12.

941 85 65
                                    

Quando uno crede di avere trovato la soluzione del "problema della vita" e vorrebbe dire a se stesso: "adesso è tutto semplice" per confutarsi gli basterebbe ricordare che c'è stato un tempo in cui tale soluzione non era stata trovata eppure anche in quel tempo doveva essere possibile vivere e, se rapportata ad esso, la nuova soluzione assomiglia a un caso.

"Come fai a sapere il mio nome?" disse con un tono di voce impaurito e quasi sorrisi per la sua innocenza.
"Storia lunga." dissi facendo spallucce e la guardai ancora più attentamente studiando ogni suo piccolo dettaglio.
Aveva dei lunghi capelli neri come Zulema, gli occhi erano grandi del medesimo colore e aveva dei lineamenti da ragazzina, delicati.
Non poteva che avere meno di vent'anni.
"Mi hai salvata." disse realizzando ciò che era successo e scossi la testa portandomi una sigaretta alle labbra e accendendola.
Fortunatamente eravamo in uno spazio riservato e le guardie non avevano visto nulla.
"Perché sei qui?" le domandai nel mentre che mi incamminavo e notai che mi stava praticamente appiccicata, sicuramente doveva avere tanta paura.
"Vorrei saperlo anche io." disse con le lacrime agli occhi e inarcai un sopracciglio confusa, mi guardai attorno e l'afferrai per un braccio portandola dentro alla mia cella.
"Potete uscire un attimo?" dissi a Sole e a Tere che annuirono stranite e ci lasciarono la giusta privacy.
"Inanzitutto, calmati." dissi facendo sedere Fatima delicatamente nel mio letto e le porsi un bicchiere d'acqua nel mentre che aprivo la cassetta del pronto soccorso rovistando tra le varie cose.
Le avevano fatto del male e non sapevo nemmeno io perché avevo questo istinto grandissimo di proteggerla, volevo aiutarla in qualche modo.
"Stai ferma." dissi prendendo del disinfettante e delicatamente le tamponai il taglio che aveva sulla guancia, facendola imprecare tantissimo.
"Perché fai tutto questo?" mi domandò con le lacrime agli occhi e feci fatica a sostenere il suo sguardo perché mi ricordava maledettamente Zulema ed erano emozioni troppo forti queste.
"Non fare domande, ragazzina." dissi con un tono abbastanza severo e notai un pizzico di rossore nelle sue guance.
"Quindi, perché sei finita qui?" le domandai ancora una volta nel mentre che le appoggiavo delicatamente il ghiaccio sul viso.
Credeva forse che non me n'ero accorta del suo tono di voce titubante?
L'avevo già inquadrata bene.
"Sono stata coinvolta in una rapina in banca e devo scontare un paio di mesi." disse con un sorrisetto sulle labbra e risi leggermente.
La ragazzina mi aveva mentito.
Ecco da chi aveva preso.
La guardai sorridendole e scossi la testa divertita, quindi non era una santarellina.
"Prima rapina?" le domandai allontanandomi dal suo corpo e la vidi annuire facendo spallucce.
"Devi essere allenata da molto tempo per questo genere di cose e ovviamente adottare un buon piano." dissi sedendomi nel letto davanti al suo per guardarla faccia a faccia e inarcò un sopracciglio.
"Come sai tutte queste cose?" disse incuriosita e pensai bene a cosa dire.
Non potevo dirle interamente la verità anche perché non la conoscevo, dato che era la figlia di Hanbal e non sapevo assolutamente se era stato catturato o meno.
Dovevo giocare bene le mie carte.
"Ho molta esperienza in questo ambito." dissi accendendomi una sigaretta e nel frattempo mi medicai gli altri lividi e graffi che mi ero procurata.
"Voglio uscire da qui, voglio tornare a casa." disse alzandosi e camminando nervosamente attorno alla stanza.
La squadrai dalla testa ai piedi ed era così innocua, come poteva essere finita qua dentro? Chi erano i suoi soci?
"A chi lo dici." dissi ridendo piano e feci un'altro tiro guardando fuori dalla finestra.
"Tu dove vivi?" disse ad un certo punto e feci mente locale, non sapevo cosa dirle dato che avevo traslocato parecchie volte senza rimanere stabile.
"Madrid." dissi con lo sguardo perso nel vuoto e alcuni avvenimenti ritornarono a galla all'interno della mia mente.
Il mondo è fatto della nostra immaginazione, i nostri occhi lo animano, le nostre mani gli danno forma.
Volere qualcosa lo fa crescere rigoglioso, il senso è quello che ci metti dentro, non quello che ne estrai.
Sapevo che Zulema se ne stava andando quella notte, però quello che non sapevo era tutto il dolore che avrei provato dopo.
In tutto questo tempo che ero dentro a queste mura non smettevo di domandarmi cosa sarebbe successo, e ora?
Cosa ne sarà di Zulema?
Tutta la rabbia che Zulema aveva incatenato prima che arrivassi io la stava logorando dentro, perché la indirizzava prevalentemente contro se stessa.
Eravamo così simili.
Tutta la rabbia che provava riuscivo a mandargliela tutta quanta indietro, e lei aveva finalmente trovato qualcuno con cui convivere la sua rabbia.
Ero tremendamente arrabbiata con lei, ma sentivo dentro di me una delusione enorme perché c'era un qualcosa non andava, che non tornava, ma non sapevo cosa.
Sembrava che fossi rinchiusa in un vaso per troppo tempo e l'acqua arrivava solamente fino al bordo.
Era stata versata l'ultima goccia e il vaso aveva iniziato a straripare.
"E la tua famiglia?" mi domandò ad un certo punto e sussultai leggermente.
"Non vedo nessuno da tantissimi anni e forse, è un bene questo." dissi percependo un macigno enorme all'interno del mio stomaco, ecco cosa mi provocava pensare troppo al passato.
Felice solamente colui che avendo provato la vertigine
fino a tremare in tutte le sue ossa e a non misurare più
la sua caduta ritrova d'improvviso la potenza insperata di fare
della sua agonia una gioia capace di gelare e di trasfigurare
quelli che la incontrano.
"Io invece ho solo mio padre, spero vivamente che mi tiri fuori da qui al più presto ma tanto è tutto inutile." disse ad un certo punto e serrai la mascella mantenendo lo sguardo fisso su di lei.
Non sapevo il perché ma al solo pensiero di tutto quello che aveva fatto Hanbal suscitava in me una rabbia al di fuori dal normale.
Ma non erano affari miei.
Zulema non era più affare mio.
"Perché?" chiesi tranquillamente e Fatima arricciò le labbra ricordandomi incredibilmente qualcuno.
Maledetto scorpione.
"Non lo vedo praticamente quasi mai ed è sempre rintanato nel suo studio o parte per viaggi di lavoro. Quindi lo vedo solo il fine settimana." disse incrociando le sue esili braccia al petto e sbuffando incredula.
Mi venne in mente un'idea e mi mordicchiai il labbro inferiore pensando se questa cosa era giusta farla ma fanculo, volevo tentare.
"Tua madre, invece?" dissi serrando la mascella sperando che mi rispondesse e la sua testa scattò verso di me facendomi quasi tremare come una foglia perché il dolore racchiuso dentro ai suoi era immenso.
Nessuna espressione.
Nessuna emozione.
Apatia totale.
Mi guardò dritta negli occhi lanciandomi contro tutto il suo dolore e mi accorsi che entrambe stavamo soffrendo per la stessa persona.
Eravamo terribilmente rotte ma mai quanto Zulema, era impossibile superarla.

"Mia madre mi ha abbandonata."

revival Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora