51. Harry

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Ieri sera Helen è collassata nel giro di un minuto. Era molto stanca, ma fuori dal normale, gli occhi le si chiudevano soli.

Non ho potuto toccarle il seno perché lo aveva indolenzito, e non è mai successo. Qualcosa non va...

Adesso sta dormendo ancora profondamente, accovacciata accanto a me. Ma la sua espressione non è rilassata e calma. Ha la fronte corrucciata e ogni tanto si lamenta e cambia posizione.

Le sposto i capelli da davanti al viso con delicatezza e le bacio la testa.

Dio, quanto la amo.

Sapevo di amarla da molto tempo prima, solo che ammetterlo sarebbe stato troppo. Ma sapere che anche lei mi ama è la cosa più bella del mondo.

Fanculo, papà, lei mi ama.

Da quando lo hanno ricondannato né io né la mamma siamo andati a degnargli di una visita. È un mostro, non si merita niente.

Helen si gira a pancia un giù, un lamento e poi un sospiro le scappano dalle labbra.

Allungo la mano verso il mio telefono e controllo l'orario: le dieci e mezza. So che vorrebbe dormire, ma i suoi ieri mi hanno detto di svegliarla così che si sarebbero potuti vedere per pranzo.

Le bacio le labbra, delicatamente e più volte. «Piccola...» sussurro.

Rilascia un respiro. «Mhm...» si lamenta.

«Mi dispiace svegliarti, ma i tuoi vogliono vederti più tardi» le dico, sempre a bassa voce, e la bacio di nuovo.

Un debole sorriso compare sulle sue labbra. «Okay...» dice, la voce roca dal sonno.

«Ti accompagno al tuo appartamento così puoi sistemarti, va bene?» le dico, e poi mi alzo. «Ti lascio il tempo di svegliarti mentre mi vesto.»

Si stiracchia e si gira a pancia in su coprendosi con le lenzuola. «Va bene.»

«Non girare nuda per casa, i ragazzi sono qui» la informo.

Annuisce e poi si mette a sedere, strofinandosi gli occhi.

Vado in bagno per fare pipì, lavarmi la faccia e i denti. Poi esco e prendo dei vestiti da mettermi.

«Harry... puoi darmi una tua maglietta e un paio di boxer?» Helen mi chiede.

«Sì, aspetta.» Sicuramente non vuole infilarsi di nuovo quel vestito.

Le lancio quello che ha chiesto, poi si alza e inizia a vestirsi.

Mi volto e la vedo appoggiata al muro, con gli occhi chiusi e il respiro pesante.

Corro da lei in un secondo e le prendo il viso tra le mani. «Ehi, ehi, che succede?» le chiedo, panicato.

Deglutisce e scuote la testa, gli occhi ancora chiusi. «Mi gira la testa.»

«Siediti e respira un attimo.» Le si sarà abbassata la pressione di colpo.

Si siede e poi mi dice di prenderle qualcosa da mangiare che contiene zuccheri.

Mi precipito di sotto e prendo l'intero pacco degli unici biscotti zuccherati che abbiamo in casa.

«Ecco» le dico appena torno.

Ne prende uno, con la mano che le trema se lo porta alla bocca e inizia a masticare.

Dopo qualche minuto sembra stare meglio.

«Tutto bene?» le chiedo.

Annuisce. «Meglio, sì.»

Raccoglie le sue cose e si infila i tacchi di ieri sera, perché non ha altre scarpe.

Le tengo la mano mentre scendiamo le scale, per precauzione.

Arriviamo in macchina e metto in moto. Helen resta zitta, con la testa poggiata sul poggiatesta e gli occhi chiusi, le mani sulla pancia.

«Perché sono donna? Perché?» dice, lamentandosi.

Ridacchio. Classica lamentela di tutte le donne quando hanno il ciclo.

Arriviamo sotto il suo condominio e fermo l'auto. «Vuoi che ti accompagni?»

Scuote la testa. «No, dai. Non è niente, Harry» mi rassicura.

Le metto i suoi bellissimi capelli biondi dietro l'orecchio, e la bacio, lentamente. «Fammi sapere se qualcosa non va, okay?»

«Mh-hm, va bene. Ci vediamo stasera?» mi chiede.

«Certo. Vai, ti amo» le dico.

Sorride finalmente. «Ti amo, Harry Davis. Ciao.»

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