3. Harry

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Stavo dormendo, fin quando il mio telefono non ha iniziato a squillare e nel momento in cui ho visto quel nome lampeggiare sullo schermo, non so perché, ma dentro di me è successo qualcosa di strano.

Perché Helen Scott mi chiama alle cinque del mattino?

Rispondo, dall'altra parte c'è silenzio. Con la voce impastata dal sonno e gli occhi chiusi dico: «Helen?»

La sento prendere un respiro profondo e qualche secondo dopo lo rilascia. «Henry?»

Che fastidio quando mi chiamano così. «Sì... ma chiamami Harry per favore.» Sono confuso. Resta zitta, posso sentire il suo respiro. «Avevi bisogno di qualcosa?»

Silenzio. Poi viene spezzato da un sussurro. «Sei un pezzo di merda» dice, e chiude immediatamente la telefonata.

Ma che...? Tutto ciò è strano. Mi ha chiamato alle cinque del mattino per dirmi questo?

Subito dopo mi arriva un messaggio. È lei. E il messaggio dice— aspetta, un video?

Ma che diavolo è? E quello sono io. Non ricordo nemmeno di aver detto quelle cose. Ero ubriaco fradicio. Che stupido a tirare fuori anche il nome. Dio, come si fa?

Vedi, Davis? Che coglione che sei, è il messaggio che mi invia dopo qualche minuto.

Sbuffo e mi strofino gli occhi. Certo che questa ragazza ha veramente le palle di insultarmi a quest'ora. È un peccato che sia tanto bella quanto insopportabile.

Sento il bisogno di richiamarla. Squilla, ma non risponde. Cazzo. La chiamo di nuovo. Niente. Un'altra volta e un'altra ancora. Giuro che se questa volta non risponde—

«Sì, Henry, dimmi. Anche se non avrei niente di convincente da dire» dice con la voce un po' assonnata. «Comunque, vai pure, spara la tua cazzata.»

Alzo gli occhi al cielo e sospiro. «Senti, Helen, ero ubriaco» è l'unica cosa che mi viene in mente, ma almeno non è una stronzata. Merda, non l'avrei dovuta richiamare.

Finge una risata. «Oh, non ci avevo fatto caso, sai? Grazie dell'informazione» dice sarcasticamente.

Restiamo in silenzio per qualche secondo. Poi lei improvvisamente dice: «Harry, perché mi hai richiamata se non hai niente da dire? Avrei accettato anche una scusa, davvero. Ma non il silenzio.»

Cosa dovrebbe significare?

«Helen—» inizio a dire, ma mi interrompe.

«Ti rendi conto di come hai definito la mia amica? Un oggetto per scopare!» dice sussurrando ma evidenzia le ultime parole.

«Non volevo!» cerco di difendermi, anche se non funziona perché lei ha più merda da buttarmi addosso.

Finge di nuovo una risata. «Non volevi? Harry, perché credi che me ne sia andata dopo quella notte, al primo anno, eh?» Oh no, non tiriamo fuori questa storia.

«Non sono mai riuscito a capirlo e me lo vuoi spiegare adesso?» dico, già stanco di questa discussione.

Non mi ascolta e continua a parlare. «Perché in qualche modo sono riuscita a inquadrarti subito. Non te ne frega un cazzo di nessuno. Non vorrei essere al posto di quelle povere ragazze che si fanno scopare da te! Cos'hai che un ragazzo buono non ha?»

«Non lo so, Helen! Loro semplicemente si inginocchiano a miei piedi, che devo dirti?» È vero, sono sincero.

«E a te non interessa fermarle, anzi, le induci a farlo. Che schifo, Harry, davvero...» è l'ultima cosa che dice.

Sono spiazzato dal fatto che lei abbia detto queste parole, ma non sono turbato dai suoi insulti. So di essere così, per come mi ha descritto, quindi non fa una piega.

«Senza parole?» dice dopo un breve periodo di tempo.

«Ehm, no

Scoppia a ridere. «Bene, allora ho sprecato solo fiato perché a quanto pare sapevi già di essere un pezzo di merda.»

Sospiro. Helen Scott è bionda, ma non stupida. Non vorrei ammetterlo, ma questa cosa a volte mi fa dare di matto. È troppo intelligente e testarda, non cade ai piedi di chiunque, sa quello che vuole e questo è davvero—

«La prossima volta che mi vedi, non guardarmi, non parlarmi e non salutarmi nemmeno da lontano; non ricambierò con il mio solito sorriso. Chiaro?»

Mi odierà per sempre, ho capito.

«Helen, seguiamo il corso di musica insieme—» cerco di trovare una scusa.

«No. Farai del tuo meglio per fingere che io non esista— stessa cosa Jade.»

Resto in silenzio, sono stanco di discutere. Ma all'improvviso una cosa mi viene in mente. «Helen.»

«Sì, sentiamo.»

Mi massaggio la tempia con l'indice. «Chi ha registrato il video?»

Ride sotto i baffi, ma riesco a sentirla comunque. «Credo che riusciresti a capirlo da solo.»

La metto in viva voce e guardo di nuovo il video. I capelli biondissimi accanto a chi registrava mi fanno capire subito. «Michael» dico ad alta voce senza volerlo.

Lascio il telefono sul letto senza preoccuparmi di chiudere la telefonata con Helen. Attraverso il corridoio in pochi lunghi passi e in attimo sto bussando con forza sulla porta della camera di quel bastardo.

«Michael! Apri questa cazzo di porta!» urlo, non mi importa che ore sono.

Dopo qualche altro colpo, finalmente sento il rumore della chiave che gira e apre la porta.

«Che... sono le cinque e mezza, cosa vuoi?» dice confuso, con gli occhi mezzi chiusi.

«Perché hai mandato quel video a Helen?» gli chiedo guardandolo negli occhi, scommetto di essere paonazzo dalla rabbia.

Evan apre la porta della sua stanza e dice: «Ragazzi? Che sta succedendo? Mi avete svegliato.»

«Un video a Helen? Helen Scott?» dice, come se non sapesse di cosa parlo.

«Non fare finta di niente. Nel video si vede Grace accanto a qualcuno, e sono sicuro che quel qualcuno sia proprio tu.»

Acciglia le sopracciglia. «Ma che cazzo...? Harry, te lo giuro, non so di cosa tu stia parlando.»

Sicuramente era troppo ubriaco per ricordarlo. O forse no.

«Ricordo di aver registrato un video, ma con il telefono di Grace. Più tardi posso chiamarla e chiederle se vuoi...» dice con un tono di voce basso, come se fosse spaventato da me.

Rilascio un respiro che non pensavo di stare trattenendo e mi passo una mano trai i miei capelli neri, cercando di calmarmi. «Okay...»

«È successo qualcosa con Jade e Helen?» Evan chiede, ancora mezzo addormentato.

«Non ti sembra ovvio?» sbotto, poggiando la schiena al muro e guardando in basso.

Alza le spalle. «E chi delle due è più incazzata? Non ho capito.»

«Helen, è lei quella che ha il coraggio di sbatterti le cose in faccia» gli spiego. «Dice che quando la vedrò non dovrò né parlarle, né salutarla, né guardarla...»

«Ehi, bello, perché quella faccia? Non ti cambierebbe nulla, la saluti e basta, mi le parli tanto e tantomeno la guardi.»

Guardo Evan, convinto di quello che ha appena detto, e mi irrito ancora di più. «Buonanotte ragazzi» e torno in camera mia a passo veloce.

Mi chiudo la porta alle spalle e mi siedo sul letto, poggiando i gomiti sulle ginocchia.

Evan ha ragione.

Cosa cambierebbe?

Se non fosse per il fatto che quando è vicino a me non riesco a ignorare la sua presenza.

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