8. Mi devi un favore

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«Aurora smettila! A cuccia! A cuccia!» esclamò una voce femminile.

Aprii gli occhi e la prima cosa che vidi fu l'enorme muso peloso di un cane che mi stava leccando la guancia, inumidendola tutta.

«AAAH!» esclamai intimorita.
Questo non è un cane, è un fottuto orso!

«Aurora smettila! Vieni qui!» disse la voce prendendo per il collare il cane-orso.
Ad un tratto sentii uno strano profumo di menta, una forte scossa di energia percorse la mia schiena e vidi una faccia sporgersi sul mio corpo steso a pancia in su sul marciapiede, come la signora Green quando ero svenuta la sera della morte di mio padre. Vidi una sagoma, poi dei capelli neri, degli occhi verdi e delle labbra rosa.
Era lei, era la mia vicina di casa.

«Hey, stai bene? Vuoi che chiami un'ambulanza?» domandò.
Mi toccai la testa stordita.
«Scusa per il mio stupido cane ma non ti voleva fare del male, giuro. È forse troppo affettuosa ma non ha ancora capito che sembra un cavallo e che la gente può avere paura. Non è vero, Aurora?!» aggiunse poi facendo un'occhiataccia al cane che le si era seduto accanto. Il cane abbassò le orecchie, quasi dispiaciuto.

«Non... ti preoccupare... sono io che non vado tanto d'accordo con i cani... Che cosa... che cosa è successo?» domandai mettendomi a sedere, ricordando quella volta in cui un chiwawa mi morsicò il naso da bambina.

«Sei svenuta in mezzo alla strada e per poco non ti investivo, cavolo. Aspetta, ti fai male così. Tieni, prendi un po' d'acqua» disse porgendomi una bottiglietta mezza vuota.
La presi e notai di avere entrambi i polsi ed il collo bagnati, e la mia felpa si trovava di fianco a me. Mi sistemai meglio la maglietta, che mi scopriva leggermente i fianchi e l'ombelico. Lei sorrise.

«Mi sono permessa di bagnarti il collo e i polsi con l'acqua. Sai, anche io ho problemi di pressione bassa e tu eri tutta sudata. Hai avuto un'insolazione. Con questo caldo di maggio, non dovresti indossare felpe così pesanti» disse.
Bevvi un sorso d'acqua e mi coprii la faccia con le mani, non so se per l'imbarazzo o per il forte mal di testa.

«Hai mangiato qualcosa?» domandò. Feci cenno di no con il capo, e lei mi guardò con fare disapprovato.«Dovrei avere un pacchetto di liquirizie da qualche parte nello zaino in macchina, aspetta» disse, e poi si avviò verso la sua auto poco distante da noi, che aveva le quattro frecce attivate.

«Non ce n'è bisogno, davvero...» affermai imbarazzata, ma la testa faceva ancora profondamente male.

«Trovato» disse tornando, offrendomi una liquirizia.

«Grazie mille»

«Be', tu mi hai prestato il sale. Ora siamo pari» disse accovacciandosi di nuovo, mettendo in bocca anche lei una liquirizia.

«Del sale e una vita umana non sono proprio la stessa cosa» risposi.
Rise dolcemente e la seguii anche io.

«Allora mi devi un favore» disse poi guardandomi dritta negli occhi e accennando un sorriso. Mi persi nel suo sguardo così intenso e nel suo fisico così perfetto e solo allora notai che aveva un piccolo tatuaggio sulla bianca spalla destra, che faceva contrasto con la sua canotta nera: era un lucchetto. Quando si accorse che lo stavo guardando, si alzò in piedi e mi porse la sua mano.

«Comunque mi chiamo Eco, piacere.»
Afferrai la sua mano e mi tirai su.

«Billie» dissi semplicemente io.

«Billie» ripeté lei sorridendo, «Vieni, ti accompagno a casa. Non puoi camminare in queste condizioni.»

«No, no! Va bene così, grazie, ma casa mia è vicinissima e... sì... posso andare da sola. Non c'è bisogno che tu faccia tutto il giro dell'isolato» dissi chinandomi a terra per recuperare la felpa, mettendo le mani avanti per rimanere in equilibrio. Quando la afferrai, mi caddero dalla tasca le chiavi di casa ed il mio spray per l'asma.
«Merda...» imprecai a voce bassa, e feci per chinarmi nuovamente.

«Li prendo io» mi precedette lei.

«Oh... grazie ancora»

«Non ti preoccupare» affermò, ed io sorrisi come una scema. Mi porse le chiavi e lo spray appena raccolti e mentre le nostre mani si sfioravano mi sentii avvampare. Le sue mani erano come la neve: fredde, bianche e delicate. Proprio come le avevo sognate.

«Hai l'asma, Billie?» mi chiese, ma dal modo in cui lo disse non sembrava una vera e propria domanda.
Annuii, e lei piegò leggermente la testa di lato.
«Ho capito. Ti porto in macchina.»

Girl ~Billie Eilish~Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora