Mi svegliai e, una volta aperti gli occhi, la prima cosa che vidi fu la camicia di Eco ancora appesa alla mia porta e guardarla mi trasmetteva un senso di angoscia strana. Dovevo riportargliela ma dopo il bacio di due giorni prima non ci eravamo più viste né parlate.
Mi preparai per andare a lavoro e, appena arrivata lì, salutai Nicolas. Era da tempo ormai che Jack non si faceva vedere in negozio e, da una parte, mi andava bene così; dall'altra temevo che si fosse infiltrato in qualche giro di gente strana e con lui si fosse portato dietro anche Eco.
«Cos'è quel faccino? Dormito male?» mi chiese Nic. Io sospirai. «Già» risposi.
«Sai cosa potrebbe tirarti su il morale?»
«Che cosa?» domandai.
«Un gelato al parco, dopo la chiusura» disse. Io sorrisi e accettai l'invito.Il parco era un luogo che amavo frequentare perché offriva un'atmosfera rilassante e una splendida vista delle colline di Slaughter. Era il posto in cui ho conosciuto veramente Eco per la prima volta e lo stesso in cui, dieci anni prima, avevo fatto amicizia con Zoe. Quante cose cambiano, ma questo parco è sempre lo stesso, pensai. Camminavamo lungo il viale alberato, il sole illuminava le fronde degli alberi e le risate dei bambini riempivano l'aria. Mentre ci avviavamo al chiosco Nicolas, sotto mia richiesta, mi parlava dei suoi studi di filosofia e del fatto che da lì a breve, quel giugno, avrebbe cominciato la sessione estiva degli esami. Lo invidiavo perché anche a me sarebbe piaciuto andare in una scuola vera. A Slaughter c'era solamente mia madre che aveva pseudo-insegnato a me e ai pochi bambini che abitavano qui, o a casa mia o nella chiesa di città. La scuola si trovava a Burford e infatti Zoe, prima di partire, e Drew andavano lì. Tuttavia, nonostante Drew abitasse a Lower, quindi a pochi minuti da Upper, non la si vedeva spesso in giro: ormai si era fatta nuovi amici a Burford e, come mi diceva sempre, se ancora era vero, odiava stare a casa sua se i suoi genitori litigavano. Questo era uno dei motivi per il quale, quando eravamo piccole, mangiava e dormiva quasi tutti i weekend a casa mia. E ora chissà in quale casa si ritrovava la sera per sfuggire alle urla e alle litigate dei suoi.
Appena avevamo messo piede io e Nicolas nella piazza del parco, pensai a queste cose; a come la mia vita fosse cambiata, a quante persone avessi perso e a quante invece ne avessi incontrato, come Nicolas, che nel frattempo stava pagando il gelato anche per me. Ci sedemmo su una panchina all'ombra di un ippocastano e discutevamo del più e del meno, ridendo e scherzando.
Intanto si era fatta sera, il parco si stava svuotando ma c'era ancora luce nel cielo. «Le giornate si stanno allungando, arriva l'estate» disse, ed era vero. L'estate stava arrivando, e questo pensiero mi metteva parecchio ansia. Odiavo indossare pantaloni corti e odiavo ancor di più dover mostrare le mie cicatrici. «Purtroppo sì» mi lasciai scappare senza pensarci.
«Non ti piace l'estate?»
«Non tanto»
«Ti dà fastidio il caldo?»
«Sì. Ma soprattutto è il periodo in cui mi rendo davvero conto di quante cose mi manchino nella mia vita»
«Che intendi dire?»
Io sospirai e cominciai a strappare il fazzoletto di carta del gelato in piccoli pezzettini. «Intendo dire che in inverno avevo una scusa per tutto. Una scusa per non uscire perché fa freddo e perché tutti i ragazzi della mia età sono a scuola; una scusa per stare male, a casa, da sola, per andare a dormire presto perché alle cinque è già buio. Ma adesso, adesso che tutti sono liberi dai loro impegni, adesso che fuori non fa freddo, adesso che ci si deve vestire leggeri e scoperti, adesso che bisogna fare festa e uscire e divertirsi, solo adesso mi rendo conto di quanto io sia sola e di quanto nella mia vita tutte queste cose manchino. Non ho più scuse, adesso. L'inverno mi permetteva di sentirmi sbagliata, mi giustificava.»
«Cazzo, Billie. Non devi più sentirti sbagliata. Non sei sola. Hai me ora, no?» mi disse, e gli occhi mi si bagnarono. Sorrisi e non risposi. «E hai anche Eco, giusto? Siete amiche, giusto?» aggiunse. Stetti in silenzio. «Quando vi ho viste alla festa sembravate molto affiatate. So anche che sei stata invitata a quella di Luke, dopodomani. Ci sarò anche io, sai». Il fatto che venisse anche Nicolas al compleanno di Luke mi risollevò il cuore.
«Sono contenta che tu ci sia. Le feste mi spaventano» dissi. «Scusa, sembro una perfetta idiota, ora mi reputerai strana» continuai vedendo che non rispondeva.
«Non ti reputo strana affatto, Billie. Anzi, anche io sono come te. Detesto le feste, ci vado solo se è necessario, tipo se è un compleanno» affermò.
«E allora perché sei andato alla festa in quella villa l'altra sera?»
«Be', ecco, forse è meglio dire che la festa è venuta da me. Avevo invitato qualche mio amico per vedere un film ma dal nulla è degenerato tutto.»
«Cosa? Quella è casa tua? Ma allora sei ricco!» esclamai, e lui rise.
«A quanto pare...»
«Ma se sei ricco per quale motivo lavori al Variety e non, che ne so, in qualche città fighissima? Perché stai a Slaughter e non, che so, a New York?»
«Te l'ho detto, adoro la tranquillità. Mi piace la campagna e anche a mia madre. Il negozio potremmo anche venderlo ma è una tradizione, apparteneva al nonno di Sam. Quando mia madre ha sposato Sam ha deciso di rimanere qui e di comprarsi quella villa»
«E, precisamente, che lavoro fa tua madre?»
Lui sospirò. «Insegna a Oxford lettere moderne. E i miei nonni sono molto ricchi»
«Cavolo, allora lei conoscerà Philipe. È il mio fratellastro» dissi.
«Probabilmente sì, magari glielo chiedo» affermò «E noi due abbiamo più cose in comune di quanto pensassi, Bil. Insomma, abbiamo entrambi un fratellastro, lavoriamo nello stesso negozio, detestiamo le feste»
«Già, solo che io ho giusto qualche migliaio di soldi in meno» dissi, e lui rise.
«Però sei ricca di spirito. Sei molto profonda, Billie, e molto... filosofica. Sei tranquilla e ripeto che io adoro la tranquillità. E la filosofia, certo».
Io arrossii per quel complimento. «Peccato che non ho mai avuto la possibilità di studiarla seriamente. Ho solo letto molti libri nel corso della mia vita, nient'altro, ma mai niente di filosofico» dissi.
«Se vuoi un giorno di questi vieni a casa mia e, sempre se ti va, ti posso far vedere le cose che studio»
«Sarebbe divertente, grazie. Io l'unica cosa che so di filosofia è un mito di Platone, quello delle palle» affermai. Nicolas fece una faccia perplessa.
«Quello delle palle?» domandò ridendo di gusto.
«Sì, quello che dice che un tempo gli uomini e le donne erano delle palle rotolanti e che Zeus con un fulmine le ha separate a metà perché erano delle teste di cazzo che volevano governare il mondo» dissi, provocando il suo riso.
«Sì, brava. È il mito dell'androgino, Platone ne parla nel Simposio. È molto carino. Parla d'amore»
«Lo leggerò, allora»
«Fai bene, perché ti fa aprire gli occhi».
Nicolas aveva un modo interessante di vedere le cose, e quella volta decise di condividere con me alcune delle sue idee sul mondo. Mi accompagnò a casa e mentre camminavamo le nostre menti erano immerse in una conversazione filosofica, se così si può chiamare. Non importava che il nostro argomento non fosse complesso; camminavamo continuando a discutere di filosofia. Attraverso la conversazione con Nicolas, iniziai a vedere la filosofia come un modo per esplorare la complessità della vita e per scoprire chi siamo veramente. Chi sono io veramente? Di certo avevo all'incirca inquadrato Nicolas: era un cerchio celeste e odorava di fiori e rugiada. Era fresco, mi ricordava le nuvole ma non quelle scure e tempestose, nuvole bianche nel cielo azzurro.
Io lo ascoltavo attentamente, affascinata dalla sua eloquenza e dalla profondità delle sue parole.
Mi immersi completamente nelle sue storie e nelle riflessioni filosofiche che condivideva con me. Era come se una nuova dimensione si fosse aperta davanti a me, portando con sé una comprensione più profonda del mondo in cui mi ritrovavo a essere.
Arrivata a casa pensai a come Nicolas, a differenza di Eco, fosse così razionale e schematico ma al tempo stesso profondo e appassionato di tutto. Se lei era l'inverno gelido, lui era la primavera fresca. Mi piaceva parlare con lui e, solo fino al momento in cui entrai in stanza e rividi la camicia di Eco, mi resi conto che mentre parlavo con Nicolas lei non mi era passata nemmeno per la testa.
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Girl ~Billie Eilish~
FanfictionBillie è una ragazza di diciassette anni che ha sempre vissuto nell'ombra. Dopo la morte del padre, il fidanzamento della madre e la perdita delle sue due uniche migliori amiche, non si sente parte di questo mondo e sfoga i suoi malesseri parlando i...