20. Harry

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«Lo sai...» inizia a dire, seduta al bancone «mi sento come se avessi otto anni a stare qui con te senza sapere cosa fare.»

Che cazzo vuol dire? «Scusa, in che senso?» le chiedo più cordialmente, poggiando i gomiti sul marmo, proprio di fronte a lei.

Ridacchia e si guarda le mani. «Quando eri piccolo non ti capitava di essere con un amico ed entrambi non sapevate a cosa giocare? Ecco, mi sento così con te.»

«Giocare» ripeto tra me e me ad alta voce senza volere. «Io ho l'impressione che noi due stiamo già giocando.»

Alza lo sguardo ed è divertita. «A cosa staremmo giocando? Sentiamo.»

Sospiro. «Tu stai giocando con il fuoco, Helen; io sto giocando ad un gioco senza regole a quanto pare.»

Si fa seria, è quasi preoccupata. «Allora qual è questo gioco a cui stai giocando tu?»

Non lo so neanche io. «È difficile da spiegare e da capire, persino per me. Quando ci capirò qualcosa te lo dirò.»

Scuote la testa. «Sei strano.» Si alza e va a prendere una pezza. La inizia a passare sul bancone. «Leva le braccia» ordina.

Mi viene da ridere. «Sì, signora. Poi io sarei quello strano.»

La sento ridere sotto i baffi. Con un telecomando accende la musica che proviene da delle casse all'angolo del soffitto. Inizia a canticchiare una canzone di Ariana Grande, cliché.

«Sei così scontata» le dico, mentre la guardo muoversi a ritmo di musica.

Apre uno sportello e si alza in punta di piedi per raggiungere quello che le serve, ma non ci arriva. «Solo perché ascolto Ariana Grande non significa che sono scontata. Mi aiuti? Non ci arrivo.»

Mi avvicino a lei. «Che ti serve?» le chiedo e me lo indica. Farina? «Che devi fare con la farina?»

Sorride mordendosi il labbro inferiore. «Biscotti, no? Per fare qualcosa di buono e passare il tempo.»

Questa ragazza è sorprendente.

Si lega di nuovo i capelli in uno chignon e subito dopo lava le mani. Prende un grembiule da cucina e lo indossa. Persino questo le sta bene addosso.

«Non vuoi aiutarmi? Ti annoi sennò» mi propone.

Non mi annoierei a guardarla, ma credo che mi scoccerei a stare seduto tutto il tempo. «E va bene» rispondo sospirando.

«Okay, metti questo allora.» Mi fa vedere un altro grembiule. Quando faccio una faccia disgustata Helen scoppia a ridere.

«Assolutamente no.»

Prende uova, zucchero, latte, burro, dell'acqua, lievito per dolci e un limone. «Ti sporcherai tutti i vestiti vedi.»

«C'è una soluzione più semplice.» Mi guarda confusa e quando mi sfilo la felpa da sopra rimanendo in canottiera sussulta e prende un respiro improvviso.

«Ehm... io— tu— Okay.» Non riesce a formulare una frase mentre mi guarda. So l'effetto che ho su di lei. Distoglie lo sguardo ed infine mi dice: «Hai mai fatto i biscotti in vita tua?»

Ora che ci penso... «Quando ero piccolo, forse. Non ricordo bene.»

Ridacchia. «Oh, bene.»

Prende un block-notes nero e lo sfoglia fino alla pagina che le serve.

«Cos'è quello?» le chiedo, forse sembrando un po' troppo curioso.

Sospira e la vedo chiudere gli occhi per un attimo. Prende un respiro profondo. «Il ricettario mio e di mio fratello che avevamo da piccoli.»

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