Capitolo 7- Aria di sfida (parte 2)

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Nicholas.

<<Sai, qualche giorno dopo la nascita di mia sorella, ho chiamato i miei genitori in disparte e, tutto serio, ho detto loro che avrebbero dovuto riportare la bambina al negozio per sostituirla. Non parlava e non reagiva, perciò doveva avere un difetto di fabbricazione.>>
Cloe scoppia a ridere, coprendosi le labbra con il tovagliolo per evitare di espellere il boccone che sta ancora masticando. Mi fa cenno di aspettare un momento e deglutisce prima di rispondere.
<<E loro?>>
Alzo le spalle, senza riuscire a mia volta a trattenere un sorriso. <<Mi hanno detto che non c'era nessun difetto e che avrei solo dovuto avere un po' di pazienza, perché Alice era molto piccola. Chiaramente, ho continuato a pensarla a mio modo fino a quando mia sorella non è stata abbastanza grande da interagire con l'ambiente.>>
Lei scuote la testa, lasciandosi andare ad un'altra risata. Sembra molto più rilassata rispetto a quando sono passato a prenderla, e una parte di me sta gonfiando il petto.
Perché essere capace di migliorare il suo umore, di farle rilassare le spalle prima contratte, di distendere le rughe di preoccupazione sulla fronte lasciata scoperta dai capelli raccolti tirati indietro, di sostituire quella nota di malinconia che brillava negli occhi verdi quando è salita in auto con la solita vivacità mi porta un passo più vicino al traguardo, non certo perché vederla ridere, per qualche strana ragione, porta a sorridere anche me...
<<Io invece, una volta, durante la cerimonia di un matrimonio, ho avuto la brillante idea di chiedere a mia madre come avrebbero fatto gli sposi ad avere dei bambini. Chiaramente, non mi sono accontentata della spiegazione naif che mamma ha cercato di rifilarmi, ma ho continuato a fare domande e ad esporle i miei dubbi nei minimi dettagli, il tutto con la voce squillante di una bambina di tre anni. Credo di aver avuto addosso gli sguardi di tutti. Fortunatamente per mia madre, non ho cominciato a fare domande anche agli altri ospiti.>>
Non so come siamo finiti a raccontarci episodi imbarazzanti della nostra infanzia, ma eccoci qui, a ridere come due ragazzini ripensando alle stupidate dettate dall'innocenza.
A dire il vero, non so neanche come io sia finito a mangiare un panino col nome di un politico in una barchetta di cartone ad un chioschetto davanti al Castello, in compagnia di una donna dal viso del tutto pulito dal trucco, con i capelli raccolti in uno chignon disordinato sulla nuca e con addosso un semplice vestitino smanicato dal cotone colorato.
Di solito le donne che frequento pretendono cene a lume di candela e posate in argento, mentre Cloe sembra decisamente a suo agio seduta su una sedia di plastica con le gambe accavallate e il panino tra le mani.
E tu?
Guardo la ragazza di fronte a me, gli occhi ridotti a due fessure mentre ride, le labbra distese, l'enorme fontana che fa da sfondo al suo sorriso... Potrei ammettere di stare bene, in questo momento. Molto, molto bene.
D'altra parte, come potrei non essere contento, quando il mio piano sembra quasi pronto per essere avviato?
<<Immagino l'espressione di tua madre.>>
Lei si porta una mano alla fronte con aria sgomenta. <<Già. Poveretta.>>
<<Comunque, le mie figure di merda non si sono fermate all'infanzia. Credo di aver superato me stesso quando sono scoppiato a piangere davanti a tutti dopo il mio primo bacio.>> Ricordare l'episodio riporta a galla una sensazione di vergogna mista a divertimento, e scuoto la testa, compatendo il ragazzino timido che sono stato.
<<Perché?>> Mi chiede Cloe, fissandomi incuriosita, in attesa di un'altra storia.
<<Eravamo a casa di una compagna di classe per il suo compleanno. Come ti accennavo, alle medie i miei coetanei non facevano che prendermi in giro, perciò ci ero andato solo perché i miei mi avevano costretto, dicendo che non potevo vivere da eremita, ma avevo tutta l'intenzione di starmene per conto mio. Fino a quando un'altra ragazza della mia classe, per cui avevo una cotta dall'inizio delle medie, mi si è avvicinata per chiedermi perché non mi unissi agli altri e abbiamo cominciato a parlare. Alla fine della serata, lei mi ha dato un bacio, e io ero talmente emozionato che ho cominciato a piangere.>>
Lei non riesce a trattenersi e scoppia a ridere, anche se avverto nella risata una nota di tenerezza. <<Che carino. E com'è finita?>>
<<Non bene. Gli altri hanno cominciato con i soliti commenti e lei ha finito per dire che lo aveva fatto perché le facevo pena, tutto solo come un cucciolo abbandonato.>>
La risata di Cloe si spegne, e il suo viso diventa serio. <<Questa è cattiveria.>>
<<A quell'età la maggior parte dei ragazzini è fatta così.>> Replico, alzando le spalle. <<Si sentono potenti e se individuano qualcuno più debole di loro ne fanno un bersaglio. E anche chi non metterebbe in atto quei comportamenti di sua spontanea volontà si aggrega a loro per non apparire debole o "sfigato".>>
<<Non hai tutti i torti. Anche nella mia classe c'era un ragazzino che era stato puntato dagli altri, solo perché era introverso e se ne stava per i fatti suoi. Per fortuna ho sempre pensato che ciò che gli altri pensano di me non sia affar mio, perciò mi sono sempre schierata dalla sua parte e alla fine della terza media eravamo diventati amici, anche se poi ci siamo persi.>>
<< Se avevi già sulla lingua la dose di veleno che hai ora immagino che nessuno abbia mai osato prendere in giro te.>> Commento, con un sorriso.
Lei tira fuori la lingua in una smorfia infantile e tenera al tempo stesso. <<La mia lingua è pulitissima, ora come allora. Semplicemente tiro fuori i pensieri senza rimuginarci troppo...>>
<<Allora sono i pensieri ad essere velenosi.>>
<<Beh, almeno i miei neuroni li producono...>> Ribatte, e la conclusione della frase è poco fraintendibile.
<<Ecco, come volevasi dimostrare.>>
Cloe alza gli occhi al cielo. <<E' colpa tua, sei tu che mi porti a risponderti in questo modo.>>
<<Perché la mia bellezza eccessiva ti irrita?>> La provoco sfoderando uno dei sorrisi migliori del repertorio.
In tutta risposta, la vedo scuotere la testa. <<Usa la tattica del sorriso incantatore con le tue fan, su di me non funziona.>>
<<Stai smontando crudelmente tutte le mie strategie.>> La accuso, fissandola. Come al solito, è lei a distogliere i suoi occhi dai miei dopo pochi secondi.
<<Le strategie si mettono in atto per raggiungere un obiettivo, e il tuo non mi piace per niente.>>
Per un attimo, penso che abbia saputo del piano, e mi chiedo come sia possibile. Gli unici ad esserne a conoscenza siamo io e Daniele, e dubito che sia andata a farsi una chiacchierata con il mio agente cinematografico.
<<E quale sarebbe il mio obiettivo, secondo te?>> Azzardo a chiederle.
<<Vincere questa sfida. Far cadere ai tuoi piedi una delle poche donne che abbiano osato dirti di no.>>
<<Ci tengo a precisare che sei l'unica ad aver avuto un tale coraggio, se non contiamo gli anni precedenti al liceo.>> La interrompo, senza smettere di sorridere e tirando silenziosamente un sospiro di sollievo.
<< Appunto. Per te sono praticamente l'equivalente di un unicorno. E questo ti porta ad intestardirti, in modo da dimostrarti che sei in grado di conquistare anche una donna che sembra non essere interessata a te.>>
<<Pensavo che per lavorare in un'azienda di consulenza finanziaria fosse necessaria una laurea in economia, non in psicologia.>>
<<Non ci vuole una laurea per capire una dinamica psicologica così semplice.>>
<<E se invece tu ti stessi sbagliando? Se, invece, come continuo a ripeterti, io ti trovassi davvero interessante?>>
Alza le spalle. <<Come continuo a ripeterti io, non continuerò ad uscire con te, neanche in tal caso.>>
Non so se sia una mia impressione, ma la convinzione nelle sue parole sembra decisamente diminuita. Tuttavia, riconosco che non sia ancora il momento per insistere sull'argomento. Finirei per farla intestardire ulteriormente e andrebbe via prima della fine della serata.
<<Facciamo una passeggiata nel parco?>> Le propongo, tirandomi su e raccogliendo i contenitori dei nostri panini dal tavolo.
<<Perché no. Abbiamo ancora un'ora prima che inizino.>> Acconsente, alzandosi anche lei. <<Ah, e il panino era quasi più buono della prelibata cena a base di pesce.>>
<<Questo era un colpo basso.>>
<<Vedrai che il tuo ego saprà sopportarlo.>> Ride, seguendomi verso l'entrata di Parco Sempione.

Aspetto impressioni e qualche stellina, se la storia vi piace! Un abbraccio!



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