50. Gli amanti

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Billie

Le giornate proseguirono tranquille. Anche il tempo fu stupendo e soleggiato per tutte le tre settimane seguenti.

Eravamo riuscite a racimolare poco meno di settemila sterline ed è inutile dire che i soldi della mia esibizione al Cafe furono spesi per l'affitto del bilocale.

Andrew ci aveva regalato un piccolo televisore appartenente a un amico a cui aveva fatto dei lavori in casa; molto probabilmente ce lo donò al fine di farsi perdonare da Eco. Tra me e lei filava tutto liscio, o quasi. C'erano delle volte, infatti, in cui praticamente non parlava. Luke mi disse che era normale, che questa è una caratteristica tipica di Eco e che lo aveva sempre fatto fin dalle scuole medie. Non ci diedi allora tanto peso.
Alla fine è il suo carattere e la accetto così com'è! Pensavo.

Un giorno mi convinse a farle da modella.
Non ero sicura di come fossi finita in questa situazione ma Eco mi aveva persuasa, con la sua solita energia contagiosa, a posare per lei. Inoltre, poi, avevo perso la stupida sfida che avevamo fatto.
«Togliti la maglietta» mi disse secca, mentre preparava la pittura e la macchina fotografica.
«Che vuoi fare di preciso?»
«Si chiama body-painting» rispose, «ti dipingo sul corpo e ti faccio qualche foto»
Il battito del mio cuore accelerò.
«Sul mio corpo?»
«Sì. Sul tuo bellissimo corpo»
Arrossii. «Ma precisamente... dove?» domandai imbarazzata. Lei accennò un sorriso.
«Sulla schiena» disse senza guardarmi, «Sfortunatamente non ho una mente così aperta per questo genere di cose, anche se si tratta di arte» continuò.
«Che intendi dire?»
A quel punto tolse gli occhi dalla macchina fotografica. «Che queste foto le devo spedire in Accademia e non voglio che qualcuno oltre a me ti veda nuda. Quindi ti faccio la schiena»
Mi venne da sorridere.
Eco era un'artista straordinaria. Aveva questa capacità di trasformare ogni superficie in un'opera d'arte vivente. Oggi, quella superficie ero io.
«Ora rilassati, Bil» mi disse mentre mescolava i colori sulla sua tavolozza. «Sarà fantastico»
Non ero tanto convinta. Mi sarei sentita vulnerabile, senza maglietta e esposta al fresco della stanza.
«Ok, puoi togliertela»
«Sì», e feci per levarmela, con i suoi occhi addosso. Sotto non avevo il reggiseno.
Quando me la tirai su sentii il rumore di uno scatto.
«Hey!» esclamai.
Vidi Eco con la fotocamera davanti al viso.
«Questa la tengo io, non ti preoccupare» rispose ridendo, osservando compiaciuta la foto.
Mi sedetti su uno sgabello, cercando di non pensare troppo al fatto che avrei passato le prossime ore a fare da tela umana. Ricordai quel che avevo detto a Kim un mese prima: mi sentivo una tela bianca, senza un colore. Le avevo detto che mi serviva qualcuno che mi avrebbe colorata e lei aveva risposto che dipende tutto da noi, che dobbiamo essere noi a "colorare" noi stessi. Non ero d'accordo. Eco mi dava la luce, mi dava colore, mi dava vita.
Si accese una sigaretta e fece un tiro, poi la poggiò sul posacenere. Si sedette su una sedia dietro di me, con le gambe leggermente aperte, ed io sentii il suo respiro sulle spalle.
Si schiarì la voce.
«Ok... allora...» pronunciò riflettendo, con fare contemplativo. Mi spostò i capelli da un lato e intanto io mi sentivo sempre più eccitata al suo tocco così delicato. Chiusi gli occhi per un attimo, trattenendomi. Tra di noi c'era sempre quella solita tensione insopportabile; stare troppo attaccate ci portava inevitabilmente a farlo. Sentii il suo respiro caldo avvicinarsi sempre di più alla mia schiena, poi qualcosa di morbido e umido. Mi baciò piano le spalle e il collo, senza fare rumore con la bocca. Portò le mani sulle mie cosce, quasi abbracciandomi da dietro; salì poi con le dita fino all'addome e poi sul seno, appoggiando la sua testa alla mia schiena.
«Che cosa dipingerai?» chiesi, cercando di distrarmi.
«Non lo so» rispose lei al mio orecchio. «Non riesco a pensare in questo momento»
Mi voltai per guardarla.
«Non hai ispirazione?» dissi provocandola.
«No, è che... vederti girata così, senza praticamente niente addosso...» cominciò a dire avvicinandosi alla mia bocca. Non aspettavo altro. Le punte delle nostre lingue umide si muovevano lentamente. Baciarla era ancora meglio che venire. Le presi la testa per avvicinarla ancora di più a me, sebbene fossimo del tutto attaccate l'una all'altra. I nostri respiri si fecero più affannosi mentre io le mordevo le labbra.
Dal nulla si staccò e guardò altrove.
«Questo non è il momento per fare sesso, però» disse seria, prendendo la sigaretta. Mi venne da ridere.
«E a casa di Sarah era il momento?»
«No, ma...»
«E ieri nel bagno di quel bar era il momento?» la provocai ricordandole cosa era successo il giorno prima, in un bar di Burford. A quella frase sorrise. Era eccitante farlo in luoghi diversi dal solito letto, e ciò che lo rendeva ancora più eccitante era il fatto che la gente in giro ci vedesse come due semplici amiche. Non ci baciavamo in pubblico, non ci tenevamo la mano... sotto richiesta mia, ovviamente.
«Non fare questi giochetti con me» rispose secca.
Mi bloccai a guardarla inalare fumo. «Ora girati, so cosa disegnare»
Mi voltai e le diedi di nuovo le spalle. Si comportava in modo strano. Cominciai a pensare che forse aveva perso interesse nei miei confronti.
Mi diede un veloce bacio tra il collo e la spalla per farmi capire che non era arrabbiata o sconcertata per qualcosa.
«Ora non ti fare paranoie inutili, ok? Non ho niente contro di te» sussurrò con tono confortevole, come se mi avesse letto la mente.
«Mh»
«Metto un po' di musica» disse alzandosi per accendere lo stereo. «Piegati leggermente in avanti. Così, brava».
Sentii il primo tocco del pennello sulla mia pelle e un brivido mi percorse la schiena. Era una sensazione strana, ma non spiacevole. Chiusi gli occhi, cercando di rilassarmi.

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