26. Harry

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Siamo arrivati a casa mia. Parcheggio in un posto qualsiasi e scendo subito dalla macchina. Salgo le scale del condominio fino al decimo piano in un attimo. Apro la porta di casa. Seguo la voce della vicina, e quello che trovo davanti ai miei occhi è sconvolgente.

Corro in balcone. «Mamma! Ferma!» È seduta sulla ringhiera, la vicina cerca di tenerla per non farla buttare giù. Prendo mia madre dalla vita e la allontano dalla morte. «Sei impazzita?» La abbraccio forte. Ero a tanto così da perdere quel poco che mi resta.

Faccio andare via la vicina, la ringrazio per averla fermata. Entriamo dentro e ci sediamo sul divano.

«Mamma...» Scoppio a piangere tra le sue braccia. È troppo da tenersi dentro. «Perché lo stavi facendo?»

Sta singhiozzando. «Sono stanca di essere la causa per cui tuo padre ti odia.» Mi guarda negli occhi. «Sono andata a trovarlo pomeriggio. So le cose che ti ha detto e—»

«Lascialo perdere, ti prego» la interrompo. «Non dobbiamo ascoltarlo, non ragiona con la testa.»

Sospira. «Harry, è tanto da sopportare però.»

«Lo so, ma tu non puoi arrenderti così, per me e per te stessa. Fatti un'altra vita, mamma. Trova qualcuno che ti ami davvero. Non ti piacerebbe?» Conosco tutte le difficoltà che incontrerebbe nel ricominciare a fidarsi della gente, ma a questo punto è l'unica soluzione.

Prende le mie mani e le stringe. «Non è così facile... tu lo sai.»

«Okay, ma io sono stanco di vederti così, tu no?» dico a voce un po' più alta.

Annuisce.

«Harry?» sento la voce di Helen. Spinge la porta con delicatezza ed entra in casa. «Ehi, tutto bene?»

Mia madre si gira verso di lei, poi di nuovo verso di me e un enorme sorriso compare sulle sue labbra. «E lei chi è?» mima con il labiale.

Mi alzo e accompagno Helen accanto mia mamma. «Helen, lei è mia madre.»

Si stringono la mano. «Piacere, signora Davis. Sono Helen Scott» le dice con un sorriso.

«Ciao, chiamami pure Kate.»

Questo momento non doveva avvenire, e soprattutto non in queste circostanze, in cui io e Helen non siamo niente ed io ho appena fermato mia madre dal suicidarsi. La mia vita è un casino, letteralmente.

«Com'è che vi conoscete voi due?» domanda mia mamma.

Le lancio un'occhiata per avvertirla di non essere troppo invadente.

«Oh, frequentiamo lo stesso corso di musica, siamo amici. Se così si può dire» aggiunge a bassa voce, come se stesse parlando con sé stessa.

«Forse conosco tuo padre, come si chiama?» dice mia mamma.

«Christian Scott.»

«Sì, lo conosco. Salutamelo» e le rivolge un leggero sorriso.

Guardo mia madre. Mi chiedo come faccia a conoscerlo.

Helen, fortunatamente, non fa domande riguardo a quello che è appena successo. Chiede se potrebbe usare un attimo il bagno; la accompagno.

«Allora? Chi è questa bella ragazza?» mia madre mi dice quando torno. Mio dio, si è già ripresa e poco fa stava per buttarsi dal balcone.

Sbuffo e mi butto sulla poltrona. «Nessuno, mamma. Una ragazza.»

Mi guarda con un sorrisino strano. «È la figlia di Christian e Julia Scott, dev'essere una brava ragazza. Suo padre l'avrà cresciuta come un angelo, innocente, no?»

«Lo è, diciamo.» Se solo sapesse che non è per niente innocente. Può anche sembrarlo a primo impatto, ma il modo in cui sa scopare e come non prova vergogna dice tutto il contrario. Cazzo, quelle due volte in cui l'abbiamo fatto sono bastate per farmi desiderare il suo corpo in una maniera incontrollabile.

«Ehi.» Helen interrompe i miei pensieri su di lei.

Mi alzo dalla poltrona e dico a mia mamma che stiamo andando. La abbraccio. «Per favore, sta' attenta e non provarci mai più. Né io e né tu siamo la causa di tutto questo casino, okay?»

Annuisce. «Ti voglio bene.»

«Anch'io.»

Helen le stringe la mano e le dice che è stato un piacere. Usciamo e ci chiudiamo la porta alle spalle.

Sono silenzioso quando torniamo in macchina, sto ripercorrendo nella mente tutto quello che è successo in questa ultima mezz'ora.

Sento una mano sulla mia coscia. «Harry» Helen dice sottovoce. «Che è successo?»

Sospiro, cercando di stabilizzare le mie emozioni che sono un miscuglio di rabbia, dispiacere e confusione. Mi volto verso di lei. «Niente. Ripeto, non voglio trascinarti nel casino che è la mia vita.»

Vedo i suoi occhi diventare lucidi. «Ho capito, ma è chiaro che hai bisogno di qualcuno che stia al tuo fianco.» Prende un respiro. «Non vuoi che ti stia vicino?» la sua voce si spezza e una lacrima le riga la guancia sinistra.

«No» dico secco. «Non voglio che sia tu quella persona.»

«Perché?» singhiozza.

«Perché non voglio che tu provi compassione per me, o cose del genere. Ho un miliardo di problemi che mi rovinano ogni giorno, Helen, e non voglio che tu mi aiuti a risolverli, perché rovinerebbero anche te. Tu non sei fatta per essere rovinata.»

Rimaniamo entrambi di stucco dalle mie parole. Poi lei, guardandomi negli occhi, dice: «Potrei aiutarti anche senza rovinarmi.»

Scuoto la testa. «No, rovineresti qualcosa a cui adesso non stai pensando perché hai avuto solo un assaggio.» Non dice niente, probabilmente non ha capito cosa intendo. «Andiamo a casa» le dico, e le do un bacio sulla fronte. Metto in moto ed esco dal parcheggio.

«Possiamo andare da te?» chiede ad un tratto.

Resto sorpreso dalla sua domanda. «Credevo fosse meglio tornare ognuno a casa propria in realtà... Jade... lo sai.»

Si guarda le mani. «Mhm, giusto. Ma potrebbe farsi anche i cazzi suoi a volte» dice ad alta voce, anche se ho capito che non voleva. «Oddio, l'ho detto ad alta voce? Scusa» ridacchia.

«Sì, decisamente» rido anch'io.

«Harry» dice dopo qualche minuto. «Non mi interessa di Jade adesso.»

La guardo strano e acciglio le sopracciglia. «No?»

Scuote la testa.

«Cosa le dirai?»

Si morde il labbro inferiore e pensa per qualche secondo. «Un bel niente.»

«Si incazzerà da morire» le faccio notare, ma è interessante la piega che sta prendendo la discussione. Ho l'impressione che voglia sfidare la sua migliore amica.

«Lo so.» Proprio come pensavo.

Le sorrido, soddisfatto. Si sta prendendo la responsabilità. «Okay, allora fanculo. A casa mia.»

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