53. Ma io la amo

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«Che stanchezza!» esclamò Eco stiracchiandosi, seduta al tavolo a disegnare. Erano le dieci di sera ed io stavo leggendo il Simposio sul divano-letto, mentre lei lavorava concentrata sui suoi disegni. Era una di quelle serate estive tempestose, quando la pioggia improvvisa rinfresca l'aria secca dei giorni precedenti.
Sbadigliò.
«Mi faccio un bagno» disse poi sistemando i fogli.
«Mh mh» risposi io a malapena ascoltandola, assorta nella lettura. Effettivamente il libro era davvero interessante.
Lei tossì per finta. «Ho detto... mi faccio un bagno» ripeté scandendo bene le parole. A quel punto la guardai.
«Ok, vai pure» pronunciai leggermente perplessa.
Lei annuì pensierosa, poi rise, ed io tornai a leggere non capendo il senso delle sue risate.
Poco dopo si alzò dalla sedia e si avvicinò al divano, mettendosi dietro di me; mi chiuse lentamente il libro e mi girò la testa verso di lei.
«Vieni?» disse accennando un sorriso, appoggiandosi allo schienale del divano.
«Con- te nella vasca, dici?»
«E con chi, sennò?»
Il mio cuore cominciò a battere più velocemente.
Feci "sì" con la testa, senza dire nulla, con aria tranquilla. In realtà mi sentivo un po' stupida per non aver colto i suoi segnali palesi.

Ci ritrovammo quindi nella vasca da bagno, l'una di fronte all'altra, in silenzio. Il suo sguardo così intenso mi penetrava l'anima e tra di noi cresceva sempre più la tensione. Si immerse tappandosi il naso nell'acqua calda e quando tornò su si mise all'indietro i capelli, che erano cresciuti rispetto a quando l'avevo vista la prima volta; ora le sue ciocche nere le sfioravano le spalle. I suoi grandi occhi verdi erano ancor più luminosi e lucidi, ed io la fissavo meravigliata.
«Che c'è? Perché mi guardi così?» pronunciò vaga, provocandomi. Eco sapeva di essere bella ed era confidente di sé, ma voleva sentirselo dire per compiacersi.
«Scusami, è che... sei così...» provai a dire.
Si spostò in avanti e si mise seduta a cavalcioni su di me, mettendo le sue gambe intorno alla mia vita e facendo schizzare un po' d'acqua fuori.
«Sexy?» disse ghignando a pochi centimetri dalla mia faccia.
«Bella» risposi io.
Lei mi guardò le labbra, fingendosi sorpresa da quella risposta, ed io le sfiorai il viso con la mano. Poggiò la sua guancia sul mio palmo e si lasciò coccolare, chiudendo gli occhi e abbandonandosi alle carezze.
La avvicinai alla mia bocca e la baciai lentamente.
Dopo poco lei rallentò il ritmo ma al tempo stesso aumentava la pressione con la lingua; mise le sue mani dietro i miei capelli, stringendo sempre più le gambe intorno al mio busto. Io la presi per i fianchi. Il bacio era lento, bagnato... ci assaporavamo a vicenda, sfiorandoci con la lingua gli angoli della bocca. Ad interrompere quel bacio erano solo i nostri brevi sorrisi che non riuscivamo a trattenere.
Ero in estasi. Avevo raggiunto il massimo grado di benessere; mi sentivo graziata da Dio e non mi passò per la testa alcun pensiero negativo. Tutto il mio dolore e tutta la mia sofferenza si erano annichiliti, in quel momento. Finalmente stavo riscattando il mio tormento interiore, avendola nuda su di me ed esplorando la sua bocca con la lingua. Il mio sogno lo avevo realizzato.

Ma ora questo ricordo mi provocava una forte fitta al cuore, seduta in quella sala d'aspetto d'ospedale.
Venne da noi un'infermiera, ed io e Luke ci alzammo in piedi, impazienti di ricevere notizie di Eco.
«Come sta?» domandai di getto io, mordicchiandomi un'unghia, agitata. Il suo sorriso mi fece sentire meglio.
«La signorina Eco sta bene, si è svegliata poco fa. Le abbiamo fasciato le braccia e medicato le ferite» mi rispose lei, con voce confortante. Luke fece un sospiro di sollievo.
«Dove sta ora? Possiamo vederla?» dissi.
«Mi dispiace, ma ha detto che non vuole vedere nessuno»
«Cosa? Come è possibile? Io devo vederla, lei ha bisogno di vedere me!» esclamai, avanzando verso l'infermiera. 
«Billie, tesoro, calmati un secondo...» fece Luke prendendomi la mano.
«Sono mortificata, signorina. Ha espressamente detto che oggi non vuole ricevere visite» disse lei.
«Nemmeno da me?»
«Chi sarebbe lei per la signorina Trevisani?» mi domandò. «Sorella? Familiare?»
«Io... sono solo una sua amica, mi chiamo Billie»
«Mi dispiace, Billie. Magari potrà vedere la sua amica domani» pronunciò. Subito dopo arrivò alle nostre spalle Andrew con in braccio Francesco, e lui si mise a parlare con lei.

Girl ~Billie Eilish~Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora