QUARANTATRE

620 44 71
                                    

Andrea

Camminiamo abbracciati per le vie del centro, guardando le vetrine felici e spensierati, il suo braccio sulle mie spalle e il mio allacciato alla sua vita forte.

«Domani mi farà male tutto, il culo soprattutto» mi lamento scherzando.

«Non so mica se mi vada bene che ti faccia male il culo... soprattutto dal momento che non è colpa mia» dice con malizia.

«Alessandro! Sei un maiale» dico guardandolo con gli occhi spalancati.

«Lo sai che voglio ogni centimetro del tuo corpo» dice accarezzandomi la guancia e mi sciolgo sotto il suo tocco.

«Per ora dovrai accontentarti di quello che ti do» dico piccata.

«So aspettare e sono moooolto paziente» dice lui ridendo.

«Sei un cretino!» ribatto ridendo.

«Sì, ma il tuo cretino» dice bloccandosi, afferrando il mio viso nelle sue mani e baciandomi con passione.

Quest'uomo mi farà impazzire, ma che dico mi sta già facendo impazzire!

«Il mio cretino» sussurro enfatizzando l'aggettivo possessivo.

«Tra quanto ti devo riportare?» chiede triste.

«Ho promesso che per pranzo sarei tornata».

«Uffa! Non ho nessuna voglia di tornare in quella casa» ammette prendendo la mia mano e tornando a camminare.

«Perché?» chiedo timida.

«Diciamo che non tollero tantissimo mio babbo da circa dodici anni... abbiamo avuto delle divergenze dopo che Camilla se n'è andata» dice mesto, sospira e continua «non hanno voluto che tornassi a Firenze, non che l'avrei fatto però, si vergognavano che fossi rimasto solo con il mio casino... non potevo rovinare la reputazione della loro famiglia perfetta» conclude triste.

Lo fisso con gli occhi spalancati, come è possibile che un padre dica una cosa del genere al figlio, come è possibile che un nonno definisca un casino il nipotino di appena due anni... sono senza parole.

«Mi dispiace Ale» dico abbracciandolo stretto.

«È passato tanto tempo ormai» sussurra sconsolato «ci provo e riprovo, mio padre ha fatto di tutto per farsi perdonare e redimersi da quelle affermazioni, ma è più forte di me non riesco più a guardarlo con gli stessi occhi. Non abbiamo mai condiviso particolarmente gli ideali, ma era il mio eroe e se avevo bisogno correva a salvarmi» dice con la voce incrinata.

«E quando hai avuto più bisogno di lui... lui non è venuto» concludo il pensiero.

«Esattamente».

«Ale guardami» dico prendendogli il viso tra le mani «sei un uomo incredibile e un padre magnifico, devi essere orgoglioso dell'uomo che sei diventato da solo. Vorrei che ti potessi vedere con i miei occhi» dico emozionata.

Lo vedo tremare appena, gli occhi lucidi e le mani che stringono forte le mie poggiate sul suo viso.

Mi abbraccia stretta, sento il suo cuore martellare nel suo petto e sussurra appena «Amore mio... grazie»

Il mio cuore si ferma e riprende a correre forsennato nel mio petto, sono sicura che lui se ne accorga perché mi stringe più forte trasmettendomi tutto il suo amore e la sua sofferenza. Non è la prima volta che mi chiama così, è già successo dopo il suo incidente, ma pensavo fosse una parola dettata dal momento, ma oggi...

«Mi piace come suona detto da te» dico contro il suo petto timida.

«Anche a me» ammette sospirando.

FulmineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora