25. Harry

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Non è stato facile, non lo è stato per niente. Non ho mai avuto il coraggio di raccontare tutto ciò a nessuno, di mostrarmi così debole. Non voglio che le persone pensino che sono come sono a causa del mio passato. Ma questo è anche il mio carattere, quella storia poi ha contribuito.

Mio padre, quel bastardo, me ne ha dette di tutti i colori, che non valgo la pena di nulla, che nessuno lotterebbe per me, che non meritavo l'amore e l'attenzione di mia madre, che nessuno mi amerà mai.

Sono tornato a casa più infastidito del solito, solo che in più avevo bevuto due o tre bicchieri di whiskey, verso mezzogiorno. Mi sono tormentato il cervello pensando alle parole di mio padre, poi Helen mi è passata per la testa mentre ci riflettevo... e ho dato di matto.

La odio, ma quando lo faccio ho quasi sempre un cenno di sorriso sul viso. Perché, cazzo, io lotterei per lei, se qualcuno si azzardasse a toccarla o farla stare male... farei di tutto per evitare che succeda. Ma lei, o chiunque altro, lo farebbe per me? Mi piacerebbe credere di sì.

So che lei è diversa, lo sento ogni volta che mi guarda, mi parla e mi tocca; non è come le altre. Sono uno coglione per essermene accorto solo adesso. Lei ha cose più belle a cui pensare, degli amici, una bella famiglia, la sua carriera. Voglio che mi consideri solo un divertimento, so di non essere abbastanza per lei e non ho intenzione di trascinarla con me in mezzo ai miei casini.

Ma in questo momento non m'importa, perché mentre mi bacia con dolcezza mi sento in paradiso. Le sue labbra sulle mie sono morbide e delicate questa volta, fa come se stesse cercando di confortarmi.

«Helen...» sospiro tra un bacio e l'altro. Si stacca dalle mie labbra ma i nostri visi sono ancora molto vicini, e le dico: «Non devi preoccuparti per me.»

Le sue mani — che erano sulla mia nuca poco fa — sono sulle mie guance, mi accarezza delicatamente con i pollici. «Voglio che tu ti senta speciale, che impari ad essere la versione migliore di te stesso, che ti senta amato.» Sorride. «Che c'è?»

«Non so come si fa a sentirsi così.»

Mi da un bacio veloce sulle labbra, sorprendendomi. «Un giorno lo saprai, troverai quella persona che ti farà sentire come se tu fossi tutto il suo mondo.»

«Sai una cosa?» le dico mettendole una ciocca di capelli dietro l'orecchio; scuote la testa. «Sei fantastica.»

Butta la testa all'indietro e ride. Cazzo, la sua risata... è bellissima. E il suo sorriso, luminoso com'è, ancora di più.

A volte mi chiedo se il gioco a cui stiamo giocando è chi si innamora prima perde. Più la guardo più inizio a capire di stare lentamente perdendo.

Sto baciando il suo collo, con l'intenzione di lasciare un succhiotto, lei mugola sommessamente, quando il mio telefono squilla nella mia tasca. Lo spengo senza guardare neanche chi fosse.

Qualche secondo dopo, squilla di nuovo nel momento in cui una delle mie mano sta per raggiungere il punto tra le cosce e l'inguine.

Il mio cellulare suona una terza volta, quindi Helen mi dice di rispondere, che sarà importante.

«Pronto?»

Una donna con il respiro affannato risponde. «Sei Henry? Il figlio di Davis?»

Helen mi guarda confusa quando rispondo di sì.

«Devi correre subito a casa— tua madre— lei— io non so come fare, forse tu puoi aiutarmi.»

«Che cazzo sta succedendo?» Faccio spostare Helen e si risiede al suo posto. Allaccio la cintura e metto in moto.

«Kate!» grida il nome di mia madre. «Stai ferma!» Poi si rivolge di nuovo a me: «Sbrigati per favore.» Chiude la telefonata.

Non ho idea di che diavolo stia succedendo. Conosco la voce di quella donna, è una nostra vicina, ma non ricordo il suo nome adesso. Sono preoccupato, sento il sangue tremare nelle mie vene.

Cosa potrebbe essere successo?

Helen è zitta, probabilmente confusa — come me. Perché la sto portando con me? Avrei dovuto lasciarla alla festa ma l'ansia ha preso il sopravvento; sono spaventato.

«Harry» dice ad un tratto, a bassa voce, e mette la mano sulla mia, che è sul cambio, per fermare le mie dita che tremano. «Che è successo?» mi chiede poi.

«Che cazzo ne so» sbotto, ma la mia voce è tremante.

Dopo di ciò, resta in silenzio, ha capito che è la miglior cosa.

Casa mia è a Seattle, ma in una zona completamente diversa da quella dell'università, c'è un po' di strada da fare.

La salute mentale di mia mamma è peggiorata dopo quella volta, è per questo che non so cosa aspettarmi. È caduta in depressione, e da quel momento in poi il nostro rapporto è cambiato. È sempre mia madre e le voglio bene, solo che non si è mai più sentita felice, amata o importante, solo un peso; ha sempre paura che le persone possano fargli del male, anche quelle che apparentemente la amano, non esce di casa se non per andare al lavoro... tutto questo mi spezza il cuore.

È colpa di mio padre. O mia. Non lo so.

No. È colpa di mio padre. È stato lui quello a prendere un coltello e puntarglielo alla gola. Era lui quello violento. Ha distrutto una famiglia, solo perché è un egoista del cazzo.

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