5. Helen

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Venerdì

Finalmente è arrivato il fine settimana. Sono stati sette giorni estenuanti. Ho studiato tantissimo e mi sono portata un po' avanti con il programma sia di musica sia di teatro. Ho avuto più tempo libero perché la signorina Williams è stata male e ci ha concesso dei giorni di riposo durante la sua assenza, almeno questo. Tutto questo significa che in questi tre giorni non farò proprio nulla. Più tardi dobbiamo iniziare a prepararci per la festa, sabato io, Jade e Grace abbiamo in programma di andare in palestra — tanto per divertirci un po' e smaltire qualche grammo — e domenica quella poltrona sarà mia per tutto il giorno, e anche il telecomando, visto che quella disorganizzata di Jade deve necessariamente mettersi a studiare.

Ho fatto un riposino pomeridiano di almeno un'ora e mezza; ne avevo bisogno, altrimenti non ce la farei fino a chissà quale ora della notte. Alle feste del venerdì sai a che ora ci vai ma non sai mai a che ora torni a casa.

Jade inciampa sui suoi stessi piedi quando entra in salotto. Distolgo lo sguardo dallo schermo del mio telefono e scoppio a ridere. «Cretina!»

Ride anche lei e poi le faccio spazio sul divano. Si siede accanto a me e con un'espressione preoccupata mi dice: «Non ho idea di cosa mettermi. Aiutami. Ti prego.»

Mi stiracchio e non le ho ancora risposto.

«Helen! L'outfit di stasera dev'essere una bomba, devi aiutarmi. Dai, muovi quel culo.» Si alza, mi prende dai polsi e inizia a tirarmi su dal divano.

Sbuffo e mi alzo una volta per tutte. «E va bene, solo perché quando arriverai lì dovranno pensare che sei bella da morire. Altrimenti non avrebbe senso» e le faccio una smorfia uscendo la lingua.

Apro il suo armadio. Ha tantissime cose belle e super sexy, solo che non trova mai l'occasione di indossarle, ma oggi sì! «Bene bene bene... vediamo un po'» dico mentre sbircio tra i suoi vestiti.

Trovato.

Una maglia nera attillata con le spalle di fuori e le maniche lunghe, una gonna di pelle bianca e dei tacchi abbastanza alti neri.

«Prova questo, nel frattempo io indosso quello che ho scelto per me» le dico.

Vado in camera mia e inizio a vestirmi. Per me ho scelto un vestitino di cotono nero stretto e con la scollatura a girocollo e senza maniche, arriva a metà coscia e fa risaltare le mie forme. Metto una cintura in vita non troppo vistosa, degli stivali con i tacchi alti fino a poco più su delle ginocchia e una camicia bianca aperta che funge da giacca. Qualche collana, uno dei miei bracciali preferiti e degli orecchini. Lego i capelli in uno chignon scombinato ma al quale ho dedicato almeno quindici minuti. Devo solo truccarmi un po', non troppo. Una passata di mascara, dell'ombretto dai colori nude e un po' di illuminante su naso e zigomi.

Sono pronta.

«Jade—» apro la porta della sua stanza ed è vestita. Wow. Le sta da dio. «Stai benissimo!»

Fa un giro su se stessa, i suoi capelli mossi ondeggiano sulle sue spalle. «Oh mio Dio!» esclama. «Hai messo questi stivali?»

Faccio tre passi avanti e indietro. «Sì, ti piacciono?»

«Da morire! Sembri una modella, Helen. Di sicuro non passerai inosservata.»

La ringrazio. Ci facciamo un paio di foto prima di uscire, perché più tardi il trucco e i capelli saranno già andati.

Prendiamo le nostre borse e usciamo. Guida Jade, perché con questi stivali a me viene troppo complicato. Lei in un secondo si toglie i suoi tacchi e si infila delle comode Toms. Arrivate davanti alla casa della confraternita, prima di scendere dalla macchina si rimette i tacchi.

È ancora presto, sono le nove e mezza, ma il luogo è già colmo di persone con bicchieri in mano che chiacchierano animatamente. Mentre ci facciamo strada all'interno qualcuno ci saluta, ma non idea di chi siano la metà delle persone.

«Ragazze! Sono felice di vedervi» Grace ci incontra per strada e ci stringe in uno stretto abbraccio. «Qualcosa da bere?»

Guardo Jade e in coro ci diciamo: «Bevi tu.» Scoppiamo entrambe a ridere, poi lei aggiunge: «Bevi tu, tranquilla, tu pensa a divertirti dato che questa settimana hai studiato come una matta.»

Va bene, me lo concedo. Accetto la proposta di Grace e mi passa un bicchiere rosso con dentro un liquido trasparente e del ghiaccio.

«I ragazzi hanno chiamato due barman per fare i cocktail— è mojito» mi informa. «Però sono severi,» mi dice all'orecchio «servono solo ai maggiorenni.»

Proprio come dovrebbero, aggiungerei, ma sto zitta e sorrido. E poi se non controllano i documenti come fanno a saperlo? Perfetto, Grace è già andata, ha iniziato a dire cose senza senso.

«Venite a sedervi con me.»

La seguiamo fino al retro della casa, dove si trova quasi tutta la squadra di basket dell'università e qualche altro ragazzo. Noto che uno di questi — che non è male esteticamente — adocchia subito la mia amica, così con una leggera spintarella le faccio segno di sedersi sul divanetto dov'è seduto lui. Io mi siedo in una poltroncina, non voglio nessuno accanto, non ne ho semplicemente voglia e poi le poltrone sono più comode.

Verso le undici arriva il resto della squadra di basket e tra loro c'è anche Harry. Non capisco perché sta sempre in mezzo a loro se non gioca. Chissà.

Dopo tre drink sento il bisogno di acqua. Mi alzo e mi sento un po' instabile sulle mie gambe, ma riesco comunque ad arrivare fino in cucina sana e salva. Bevo due bicchieri d'acqua e poi torno subito dagli altri. Ma il mio posto è occupato da quello stronzo di Harry.

«Davis, spostati, era il mio posto quello» gli faccio notare, reggendomi a malapena sui miei tacchi.

Ridacchia. «Scott, ti sei alzata ed era rimasto vuoto. Ora è mio» dice, sfidandomi.

Sì, ma io ho bisogno di sedermi. «Bene, io sono ubriaca e mi reggo a malapena in piedi, e dato che vali quanto una poltrona da giardino...» Non finisco la frase che mi siedo sulle sue gambe. Non mi interessa se è Harry Davis, l'unica cosa che mi interessa è il dolore che i miei piedi stanno provando in questo momento.

Ho l'impressione che il suo corpo si sia irrigidito nel momento in cui il mio lo ha toccato. Strano. Per lui ogni è ragazza è la stessa di un'altra, dovrebbe essere abituato. Invece lo sento molto a disagio.

Le sue mani restano poggiate sui braccioli della poltrona per un bel po' di tempo, ma stanco essere rimasto immobile per almeno dieci minuti le sposta e me ne mette una su un fianco e l'altra sulla coscia. Quando la sua pelle entra in contatto con la mia, una sensazione che non saprei definire percorre il mio corpo e lui sposta il suo sguardo sul mio viso, i nostri occhi si incrociano e non riesco a far altro che adorare il blu dei suoi.

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