41. Helen

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Ho voglia di ballare.

Mi dirigo verso quella sorta di pista che i ragazzi hanno arrangiato, dove tanta altra gente balla e si diverte.

Credo che potrei essere l'unica persona da sola in mezzo a questa folla. Attorno a me ci sono gruppi di amiche che ridono e scherzano mentre si muovono a ritmo di musica, coppie che si baciano profondamente... Ma nel momento in cui comincio a muovermi, tutto ciò che mi circonda sembra sfocarsi.

Il tempo va più lento e non mi sento strana mentre i miei fianchi si muovono fluidamente e i miei occhi sono chiusi.

Poi sento qualcuno toccarmi, mettermi un braccio attorno alla vita da dietro; non riesco a vedere chi è.

Con i miei occhi ancora chiusi, giro la testa verso di lui e il mio naso è immerso nel suo collo. Inspiro il suo odore; sembra familiare...

Conosco questo profumo.

Ho visto la boccetta sul suo comò e ho respirato nel suo collo abbastanza volte per imparare a riconoscerlo. Montblanc Legend.

Indica solo una persona per me: Harry.

Apro gli occhi di scatto e mi rendo conto di chi ho davanti. Lui. Non ci credo, non è possibile.

I suoi occhi blu sembrano più scuri sotto la luce fioca, le sue labbra semichiuse mentre mi fissa, il suo respiro caldo sul mio viso e ciuffi di capelli castano scuro che gli ricadono sulla fronte.

È qui. Proprio qui.

Improvvisamente sono a corto d'aria, sento gli occhi bruciare per le lacrime che cercano di versarsi sulle mie guance.

D'un tratto sento la sua voce. «Helen... ciao» dice semplicemente.

Una lacrime cade sul mio viso pesante e lui immediatamente lo nota; mi mette una mano sulla guancia e con il pollice la asciuga. «Ehi, ehi.»

Non so perché sto piangendo, so solo che sono ubriaca, e sollevata di averlo rivisto. Ma non posso affrontare un discussione adesso. Non posso affrontare lui.

«No... non ora, ti prego» e mi faccio spazio tra la folla.

Nonostante barcolli sui miei tacchi, riesco ad uscire fuori di lì sana e salva. Mi sentivo soffocare.

Ma in un attimo sono bagnata fradicia. Piove. Inizio a camminare a passo veloce verso casa mia—non è lontana da qui, ma neanche a due passi.

Una voce. «Helen! Aspetta!» Harry.

Non mi fermo, nonostante i miei piedi stiano morendo e credo che potrei svenire da un momento all'altro.

Ma lui corre e in un attimo mi ha raggiunta. Sento la sua mano toccarmi la spalla destra da dietro e il suo respiro affannato. «Fatti dare un passaggio a casa, per favore.» Si piazza davanti a me. «Non puoi andare in giro così a quest'ora» e mi guarda dall'alto in basso. «Sei ubriaca» precisa, facendomi capire che non si riferiva al vestito.

«Sì, e non posso starti vicino mentre lo sono» gli dico. Non penso lucidamente, e mi manca così tanto che mi butterei tra le sue braccia immediatamente. No. Devo resistere.

Sospira, il rumore della pioggia copre la sua voce. «Fatti solo accompagnare a casa, non voglio nient'altro da te.»

Guardo in basso e poi lo guardo dritto negli occhi. «Questo lo avevo capito» e lo oltrepasso.

Un suono frustrato esce dalle sue labbra. «Helen, fermati!» grida dietro di me.

Continuo a camminare, testardamente. Ma dopo due passi mi fermo, un pensiero mi passa per la mente.

Sono ubriaca, domani non mi ricorderò nulla probabilmente e ho così tante cose da sputargli in faccia. Se dovessi esagerare incolperò l'alcol.

Mi volto e faccio qualche passo verso di lui, i miei tacchi schioccano sul marciapiede.

Mi guarda, la sua espressione triste e quasi... pentita? Non lo so, ma tutta la sicurezza con cui mi ero girata verso di lui ora sparita, e mi sento debole, mentalmente e fisicamente.

Le gambe mi reggono a malapena, sento freddo e mi gira la testa.

«Fatti portare a casa, hai le labbra viola. Non stai bene, andiamo» Harry mi dice avvicinandosi. Mi mette un braccio sotto la schiena e l'altro sotto le ginocchia. Lo lascio fare, non ho la forza per protestare.

Cammina, verso dove non lo so, ma poco dopo mi ritrovo in macchina con lui.

I miei occhi sono chiusi, la mia testa poggiata sul poggiatesta, quando Harry mi posa qualcosa sulle gambe. «Mettila, è asciutta. Hai bisogno du scaldarti, ho acceso l'aria calda.»

Una sua felpa, forse quella che si è levato prima di entrare tra la folla, perché solo ora realizzo che indossa una maglietta bianca a maniche corte.

«Grazie» gli dico dopo averla indossata.

Chiudo di nuovo gli occhi e in pochissimo tempo, prima che Harry possa lasciare il parcheggio, il rumore della pioggia e del motore accesso mi cullano nel sonno.

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