19. Harry

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Dopo essere rientrati se l'è presa con me perché ho sbattuto lo sportello e le ho detto che era silenziosa forse, non l'ho capito neanch'io onestamente. Poi si è arresa e si è stesa sul divano con me.

«Allora, iniziamo a fare qualcosa di produttivo o no?»

Siamo stati circa un'ora a poltrire, ci siamo anche addormentati.

«Per esempio?» le dico.

Si gira su un fianco verso di me e la stringo dalla vita. «Mhm... non lo so. Forse sarebbe ora di provare la canzone, no?» mi dice scherzosamente.

Sbuffo e alzo gli occhi al cielo. «Non ne ho voglia, giuro.»

«Ma dobbiamo, non possiamo stare qua a non fare niente tutto il tempo.» La guardo con un sorrisino in faccia. «Che c'è?» dice piegando la testa da un lato.

«Potremmo fare anche altro, che dici?» Le metto una mano attorno alla vita per stringerla di più a me.

Ridacchia e mi spintona sul petto prima di alzarsi. «Oh no, assolutamente no. Solo i più fortunati riescono ad ottenere una seconda volta con me» e mi schiaccia il naso con la punta dell'indice.

Lo arriccio di istinto. «Cosa posso fare per essere uno di quelli?» domando, mentre la guardo dirigersi verso la cucina. Le sue gambe sono scoperte fino a metà coscia, sono lisce, snelle, perfette e quando cammina in questo modo sa quello che fa. Non c'è donna più attraente di una che sa di essere bella senza vantarsene.

Torna dalla cucina e mi risponde sciogliendosi i capelli dallo chignon spettinato. «Potrai scoprirlo da solo.»

«Okay, mi impegnerò.» Mi metto a sedere e tiro fuori la chitarra dalla custodia.

Helen mi passa una copia del testo — inutilmente, perché ne ho già una.

«Sai gli accordi?» Quando annuisco, dice: «Va bene, iniziamo.»

Io inizio a suonare, dopo quattro battute lei inizia a cantare. La sua voce è angelica, divina, è per questo che ogni volta mi confondo.

«Harry, concentrati!» esclama dopo almeno la quarta volta che ricominciamo.

«Sì, scusa, è che tu sei bravissima, porca puttana» e mi passo una mano tra i capelli, leggermente in imbarazzo.

Lei sorride e si avvicina per baciarmi.

Non so, ma qualcosa di questo gesto così semplice e spontaneo ha fatto fare una capriola al mio cuore. Cazzo, questo non va bene... per niente.

«Concentrati, dai,» mi dice con un tono di voce dolce «così magari dopo potremmo fare qualcos'altro, che ne dici?»

«Tipo?» Ho bisogno di saperlo, così da avere una sorta di soddisfazione alla fine di queste prove del cazzo.

Ci pensa su qualche momento. «Non lo so...» Nota il sorrisino che è spuntato sulle mie labbra. «E no, non intendevo scopare, come sta pensando il tuo cervello pervertito» ride.

«Non pensavo a quello» mento. È proprio quello a cui sto pensando invece, a tutti i modi in cui potremmo farlo, anche avendo la sensazione di sbagliare, temendo di essere scoperti.

«Sì, certo. Intendevo qualcosa come uscire.» Fa una pausa ed io mi acciglio, confuso.

Intende... un appuntamento?

«Ehm, non intendo un appuntamento» dice, come leggendomi nel pensiero. «Non voglio niente da te.»

Ahia, un piccolo proiettile nel petto. Non capisco nemmeno perché la cosa mi sorprenda; noi due, semplicemente non possiamo, ci sarebbero infinite complicanze... magari a me non interessa molto, ai miei amici neanche, ma a lei... a lei sì. Jade non la prenderebbe mai bene — anche se adesso diciamo che sta con Evan. Ho fatto un casino con lei, e non ho intenzione di farne un altro con la sua migliore amica. Mi piacerebbe dire di essere uno che impara dagli sbagli, ma non lo sono purtroppo.

Dopo una pausa, continua: «È che siamo insieme, potremmo fare qualcosa per passarci un po' il tempo questa sera, no?»

Sospiro. «Okay, tranquilla» pur di stare solo con te più a lungo possibile, avrei aggiunto. «Va bene, andiamo avanti con questa fottuta canzone.»

* * *

«Finalmente!» esclama, mentre io mi alzo perché le mie gambe si sono atrofizzate, cazzo. «È venuta bene, no?» Viene verso di me e le sue piccole mani avvolgono i miei polsi con una delicatezza incredibile.

Quando mi guarda con quei suoi occhi azzurri e quel sorriso mi viene voglia di arrendermi, di essere egoista. Sembra così innocente, ma cavolo, non lo è, lo so io e lo sa anche lei.

Si rende conto che mi sta toccando e tira via le mani. Gliele prende e intreccio le dita con le sue. Le bacio la fronte e ridacchia nervosamente, come una ragazzina. «Sì, abbiamo fatto un buon lavoro tutto sommato.»

Mi abbraccia. È così piccolina tra le mie braccia che quasi scompare.

Dopo che si stacca da me, dice: «Allora, dove andiamo?»

Non sarebbe una brutta idea uscire di qui, solo che il tempo deve permettere, e quando piove preferisco rimanere a casa.

Vado verso la finestra in cucina. No, non è per niente il caso di uscire. «Helen...»

«Sì?» viene verso di me.

«C'è un gran temporale.» Non sarebbe neanche il caso che io tornassi a casa con questa pioggia.

«Oddio» sbuffa. «Non sai quanto vorrei vivere a... Los Angeles, per esempio, e andare al mare tutti i giorni.»

«Hai ragione.» Si sente un tuono fortissimo. «Cazzo, ha iniziato a grandinare.»

«Okay, restiamo a casa» decide infine.

«Buona idea.»

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