo della Sfiga! Per coloro che sfigati lo sono da sempre e lo saranno per sempre!"

Mi viene da ridere. Comincio con una mezza risata, e poi mi viene da ridere di più. E ancora di più.

Mi fa quasi male la pancia.

<<Stai cercando di ucciderti? Ti prego, dimmelo, almeno comincio a rassegnarmi all'idea di rimanere sola.>>

Smetto di rotolarmi sul pavimento della veranda e apro gli occhi verso l'ombra della figura che incombe su di me. O forse dovrei dire delle figure considerato che non solo mia sorella mi appare sottosopra, ma sembra persino triplicata.

Quando hanno inventato la clonazione?

Non si sono accorti che il genere umano faceva già abbastanza danni in un'unica copia?

<<Sei melodrammatica. Avresti dovuto fare l'attrice al posto mio. Tieni, dovresti berne un po' anche tu.>> Le consiglio, tentando di sollevare la bottiglia di Vodka che ancora stringo in una mano.

Fortunatamente per me, però, i miei muscoli sono decisamente troppo rilassati per poter fare un qualunque tipo di sforzo, perciò ci rinuncio dopo che uno spruzzo della sostanza trasparente mi finisce in faccia.

<<Nicholas, ti supplico, basta.>>

Metto il broncio. <<Sorella antipatica. Ora che sono felice vuoi togliermi tutto il divertimento?>>

<<Mancano due giorni all'incontro in tribunale. Ti prego, Nic, ti prego, ragiona.>>

<<Secondo te il giudice mi concederebbe una scorta di alcolici in cella?>>

La vedo – o meglio le vedo, si muovono in perfetta sincronia, a proposito – scuotere la testa e qualcosa di bagnato mi scivola sul viso.

Perché piove anche se c'è tutto questo sole? O è solo qualche altra goccia di vodka? Non mi sembra di aver sollevato la bottiglia, però. Mai dire mai, comunque. L'ho imparato negli ultimi giorni.

<<Sai cosa sto desiderando in questo momento, Nic?>>

<<Ah, perciò sei tu che piangi, non è la pioggia.>> Deduco dal suo tono di voce.

<<Sto desiderando di essere morta, Nic. Di essermene andata quel maledetto giorno insieme a mamma e papà. Ma sai una cosa? Forse sono ancora in tempo per rimediare.>>

Scompare dalla mia visuale, e nel frattempo le sue parole si fanno strada grazie ad una forza tutta loro attraverso la coltre di nebbia che offusca il mio sistema cerebrale.

Strane immagini compaiono nella mia testa, rapide come flash e nitide come se le stessi guardando davvero.

Mia sorella pallida.

Immobile.

Gelida.

Una versione la propone con una corda intorno al collo, l'altra stesa in una posizione innaturale contro l'asfalto sottostante a chissà quale terrazzino lassù.

Nessuna di queste immagini è piacevole.

Me ne rendo conto nonostante l'euforia gentilmente donata dall'immane quantità di etanolo che mi circola nelle vene, insieme ad una ridotta porzione di globuli rossi e plasma.

Perciò la questione deve essere seria.

<<Non dire cazzate e vieni qui.>> Biascico, tentando invano di sollevarmi dalla superficie dura.

Prendo nuovamente fiato per parlare, quando non mi giunge alle orecchie nessuna risposta.

<<Non riesco ad alzarmi e a ragionare adesso, sono troppo ubriaco. Ma sono certo di non volere che tu muoia e di volerti bene. Perciò, se mi dai una mano e aspetti che io smaltisca l'alcol possiamo provare a pa-parlare.>> Propongo, prendendo fiato sull'ultima parola.

Cielo, persino pronunciare qualche sillaba dietro l'altra è diventato faticoso.

<<Sul serio? Mi giuri di smetterla con quella roba?>>

Eccole, sono tornate. Sento un peso all'altezza dello stomaco che pian piano si alleggerisce.

<<Sì, giuro.>> Borbotto, finendo per rovesciare la bottiglia nel tentativo di allontanarla da me.

Non dovrei fare giuramenti così auto-distruttivi, lo so. Sono riuscito ad acquietare il dolore solo adesso. Senza la mia compagna di sventure dalla gradazione alcolica apprezzabile quel dolore è destinato a tornare.

E io non lo sopporto.

Altri flash.

Questa volta la donna che vedo ha gli occhi verdi. Sono pieni di lacrime.

E' pallida, ma la punta del naso è arrossata.

Le tremano le labbra.

Ha la nausea, vomita.

Mi guarda come se le facessi schifo. Mi dice di sparire.

Non voglio sparire, voglio abbracciarla.

Voglio chiederle scusa.

Io la amo.

<<Sì, Nic, lo so che la ami. Lo sappiamo tutti tranne te da sobrio.>> Sento dire alle tre copie di mia sorella, mentre lei mi aiuta a sollevarmi dal pavimento e a crollare sulla sdraio, dove il materassino di stoffa color crema protegge le ossa ormai doloranti dal contatto col duro.

<<Lei mi odia.>>

<<Solo perché ti ama anche lei. E tu sei stato un coglione. Ma c'è una soluzione, Nicholas, a tutto questo c'è una soluzione. Me l'hai insegnato tu. C'è sempre un modo per farcela, almeno fino a quando si respira ancora. Non perderai la tua vita e non perderai Cloe, ne sono certa.>>

<<Sicura? Perché io non so se riesco a vivere, senza di lei.>>

Perché sta sorridendo? Cosa cazzo c'è da ridere? Non vede quanto sto male?

<<Quanto vorrei che ti ricordassi queste parole, quando il tuo cervello tornerà a...>>

Le ultime parole si perdono chissà dove, insieme alla luce dei raggi accecanti del sole. Beato lui, che ha ancora tutta questa voglia di brillare.

Io voglio solo dormire.

Dormire e dimenticare.

Ma l'Inferno non si dimentica. 

Scontro con le stelleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora