11. Lo so che mi vuoi

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Eco

«Sembro ridicolo conciato così!» si lamentò Jack dal camerino, che in realtà non era un camerino ma solo una coperta appesa tra una parete e l'altra negli angoli della stanza. Avrei dovuto dare ancora una sistemata al mio studio, che in realtà non era uno studio, ma un vecchio bilocale che io e mio zio Andrew avevamo affittato e ristrutturato nel tempo libero, prima ancora che la nostra casa a Burford andasse a fuoco. Io, Andrew e Francesco abbiamo vissuto qui per qualche mese, prima di trovare -o di farci trovare da Jack e da suo padre- la nuova casa ad Upper Slaughter. Non c'era spazio per tutti e tre in una sola stanza, ma a Burford il nostro appartamento era stato completamente distrutto. Per colpa mia.
Dovevo dare ancora qualche riverniciata alle pareti e aggiungere un po' di Eco. D'altronde era il mio bilocale, il mio studio, e dovevo sentirmi a mio agio per dare sfogo alla mia creatività. Avrei dovuto mettere anche un nuovo letto da qualche parte, perché scopare in quel divano mezzo rotto iniziava ad essere scomodo e capitava che alle volte il fine settimana mi fermassi a dormire lì con Jack.

«Stai zitto e muoviti, non abbiamo tutta la notte!»dissi io esaminando le foto che gli avevo scattato i giorni precedenti con la mia vecchia Polaroid. Jack era molto bello, sì, ma c'era un qualcosa in lui che rovinava qualsiasi foto gli si scattasse. Non provocava nessuna emozione, non avevano sentimento le fotografie che gli scattavo: un brivido, un sorriso, ma anche un senso di inquietudine e di spossatezza che delle belle foto, di solito, trasmettono. Nulla di tutto ciò. Eppure io era proprio questo che cercavo. Un brivido, un senso di spossatezza, un sorriso e un pochino di inquietudine era tutto ciò di cui avevo bisogno.

«Pensavo che volessi scopare e non continuare a fare queste stronzate, Eco» disse lui uscendo allo scoperto, con gli occhi rossi e le pupille dilatate. Alzai lo sguardo dalle fotografie e lo fissai. Aveva il gel nei capelli tirati indietro, delle semplici culotte color carne e la calzamaglia. Non era affatto ridicolo, ma quei suoi occhi gonfi facevano sembrare il suo viso ancora più stanco.

«Potevi evitare di bere dato che sapevi che avrei dovuto farti delle foto. Fa niente, ti metterò un po' di correttore e di cipria sotto gli occhi, prima degli scatti» dissi, tornando a sistemare la fotocamera nuova.

«Tu non mi trucchi,» rispose «e pensavo che avremmo scopato. Me lo avevi promesso, non ci vediamo da quattro giorni. Dopo tutti i favori che ti ho fatto, direi che me lo merito, no? Mi parlavano di te come fossi una troia, ma sei una fica di legno.»

La mia mano cominciò a tremare, non per paura, ma perché il pensiero di dover essere per forza attaccata a lui mi provocava sempre una certa angoscia. E sapevo bene quello che la gente a Burford diceva di me. Non mi importava. La famiglia di Jack aveva aiutato economicamente parecchio me e mio zio quando eravamo fuori casa, trovandoci quella ad Upper, a poco prezzo. Tutto questo perché io e lui scopiamo almeno tre volte ogni settimana. Inoltre il padre di Jack e mio zio sono sempre stati molto amici, perché Andrew comprava sempre il necessario per il lavoro al Sam Variety Store.
Deglutii e cambiai la mia espressione imbronciata in una un po' più rilassata. Poi lo guardai.
«Dopo lo facciamo, Jack. Ma ti prego, io ti prego, prima fatti fare almeno una decina di foto. Tieni, dipingiti il corpo di bianco con questo, voglio provare la tecnica del body painting» dissi porgendogli la vernice ed un pennello. Anche solo baciarlo mi faceva schifo, e non avevo ancora capito il perché continuassi a frequentarlo. Il sesso con lui poi lo odiavo, però allo stesso tempo era un'abitudine che mi irritava dover interrompere definitivamente. E avevo paura che se avessi smesso di farlo, lui avrebbe cessato di aiutarmi con l'affitto del bilocale.

«No non lo farò, non mi va proprio di sporcarmi. Sono in calzamaglia, mi vuoi truccare, mi vuoi fare foto... non sono una cazzo di femmina io! Sembro un cazzo di gay conciato così! Se queste foto poi verranno pubblicate che cazzo dirà la gente di me? Che sono frocio? Come il tuo amichetto Luke?» protestò strappandomi la vernice dalle mani e poggiandola sopra il tavolo con le foto. Strinsi i pugni e feci un respiro profondo per evitare di scoppiare come un uovo in un microonde.
Mantieni la calma, Eco. È fatto, non ragiona...
«Jack, ascolta: potranno essere stronzate per te, ma tu non sai quanto questo sia importante per me. Ho in mente un'idea che non ti farà sembrare ridicolo come dici tu, fidati di me. Verrai bene» dissi.

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