Capitolo 2 - Colpa del caffè (parte 1)

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Cloe.

<<Lui mi aveva detto che...>> Sto dicendo alla mia amica, che, dall'altra parte del telefono, sta cercando da più di un quarto d'ora di placare i miei istinti omicidi. Diciamo che il ricordo ancora nitido e pungente del mio ragazzo avvinghiato ad un corpo femminile che non era il mio non gioca esattamente a suo favore.
E, visto quanto sono incazzata in questo preciso momento, il tipo che entra nel locale senza neanche controllare se qualcuno stia uscendo, col risultato di farmi ritrovare con il bicchiere del cappuccino appena acquistato dal bancone mezzo vuoto e il viso spiaccicato contro una massa calda di muscoli coperta da una profumata e morbida stoffa bianca – son certa che siano anche muscoli ben allenati, dal momento che la mia guancia è dolorante quanto lo sarebbe stata se avessi sbattuto contro un muro – ha un desiderio di morte.
<<Cazzo.>> Borbotto. <<Ti richiamo tra un attimo.>> Aggiungo verso il microfono del cellulare, facendo un passo indietro e infilando il telefono nella tasca posteriore dei pantaloncini di jeans.
<<Spero che l'esclamazione fosse un modo per chiedermi scusa.>> Sento dire da una voce profonda e vellutata.
E no, non sono il tipo di persona che si mette a blaterare smancerie sui pettorali o sulla voce, ma ha davvero un petto notevole e una voce che merita almeno un paio di aggettivi melensi, di quelli tipici del rosa.
<<Io dovrei chiederle scusa? Avevo appena comprato un cappuccino, e adesso è sulla sua camicia, mentre se lei avesse guardato davanti a sè sarebbe ancora nella mia tazza.>> Ribatto, acida, sollevando lo sguardo – e anche reclinando il collo, lo ammetto, perché il mio metro e sessanta è decisamente imbarazzante rispetto all'altezza del tipo che ho davanti.
E, a quanto pare, le sorprese non sono finite. I miei occhi incontrano uno sguardo che mi riporta alla mente il profumo del mare in tempesta. Le iridi sono una perfetta via di mezzo tra l'azzurro delle onde e il riflesso grigio delle nuvole che preannunciano pioggia. Le lunghe ciglia che adombrano appena quel colore intenso contribuiscono ad accentuare la sensazione che quegli occhi ti trapassino da parte a parte. Anche il naso perfettamente disegnato e le labbra carnose e rosee che addolciscono una mascella squadrata e ruvida di barba fanno la loro parte nell'effetto finale. Persino il ricciolo castano che gli ricade sulla fronte ha il suo ruolo nell'insieme. E l'insieme è decisamente quello di un giovane uomo attraente. Molto, molto attraente. E neanche del tutto sconosciuto, a dire il vero. Ho l'impressione di aver già visto questo viso da qualche parte. Solo che non ricordo dove. E credo che lo ricorderei piuttosto bene, se davvero non fosse il nostro primo incontro. 
<< La colpa sarebbe mia? Lei era talmente impegnata con non so chi al cellulare da non guardare dove mettesse i piedi, finirmi addosso e sporcare la mia camicia col suo caffellatte, e vorrebbe anche delle scuse?>>
Il sopracciglio è sollevato, lo sguardo perplesso. A giudicare dall'espressione, non si aspettava davvero di sentirsi urlare addosso. La solita presunzione degli uomini.
<<Alla sua camicia basterà un giro in lavatrice, mentre io sarò costretta a rinunciare al mio caffè. Perciò sì, vorrei delle scuse.>>
<<La mia camicia è in lino ed è appena venuta fuori dalla scatola. Il suo è solo un caffè.>>
<<Beh, la prossima volta che esce di sabato mattina con una camicia così pregiata tenga conto del fatto che le si potrebbe rovesciare un caffè addosso...>>
<< Ragazzi, ragazzi, basta così. Non è successo nulla, è stato un incidente. Offro il caffè ad entrambi, se vi spostate dalla porta.>> Ci riprende bonariamente Gennaro, il proprietario del locale.
<<Rifiuterei e scapperei il più lontano possibile da quest'individuo, ma accetto la tua proposta, Genny... Non posso cominciare una giornata senza una buona dose di caffeina, specialmente se "il buongiorno si vede dal mattino".>> Rispondo avviandomi verso il bancone e liberando l'ingresso.
<<Le faccio notare che non si sta comportando in maniera gentile.>> Borbotta il tipo alle mie spalle, seguendomi.
<<Neanche lei è stato gentile nello svuotare il mio cappuccino, sminuendo il tutto etichettandolo come "solo un caffè".>>
<<E' lei che mi è venuta addosso!>>
<<Ecco a voi. Cappuccino per te, Clo, e caffè espresso per te, Nic. E una fettina della mia pastiera offerta dalla casa.>> Ci interrompe Gennaro, esasperato, posizionando sul bancone davanti a noi tazze e piattini.
<<Grazie.>> Rispondiamo in coro io e il mio accompagnatore inatteso, che nel frattempo ha preso posto sullo sgabellino alla mia sinistra.
<<Sei anche tu una cliente abituale? Non ti ho mai vista qui.>> Mi chiede lui dopo un attimo, mentre versa nella tazzina ben due bustine di zucchero.
Siamo passati al "tu." Di male in peggio.
<<Sono qui ogni mattina prima del lavoro, tranne nel week end. Oggi è stata un'eccezione, che evidentemente avrei potuto evitare.>> Rispondo, tagliando con la forchettina un pezzetto del dolce che ci ha offerto Gennaro. <<Come fai a metterci tutto quello zucchero? Saprà di tutto meno che di quello di cui dovrebbe sapere. >> Non riesco a trattenermi dal chiederlo.
Da buona amante del caffè, lo mando giù rigorosamente amaro.
Cosa che a lui non dev'essere sfuggita. << E tu sai che una ricerca pare aver dimostrato che chi beve caffè senza zucchero è più incline ai disturbi mentali?>> Ribatte a tono. <<E comunque sì, avresti decisamente dovuto evitarla. Soprattutto perché il sabato è il mio giorno. E indosso quasi sempre una camicia come questa, perciò mi piace che la gente eviti di rovesciarmi intrugli addosso.>>
Ora che guardo la chiazza beige che campeggia fiera sul suo petto, in effetti un po' di senso di colpa lo avverto. Lui si sarà anche fiondato nel locale, ma se io non fossi stata tanto presa dalla conversazione con Mia, avrei potuto evitare l'impatto. Chiaramente, le mie intenzioni di ammetterlo a voce alta sono pari alle probabilità che io possa perdonare Mattia dopo quello che ho visto. Zero.
<<Ah, sabato è il tuo giorno? Cos'è, dopo una settimana di nullafacenza, decidi di puntare una sveglia tanto per convincerti che il mondo abbia bisogno di te, almeno per ventiquattro ore?>>
Un mezzo sorriso incurva gli angoli di quelle labbra perfette e sulla guancia destra compare un accenno di fossetta, che rende quel viso ancora più luminoso, cosa che per definizione non dovrebbe essere possibile.
<<Ci vai giù pesante. Mi accusi di essere disoccupato, svogliato e con manie di protagonismo nella stessa frase nonostante ci siamo incontrati solo un quarto d'ora fa.>> Mi fa notare, senza però alcuna punta di fastidio nella voce fluida e neutra.
E ha anche ragione, questa volta non posso fare a meno di ammetterlo. <<D'accordo, potrei essermi lasciata un tantino prendere la mano.>>
<<... E la prima impressione che hai avuto di me è di uno che se ne sta a letto fino a mezzogiorno piuttosto che lavorare.>> La sua non sembra una domanda, anche se lui sembra sinceramente incuriosito, e oserei dire che nei suoi occhi brilli un bagliore di divertimento.
<<In tutta onestà, sì. Però ammetto che considerarti tale solo per i capelli dall'aria trasandata e lo stile un po' strafottente non sia molto maturo.>> Lo osservo trattenere una risata. <<Cosa c'è di tanto divertente?>>
<<Sei la prima persona che incontro a fare un'osservazione del genere.>>
<< Magari le altre non sono così dirette.>> O sono abbastanza sane di mente da non pensarci neanche a dire una cosa del genere a uno che ha due occhi come i suoi.
Lui si picchietta il mento con un dito, con aria pensierosa. Non posso fare a meno di notare che persino le sue dita sono belle, come tutto il resto. Dita affusolate e ben disegnate, con le unghie corte e fin troppo curate per trattarsi delle mani di un uomo.
<<Ho una proposta.>>
<<Sì, anch'io. Adesso me ne vado e dimentichiamo questo strano incontro.>>
<<Saresti così benevola da sorvolare sul fatto che io abbia sprecato il tuo cappuccino sporcandomi la camicia invece di lasciartelo bere?>>
In effetti, detta così non suona proprio sensata. Però ormai l'ho detta, quindi tanto vale tenere duro. <<Sì, per una volta potrei fare un'eccezione, dato che Gennaro è stato così carino da rimediare al tuo errore offrendomi un caffè.>>
<<E se volessi rimediare io al mio errore? Potrei offrirti una cena, per esempio.>>
<<Oh mio Dio.>>
<< Ammetto che non mi aspettavo la prendessi con tanto entusiasmo, ma devo anche ammettere...>>
<<No. Oh mio Dio no.>> Lo interrompo. <<Era questo che intendevo. Sei uno di quei tipi che fanno in modo di creare questi piccoli incidenti per cogliere la palla al balzo e cercare di fare colpo.>>
Lui sembra di nuovo perplesso. <<Ma certo che no. Ti sembro uno che ha bisogno di questi mezzi per ottenere un'uscita con una donna?>>
In effetti, a giudicare dal perfetto biglietto da visita di cui è stato dotato, direi di no. <<Non lo so, ma a scanso di equivoci, non ho nessuna intenzione di uscire con te, né se era la tua idea di partenza, né se è maturata dopo.>>
Mi sollevo dallo sgabellino, sistemando la borsa sulla spalla.
<<Ma...>>
Lo ignoro, rivolgendomi a Gennaro e convincendolo ad accettare almeno i soldi del cappuccino.
<<Ascolta...>> Ci riprova ancora il tipo.
<<Ho detto di no. Non esco con te. Caso chiuso.>> E, dopo aver girato i tacchi – per modo di dire, dato che dopo una settimana in ufficio i miei piedi tollerano a malapena le suole completamente piatte in cui li ho infilati- mi avvio verso la porta.
<<Nicholas!>> L'esclamazione femminile alle mie spalle mi fa esitare sulla soglia. Osservo con la coda dell'occhio la donna sulla sessantina che si è avvicinata allo sgabellino che ho lasciato vuoto solo qualche minuto fa. <<E' un po' che non ti si vedeva. Dove sei finito la scorsa settimana? E, soprattutto, quando comincerà la nuova serie del nostro amato George? Nessuno ci dice niente...>>
Nic... Nicholas... George... Cazzo.
Cazzo, cazzo, cazzo.
Alzo ancora una volta lo sguardo sui riccioli castani, sulle spalle ampie, sul mezzo sorriso disegnato sulle labbra, sugli occhi che stanno guardando nella mia direzione.
Quello è Nicholas Bianchini. Interpreta il protagonista di "Continua a Sognare", una delle serie TV per cui stravede la maggior parte della popolazione femminile. A mia discolpa, posso dire che non l'ho riconosciuto subito perché non ho mai guardato la sua serie, e perché non sono per nulla fisionomista, perciò le probabilità che io ricordi un volto visto di sfuggita sulle pagine di qualche rivista o mostratomi in qualche occasione dalla mia migliore amica sono abbastanza scarse.
"Hai trattato di merda Nicholas Bianchini. Gli hai rovesciato addosso il caffellatte. Hai rifiutato di uscirci a cena. Gli hai detto che è disoccupato e..." Comincia a ricordarmi la mia coscienza, e giuro che se potessi esprimere un desiderio, sarebbe quello di essere inghiottita da una voragine nel pavimento.
Dato che però non vedo stelle cadenti nei paraggi e che sono piuttosto certa che Dio abbia desideri decisamente più seri da esaudire, prendo il briciolo di dignità che mi rimane e mi sforzo di uscire a testa alta dal locale.

... a presto, con la seconda parte di questo capitolo! :*

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