Cloe.
<<Questa è una bugia.>> Dico con fermezza, mentre passeggiamo per il giardino che circonda la residenza di Nicholas, dopo aver mangiato del cibo che, contro quanto io sia disposta ad ammettere a voce alta, l'aggettivo "buonissimo" potrebbe solo sminuire.
Dal lato opposto rispetto a quello in cui abbiamo lasciato l'auto, erba e piante creano un'oasi di almeno una cinquantina di metri quadrati, interrompendosi solo per lasciar spazio a sentieri di mattonelle in pietra e accogliendo una piccola fontana, il cui getto si spinge fiero verso il cielo. Le lucine sospese su tutta la superficie fanno a gara con le stelle per illuminare il posto, dandogli tutta l'aria di un piccolo angolo di paradiso.
Chiaramente, sono rimasta qualche minuto pieno in totale contemplazione, prima di riacquisire il dono della parola. Questa villa potrebbe essere aperta al pubblico e non avrebbe decisamente niente da invidiare a Parco Sempione, accidenti.
<<Posso giurartelo. Avevo così tanti soprannomi da averne perso il conto, ma quasi tutti erano in coppia con "sfigato". Sarà stato l'acne o le spesse lenti che avevo davanti agli occhi.>>
Davvero non riesco ad immaginarmi un Nicholas Bianchini deriso dai suoi compagni di classe, neanche se si tratta degli anni delle medie, quelli in cui tutti noi siamo stati la versione esteticamente peggiore di noi stessi. Sarà che, a guardarlo adesso, persino aggiungendo con l'immaginazione qualche puntino rosso sul volto e dei grossi occhiali sul naso, l'immagine non è affatto male.
<<Portavi gli occhiali?>> Gli chiedo, costringendo i miei occhi a smettere di accarezzare quel profilo, il ricciolo sulla fronte che danza nella brezza estiva, le labbra piene piegate in un sorriso divertito. Mi stringo le braccia al petto fingendo di rabbrividire, per evitare alle mie dita di agire animate da vita propria e andare, per esempio, a sistemare quel ciuffo castano. Il prurito che avverto sui polpastrelli non è rassicurante, proprio per niente.
<<Li portavo, sì, prima di farmi operare. Ero cieco come una talpa, senza.>>
<<Ti capisco, la mia miopia è iniziata quando avevo cinque anni e non si è mai fermata.>> Mi volto verso di lui quando, a seguito delle mie parole, lo sento smettere di camminare.
<<Vediamo...>> Dice tra sé, prima di prendermi il mento tra pollice e indice e avvicinare pericolosamente il suo volto al mio.
Avverto lo stomaco contrarsi improvvisamente, e provo ad avvertirlo di allontanarsi prima che io ne svuoti il contenuto sulla sua camicia, ma la voce mi rimane incastrata in un punto imprecisato tra la gola e la bocca.
Intanto, lui fissa per qualche istante quelle iridi intense nelle mie, scrutandomi, dopodiché smette di invadere il mio spazio personale.
<<Cosa...?>> Balbetto, senza riuscire a far venir fuori dalle mie labbra una seconda parola.
<<Controllavo che fosse vero. Si intravedono le lenti a contatto intorno alle iridi, perciò lo è.>> Si giustifica lui alzando le spalle con noncuranza, ma senza nascondere un sorriso soddisfatto.
Stava testando il terreno, lo stronzo. Cercava una reazione alla sua vicinanza, e l'ha ottenuta. Cerco di riprendere il pieno controllo delle mie facoltà mentali e di assumere un'espressione neutra, nonostante avverta ancora il battito del mio cuore nelle orecchie, forte e chiaro.
<<E perché mai avrei dovuto mentirti?>>
<<Per creare un punto in comune tra noi due, per esempio. Una volta, durante un appuntamento con una ragazza, le ho detto che mi piacevano i gatti. Lei mi ha detto di averne uno da molti anni e abbiamo passato una buona parte della serata a parlare del suo micio, salvo poi scoprire che in realtà non esisteva nessun micio e che lei aveva una paura folle dei felini.>>
Non mi trattengo dal lanciargli un'occhiata perplessa. <<Non per offendere o per giudicare, ma se avessi scelto le donne con cui uscire considerando il quoziente intellettivo oltre che le abilità del chirurgo plastico, forse questi episodi sarebbero stati meno frequenti...>>
<<Questo è un colpo basso. Cosa ti fa pensare che io sia così superficiale?>>
Mi limito ad inarcare un sopracciglio, o almeno ci provo, perché scommetterei la mia pelle che il risultato non sia neanche lontanamente simile a quello che ottiene lui con lo stesso movimento.
Una risata rauca e profonda gli sgorga dalle labbra. <<D'accordo, diciamo che sono uno che si lascia un tantino incantare dalle belle immagini. E ammettiamo anche che il quoziente intellettivo non era esattamente nelle mie priorità.>>
<<E quando sarebbe cambiata la situazione?>> Gli chiedo notando che ha usato il passato, ma senza dare troppo peso alla mia domanda. E' solo curiosità e un modo come un altro per fare conversazione, e di sicuro non mi aspetto la sua risposta.
<<Quando mi sono ritrovato con la camicia sporca di caffellatte e di fronte qualcuno che invece di chiedermi scusa mi urlava contro. E' stato divertente. Non la camicia da cestinare, si intende, ma l'avere a che fare con una donna dai neuroni funzionanti.>>
Questa volta sono io a smettere di camminare e a puntargli gli occhi addosso. <<Sai che non ti credo, vero? Questa storia del voler uscire con me, del volermi convincere a tutti i costi a cenare insieme... Non credo neanche lontanamente all'idea che tu ti sia sentito magicamente attratto da me. Perciò, prima che questa serata finisca, posso sapere qual è il vero motivo per cui sono qui?>>
Per un attimo nel suo sguardo si agita qualcosa, ma, prima che possa decifrarlo, lui distoglie i suoi occhi dai miei e riprende a passeggiare, spingendomi a fare altrettanto. <<L'attrazione non è magica, è semplice. Ti ho conosciuta e ho visto in te qualcosa che mi incuriosiva. E mi è venuta voglia di approfondire ciò che avevo visto. Deve per forza esserci un motivo più complicato?>>
<<Tu sei Nicholas Bianchini.>> Dico, a mo' di spiegazione.
<<Credevo che il momento delle presentazioni fosse superato.>>
<<Sai cosa voglio dire.>>
<<Lo so, e non mi piace per niente. E' stata una bella serata, siamo stati bene, e onestamente spero che tu acconsenta ad una seconda uscita. E sentire che il mio nome rischia di rovinare tutto non è affatto piacevole.>>
Scuoto la testa. <<Non è il tuo nome a rovinare tutto. Tu hai una casa che sembra una reggia, una piscina degna delle migliori terme di Milano, un'auto che vale più del mio stipendio annuale, sei di una bellezza quasi fastidiosa e, come se non bastasse, hai delle doti culinarie eccellenti, non considerando la capacità di mettere a proprio agio la persona che hai di fronte. Sei praticamente perfetto. Ma... La perfezione non fa per me. Non cerco il principe azzurro, cerco una persona vera... Simile a me. Anzi, a voler essere sincera, in questo momento non cerco nessuno, perché io non sono una stella del cinema, e mi porto dietro i lividi delle delusioni in cui mi imbatto. Perciò... Siamo stati bene, ma non ci sarà una seconda uscita, Nic, anche se ti ringrazio per avermi fatto provare l'ebrezza di vivere in una favola.>>
Lui mi osserva con lo sguardo di chi sta pensando attentamente a cosa dire. <<La maggior parte delle cose che hai elencato sono apparenza. Potresti scoprire che sotto tutto questo c'è una "persona vera". Dammi una seconda possibilità.>>
<<Gli accordi non erano questi. Una cena, e poi avrei preso la mia decisione. E la mia decisione è questa.>>
Gli sfugge un sospiro, mentre scuote la testa, con un'aria che sembra una via di mezzo tra la delusione e la rassegnazione. <<D'accordo. Consulterò il mio agente per sapere quando sarà possibile portarti ad assistere a delle riprese.>>
<<Non sei obbligato sul serio.>>
<<Ah no, questo non vale.>> Mi punta contro l'indice. << Se io devo rispettare i patti, devi farlo anche tu.>>
Mi sfugge un sorriso. In fondo è davvero un'esperienza che mi piacerebbe vivere, e ammetto che la sua compagnia non è esattamente la peggiore che potesse capitarmi. <<Va bene, allora.>>
E' stata davvero una bella serata. Nicholas non è solo di una bellezza e ricchezza piuttosto eclatanti, è anche divertente, affascinante, gentile. E ammetto che non me l'aspettavo, da uno che è abituato ad ottenere qualunque cosa con uno schiocco di dita.
Chissà, forse in altre circostanze avrei acconsentito a rivederci, ma non ora, non dopo quello che è successo con Matt. A dispetto di quanto spesso possa apparire dall'esterno, sono una che tende ad affezionarsi facilmente alle persone, e se un uomo comune è stato capace di ridurmi il cuore a brandelli, onestamente non ho voglia di sfidare la sorte, impelagandomi in qualcosa con uno che ha ai suoi piedi una gran parte dei cromosomi X del pianeta.
<<Vuoi che ti accompagni a casa?>> Mi chiede lui, il tono di voce gentile, lo sguardo che è una carezza che quasi avverto sulla pelle della guancia.
<<Se non ricordo male, non credo di essere stata l'unica a bere del vino, a cena. Sarai anche un fantastico autista di Porche e chissà cos'altro, ma credo che chiamerò un taxi.>>
Nicholas rivolge gli occhi al cielo. <<Ti sembro ubriaco?>>
Alzo le spalle. <<Hai un tasso alcolemico diverso da zero, il che implica che non salirò sulla tua auto, caso chiuso.>> E sbatto le ciglia con fare civettuolo, strappandogli un sorriso.
<<Sei quasi più cocciuta di mia sorella, e non credo di averlo mai detto a nessuno.>>
<<Solo perché non hai mai conosciuto la mia migliore amica.>> Ribatto subito, mentre mi torna in mente la richiesta di Mia. L'ultima cosa che vorrei fare è chiedergli di firmare un patetico pezzo di carta, ma si tratta di una delle persone a cui voglio più bene al mondo... <<A proposito, posso chiederti un favore? Se vorrai mandarmi al diavolo fallo pure, stavolta temo di meritarmelo.>>
Piuttosto che essere infastidita, la sua espressione si illumina di una scintilla di divertimento. << A giudicare dalla tua faccia il senso di colpa è una punizione più che sufficiente. La tua amica vuole un autografo?>>
<<Già.>> Per favore, terra, inghiottimi. Adesso.
<<Hai della carta a portata di mano?>> Mi chiede, sfilando una penna che credo abbia un valore pari al mio intero guardaroba dal taschino della camicia.
Recupero il piccolo block notes che porto sempre con me dalla borsa e lo lascio scrivere una brevissima dedica con tanto di firma alla mia migliore amica. Come minimo, pretendo il pieno di gratitudine per il resto dei miei giorni per l'umiliazione a cui mi ha costretta. D'accordo, non mi ha puntato una pistola alla tempia, ma quello sguardo da cerbiatto è un ricatto psicologico bello e buono.
<<Ne vuoi uno anche tu?>> Mi chiede Nicholas quando finisce di scrivere, scrutandomi da sotto le ciglia.
<<Non sono esattamente il tipo che incornicia una firma o che la tiene sotto al cuscino mentre dorme neanche fosse la fotografia di un santo, ma grazie comunque.>>
Lui ride, mentre mi restituisce il blocco degli appunti. <<Chissà perché, ma lo immaginavo.>>
<<Però, sei perspicace.>> Avverto i suoi occhi addosso e immagino di aver appena ricevuto un'occhiataccia, anche se non posso vederla perché sono concentrata sulla mia borsa, questa volta alla ricerca del cellulare.
<<Se proprio non vuoi che guidi io, lascia almeno che ti accompagni il mio autista, piuttosto che un taxi.>> Dice, intuendo le mie intenzioni.
<<Hai un autista?>> Dovrei smettere di lasciarmi sconvolgere così facilmente, ma proprio non ci riesco.
<<Già, anche se di solito faccio a meno di rivolgermi a lui, dato che ho un paio di gambe funzionanti. In questo caso, però, credo proprio che sia necessario: chiamare un taxi implicherebbe il tuo volto su almeno cinque riviste nel giro di un paio di giorni, e credo sia l'ultima cosa che tu voglia.>>
Ha ragione, non ci avevo pensato. Tendo a dimenticare troppo facilmente che c'è gente lì fuori assetata di scoop sull'uomo che ho di fronte. Faccio un sospiro. E' quasi l'una di notte, e l'ultima cosa che voglio è che un uomo si alzi dal suo letto per accompagnarmi a casa. <<Quanto hai bevuto?>>
<<Un solo bicchiere. Il mio tasso alcolemico è concesso persino dal codice della strada.>>
<<Prometti di non superare i 20 km orari?>>
<<Facciamo che sposto l'auto direttamente con la telecinesi.>> E sorride, mentre ci avviamo alla macchina.
Il viaggio di ritorno è silenzioso. Lo sguardo di Nicholas rimane sulla strada, oltre il parabrezza, anche se ogni tanto lo avverto sul mio viso. Dal canto mio, mi concedo più di un'occhiata nella sua direzione: non mi ricapiterà tanto facilmente di avere tanta bellezza sotto gli occhi, tanto vale che se ne approfittino. Il suo volto è rilassato, anche se sembra pensieroso. Per un attimo, mi chiedo cosa gli frulli nella testa. Ma dura solo il minuto necessario a decidere che non è affar mio. Poggio appena la testa allo schienale, lasciandomi cullare ancora una volta dalle fusa del motore.
<<Ehy.>>
Sbatto le palpebre, mettendo a fuoco il volto di Nicholas solo dopo qualche battito di ciglia. L'abitacolo è silenzioso, l'auto è ferma. Quando siamo arrivati a casa?
<<Ti prego, dimmi che non mi sono addormentata nella Porche di una stella del cinema.>> Lo imploro, con la voce impastata.
<<Non ti sei addormentata nella Porche di una stella del cinema.>> Fa lui, obbediente, prima di sorridere. <<Anche se direi che svuotare lo stomaco sotto i miei occhi e imbrattarmi la camicia di caffellatte siano decisamente episodi più imbarazzanti.>> Mi prende in giro.
<<Non vedevo l'ora di ricordare quanto io sappia essere un completo disastro.>>
<<Già, in effetti dovresti proprio farti perdonare. Per esempio, concedendomi un secondo appuntamento.>>
<<Non ce n'è mai stato uno e di certo non sono abbastanza assonnata da acconsentire alle assurdità, mi spiace.>>
<<Ma...>>
<< Grazie per la serata e buonanotte.>> Lo interrompo, aprendo la portiera.
<<Grazie a te.>> Mormora, mentre la richiudo alle mie spalle. Non mi volto a guardare indietro fino a quando, quando mi richiudo il portone alle spalle, avverto il rombo del motore che si riavvia.
È solo in questo momento che mi accorgo di aver trattenuto il respiro.
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Scontro con le stelle
ChickLit[COMPLETA] Cloe Barbieri ha trascorso i suoi ventisette anni a proteggere dal mondo i cocci del proprio cuore che sono sopravvissuti ai demoni del passato. Il risultato è stato discreto: una vita a quasi mille chilometri dalla sua terra d'origine...