33. Il tradimento delle immagini

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Eco

Ritenevo di aver fatto la cosa giusta ma dentro di me, allo stesso tempo, mi sentivo sotto terra. Billie era un peso per me, per la mia voglia di futuro, di ricominciare la mia vita partendo da zero; un peso non troppo grave ma anzi... leggero, quasi.
No, Billie non poteva essere un peso. Era forse un'alternativa? Un'opzione? Prima di lei di fronte a me c'era solo un'unica strada ma ora mi si era aperto un bivio: Billie o Parigi. Non potevo avere entrambe, ed io volevo in ogni modo fuggire da lì.
Mi trovavo nel mio studio a Burford quando pensavo a queste cose. Provavo ad abbozzare qualche dipinto ma l'unico soggetto che mi veniva in mente era Bil.

Bussò alla porta del garage qualcuno ed andai ad aprire.
«Eco»
«Angela».
Era strano e irritante il fatto che ogni volta che mi sentivo in conflitto con me stessa quella donna mi si presentasse davanti.
«Sono venuta a salutarti»
«Perché?»
«Domattina parto»
«Oh... già» pronunciai contegnosa. Erano già passati dodici giorni dal primo bacio con Billie. Per qualche bizzarro motivo non mi sentivo così felice come avrei creduto di essere.
«Posso entrare?»
«Sì» le dissi, e la invitai dentro.
«Quanti bei disegni!» esclamò sorridendo. «Tu hai sempre avuto questa passione fin da bambina. Disegnavi ovunque, anche sui miei muri di casa»
«Disegnavo da te perché lui non voleva che sporcassi in giro. Detestava avere matite e giochi in mezzo e dovevo mettere apposto tutto prima del suo arrivo» affermai guardando il vuoto. Lei sospirò.
«Invece sai, tuo padre era un vero artista quando era giovane. Ha ereditato il suo talento da me. Poi è passato a te»
«Tu sai disegnare?» dissi ridendo incredula.
«Certo! Ricordi la Frida Khalo dipinta nel muro della mia stanza? L'avevo fatta io... e vedo che hai riprodotto la stessa immagine» pronunciò indicando il disegno di Frida.
«Mi è rimasta impressa nella mente quella parete»
«Rimanevi a fissarla per ore»
«Non sapevo l'avessi dipinta tu»
«La precisione è sempre stata una mia dote oltre che di tuo padre e di tuo zio. Infatti, te e lui avete trasformato catapecchie in case da urlo, avete reso felici famiglie in tutta la città, avete dato conforto e calore»
«È sempre bello dare agli altri ciò che non si ha avuto. Anche se un po' ne sono gelosa»
«La gelosia è più che normale, ma non sei invidiosa. Hai un cuore grande, Eco. Io lo so per certo»
«Tu non mi conosci. Cosa credi di sapere di me?»
«So che ami smisuratamente troppo. E che hai passione e un buon senso del bello»
«Che cazzo significa?». A quel punto cominciò a camminare per la stanza e ad esaminare le mie opere.
«Che sai apprezzare la vera bellezza, l'arte. Noti qualsiasi cosa, trovi arte in ogni dove, in ogni persona. Se gli altri vedono una ragazza per strada, tu vedi uno sguardo, delle lentiggini, un ciuffo di capelli sugli occhi. Ti fermeresti a farle una foto, ad esempio. Oppure torneresti a casa e cercheresti di ricordare il modo in cui era posizionata, cosa teneva in mano, la collana che indossava... È molto bello questo quadro» disse, soffermandosi sul ritratto di Billie. Mi venne da sorridere. «Sapevo che saresti diventata brava. Guarda» aggiunse. Prese dalla sua borsa il portafoglio, lo aprì e tirò fuori un biglietto stropicciato.
«Cos'è?»
«È un disegno che avevi lasciato sul mio tavolo. Dieci anni fa, 2007. Avevi otto anni» disse passandomi il foglio.
«Dovrebbe essere una copia de Il tradimento delle immagini di Magritte, non è vero? Al posto della pipa ho disegnato una matita, però»
«Sì. Qualche giorno prima ti avevo portato ad una mostra sul surrealismo a Roma»
«Ho solamente disegnato una matita storta e sotto ho scritto "Ce n'est pas un crayon", cercando di imitare Magritte. Non ci vedo niente di incredibile o originale»
«Al mondo nessuna bambina di otto anni tranne te avrebbe potuto apprezzare e comprendere quel dipinto. Ricordo che la mostra ti era piaciuta tantissimo. Tengo questo tuo disegno nel mio portafoglio da allora» affermò sorridendo.
«Era tutto molto bello quando disegnavo a casa tua. Tutto molto bello, finché poi mi veniva a prendere mia madre»
«Non voleva che tu stessi con me»
«Perché tuo figlio era un abusatore»
«Eco...»
«Che c'è?»
«Te l'ho già detto. Le cose non sono sempre come sembrano»
«A me sembra proprio di aver visto tutte le sere tuo figlio sbraitare e picchiare mia madre»
«Visto o sentito?»
«Cosa?»
«Ti sembrava di averlo visto... o lo avevi semplicemente sentito?» disse seriosa, ed io scoppiai a ridere.
«Stai mettendo in dubbio le cose che ho visto?»
«Eco, quello che Magritte nel suo quadro voleva esprimere è proprio la grandissima differenza che c'è tra ciò che è davvero una cosa e ciò che è la sua rappresentazione. So che possono risultarti incredibili le cose che ti sto dicendo ma devi credermi. Non è andato tutto come credi tu»
«Ora basta con queste cazzate. Tutto questo giochetto del disegno, del surrealismo e stronzate varie erano solo finalizzate a manipolarmi. Sai cos'altro ho visto con questi occhi? Mio padre con le mani sporche di sangue che veniva portato via da una macchina della polizia, ecco cosa ho visto. Hai generato un assassino. Ora lei sarebbe viva se non fosse per lui, se non fosse per te. Mi chiedo come tu possa avere il coraggio di venirmi a parlare, di dormire e mangiare in casa mia. Mi chiedo come possa Andrew permetterti tutto questo!»
«Marco non è un assassino»
«Sentir pronunciare il suo nome mi fa venire il voltastomaco»
«Tuo padre non è un assassino!» pronunciò, e la voce le si ruppe. La guardai fissa in faccia.
«Da domani non ti vedrò mai più e non sai quanto questo mi renda la ragazza più lieta al mondo» dissi. Lei annuì con le lacrime agli occhi.
«Ora puoi pure andartene» aggiunsi aprendole la porta.
«Forse è meglio così. Io almeno ci ho provato. Addio,  mia cara Eco»
«Addio, Angela», e sbattei violentemente la porta che rimbombò contro la saracinesca in metallo.

Girl ~Billie Eilish~Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora