24. Helen

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Non so cosa sta succedendo, non ne ho idea. Gli altri parlano, ridono, ma il resto si confonde attorno a me ogni volta che io e lui ci guardiamo.

Ho bisogno di parlargli.

Mi alzo e mi sistemo il vestito che era salito un po'; mentre lo faccio posso sentire la sua attenzione tutta su di me. Mi sta guardando, quindi con un cenno del capo gli indico di seguirmi e mi capisce. Si alza e mi segue nel bel mezzo della folla.

«Che hai fatto alle mani?» gli chiedo, alzando la voce sulla musica.

Non credo che mi abbia sentita. Prende la mia mano e mi trascina fuori. «È lunga la discussione?» Annuisco e allora si dirige verso la sua macchina. «Sali.»

Saliamo entrambi e restiamo in silenzio, fin quando lui non si schiarisce la gola.

Prendo un respiro profondo per calmarmi e poi ripeto la domanda di prima.

Mi guarda, zitto, poi si guarda le bende delle nocche insanguinate. «Mi sono fatto male, non vedi?» Questa non è una risposta.

«Sì, grazie, lo vedo» dico sospirando. «Ma perché, cosa hai fatto?»

Chiude gli occhi e risponde con: «Ho tirato un pugno alla finestra.» È tutto quello che dice.

«Okay... ma perché?» insistito ancora.

Sbuffa. «Cazzo, Helen, che ti importa?» Inizia a togliersi le bende e vedo tutti i graffi, i tagli.

«Oh mio Dio. Harry, mi importa.» Faccio una pausa per riflettere sul perché mi importa effettivamente.

«Perché?» mi chiede voltandosi e mi guarda intensamente negli occhi.

Distolgo un attimo lo sguardo, poi riprendo a sostenere il suo. «Perché sì.»

Ridacchia. «Non è una spiegazione.»

Lo odio, lo odio da morire. «Non lo so nemmeno io perché, ma voglio sapere solo se è colpa mia.»

Abbassa lo sguardo e si guarda le mani. Scuote la testa. «No, in parte. Ho avuto un attacco di rabbia» sospira, abbattuto.

In parte? «Chi è stato a farti arrabbiare?»

Stringe il volante con forza e le ferite sulle mani si riaprono, lentamente il sangue ricomincia a scorrere. «Il mio adorato padre del cazzo.»

Suo padre? «Che ha fatto?» Gli prendo le mani e gli dico di smetterla di stringere lo sterzo con così tanta forza.

«Mi ha detto delle cose che... mi fanno odiare me stesso anche se so che nulla di tutto quello che è accaduto è colpa mia.»

Lo sapevo, c'è qualcosa di fondo che lo turba. «Che cosa è successo?» gli chiedo, con un tono di voce basso, ho paura che una domanda così personale possa farlo scappare di nuovo via.

Rilascia un respiro che probabilmente stava trattenendo da un po'. «Helen, quasi nessuno lo sa, e tu sei l'ultima persona che voglio che lo sappia.»

«Perché? Se c'è qualcosa che—»

Mette una mano insanguinata sulla mia, non la tiro indietro. «Non voglio sfogarmi con te...» esita «su questo.»

Scuoto la testa. «No, Harry, puoi sfogarti quanto vuoi. Posso aiutarti, forse?»

Mi stringe entrambe le mani e le guarda. Le mie mani curate e piccole nelle sue grandi e piene di ferite... sono due opposti. «Non si può tornare indietro e migliorare il passato.»

Lo guardo negli occhi e il suo sguardo è pieno di tristezza. «Sfogati, raccontami tutto, potrebbe farti bene.»

Mi lascia le mani e benda di nuovo le sue. Sta cercando di perdere tempo. «Sei sicura che vuoi saperlo?»

Annuisco immediatamente. «Sì.»

Chiude gli occhi, poggia la testa sul poggiatesta e inizia a parlare. «Oggi — come tutti i sabati — sono andato a trovare mio padre... in carcere. Vuoi sapere perché è in carcere?»

Deglutisco. Non avevo idea di tutto questo. «Solo se vuoi dirmelo.»

Prende un respiro profondo e lo rilascia. «Mi ha detto che non potrei essere mai l'uomo ideale per qualcuno, che nessuno potrà mai amarmi, accettarmi per come sono. Mia madre lo amava, all'inizio. Poi sono arrivato io, e tutta la sua attenzione era dedicata a me.» Fa una pausa per riprendere fiato. «Mio padre si lamentava continuamente che lei non gli dedicava tempo a causa mia, ma il problema è che lui era violento, Helen, in qualsiasi cosa che faceva.»

Sento i miei occhi riempirsi di lacrime. «Harry, mi dispiace tanto, davvero.»

Sospira. «Non piangere» mi dice, guardandomi. Poi continua: «La mattina la mamma mi chiamava per andare a scuola e sui suoi polsi vedevo segni violacei di dita, il viso stanco e privo di vita. Oltre ad essere violento, con il tempo lui è diventato sempre più severo, soprattutto con mia madre. Non poteva vedersi neanche con un'amica, perché lei doveva stare con lui.»

Oh mio Dio, è orribile.

«Ha sempre avuto attacchi di rabbia, ma erano peggiorati. Quel giorno in cui mia madre si è incazzata da morire con lui e gli ha urlato contro, lui ha perso completamente il controllo.» Si ferma un attimo, si passa un dito sotto gli occhi per fermare le lacrime.

«Cosa ha fatto?» chiedo, ho il viso rigato dalle lacrime.

Con voce tremante, dice: «Ha preso un coltello dal cassetto della cucina e lo ha puntato alla gola di mia madre.»

Ho un sussulto. «Dio mio...» Non riesco a crederci.

Gli tremano le mani, così le prendo tra le mie, fregandomene del sangue. Ho l'impressione che non abbia mai raccontato niente a nessuno.

«Fortunatamente era troppo ubriaco per badare anche a me, quindi ho chiamato subito la polizia. Erano nei paraggi e sono arrivati subito, e lo hanno arrestato. Se non fossero arrivati prima, Helen...»

«Sarebbe finita male...»

A questo punto, Harry non riesce più a trattenersi e scoppia a piangere. «A volte ho paura di essere come lui, guarda le mie mani!»

Scuoto la testa e gli prendo il viso tra le mani. «No no no, non lo sei.»

«Come fai a dirlo?»

Gli faccio cenno di avvicinarsi a me, lo stringo tra le mie braccia; poggia la testa sul mio petto. «Io lo so e basta, non sei una cattiva persona.»

Alza lo sguardo e si asciuga le lacrime con i polsi. «Vieni qui.» Sposta il suo sedile indietro per fare spazio e mi fa cenno di sedermi su di lui.

Il mio vestito è stretto sulle gambe, quindi cerco di fare il possibile per evitare che si slabbri. Riesco a sedermi a cavalcioni su di lui con tutti i tacchi, ma il vestito si è un po' alzato sulle cosce. Mi metto i capelli dietro le orecchie, non so perché ma mi sento timida in questo momento.

Il suo sguardo si alterna tra i miei occhi e le mie labbra. Mette una mano sulla mia guancia e la accarezza delicatamente col pollice. «Odio queste lacrime.»

«Mi dispiace tanto per quello che ti è successo.»

«È la prima volta che lo racconto a qualcuno, nessuno lo sa» confesso.

Come immaginavo.

«Sono felice che tu sia riuscito a parlarne» e gli sorrido.

«Solo perché sei tu. Ora baciami, che non c'è cosa più bella.»

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