SESSANTACINQUE

707 35 57
                                        

Alessandro

«Sono stato intrattabile» dico mentre passeggiamo mano nella mano nel viale alberato fuori dall'ospedale.

«Amore ma non dirlo nemmeno per scherzo. Stavi passando l'inferno... mi sembra il minimo» risponde sempre troppo comprensiva.

«No, Andre. Sono stato pessimo nel gestire questa situazione. Mi sono fatto prendere dal panico e ti ho lasciata fuori» dico torturandomi i capelli con la mano libera.

«Alessandro» ribatte fermandosi e fissandomi con quelle pozze scure profonde come l'infinito «non hai niente di cui scusarti, né di cui essere rammaricato. Tuo padre era in ospedale, stava rischiando la vita, mi sembra il minimo un po' di silenzio e nervosismo. Ti prego smettila di colpevolizzarti anche per questo. Non è successo nulla».

«Amore» sospiro «non so cosa avrei fatto questa notte senza di te... davvero».

«Siamo insieme ed è andato tutto nel verso migliore, è questa l'unica cosa che conta» risponde stringendo la mia mano e depositandoci un piccolo bacio.

«Ti amo» dico perdendomi nei suoi occhi.

«Ti amo anch'io... ma adesso ho fame» ribatte sorridendomi e arricciando il naso in quel modo che mi manda fuori di testa.

«Brioche?»

«Sì, decisamente sì» risponde strillando.

«Ei non urlare» dico zittendola con un bacio «ci sono persone che stanno male qui intorno... e comunque non sono nemmeno le sette».

Sbuffa, mettendo il broncio, ed è di una tenerezza disarmante e somiglia troppo ad Azzurra in questo momento.

«Sei il solito guastafeste» dice facendomi la linguaccia.

«Fidati, vorrei farti urlare... io... e non per una stupida brioche». Spalanca gli occhi e mi sorride maliziosa, mi sembra di essere sveglio da due settimane e non mi ricordo nemmeno più l'ultima volta che abbiamo fatto l'amore, tanto mi sembra passato il tempo... anche se ripensandoci un attimo, sono passati solo due giorni.

«Santini, anche se siamo in un posto pieno di letti, cercherò di contenermi... ma se mi guardi così... è davvero dura» dice mordendosi il labbro inferiore.

«Allontanati da me donna tentatrice» ribatto con fare scenico ridendo.

«Aspetta di andare a casa... poi ti sistemo io» concludo facendole l'occhiolino.

«Non vedo l'ora».

Camminiamo mano nella mano, fino a raggiungere il capolinea della tramvia, intanto la città alla quale appartengo nel profondo, inizia ad animarsi con le sue macchine e motorini. E per un attimo torno ad avere diciotto anni e a sfrecciare con il mio SH nero per le strade fiorentine, anche se solo con il pensiero.

«Dobbiamo chiamare Leo quando tuo padre si sveglierà» dice sorridendomi dolcemente mentre ci dirigiamo verso il bar.

«Non vedo l'ora di passarglielo al telefono e ti farvi conoscere» rispondo commosso, risvegliandomi dai miei pensieri.

«Devo ammettere che ho un po' di ansia a conoscere tutta la tua famiglia».

«E aspetta di vedere Franci, anche se sono incazzato nero con lei, lei è quella difficile da conquistare della famiglia. Mia mamma già ti adora, ma è Francesca quella complicata soprattutto se si parla di Leo».

«Oddio Ale, così mi fai preoccupare» dice spalancando gli occhi.

Scoppio a ridere, una risata sincera e genuina che parte dal cuore, e finalmente allento la tensione di questa nottata terribile.

FulmineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora