4. Stregatto

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Billie

Passò all'incirca una settimana da quell'incontro con la ragazza di fronte a casa. In pochi giorni aveva fatto amicizia con quasi tutto il quartiere. Da camera mia la scorgevo tranquillamente parlare con gente che abitava qui da anni e con la quale non avevo mai scambiato una parola in vita mia. Aveva questo potere: a quanto pare tutti la amavano.

Non sapevo praticamente nulla di lei, nemmeno come si chiamasse o quanti anni avesse, però in poco tempo avevo capito alcune cose. Di mattina portava fuori il cane, nel primo pomeriggio prendeva dal garage la macchina e andava chissà dove. Mentre di sera, invece, usciva spesso con un ragazzo scuro di pelle, riccio, alto più o meno come lei e magrolino, che la veniva a prendere e la riaccompagnava sempre a casa. Mi piaceva immaginare di trovarmi in macchina con loro, con il volume della musica in radio al massimo, il vento sulle guance, la strada completamente libera e illuminata dalle luci dei semafori. Ma soprattutto mi piaceva l'idea di respirare la stessa aria di quella ragazza. Mi piaceva l'idea di sedermi accanto a lei e di sfiorarle anche solo la mano. Mi faceva venire voglia di vivere, vivere davvero. Erano strani questi pensieri, me ne rendevo conto. Era la prima volta che immaginavo di sfiorare la mano di una ragazza.
Non so perché, ma una sera mi sdraiai sul letto e così, senza pensare, presi il mio quaderno ed iniziai a descrivere il suo viso ed il suo aspetto fisico, poi le sue movenze e le sue abitudini. Disegnai un pentagono blu, perché lei mi ricordava questo. Mi ricordava il ghiaccio e il freddo, ma non quello tagliente e fastidioso. Mi ricordava l'inverno, la neve e la cioccolata calda, la notte ma non quella buia o malinconica, una notte piena di stelle, la luna, la pioggia ma non il diluvio, lo Stregatto di Alice nel Paese delle Meraviglie, un lapislazzulo. Mi ricordava tutto questo, e ci eravamo scambiate solo un paio di frasi. Lei era una di quelle ragazze che sono perfette per essere le protagoniste di un libro. Lei era interessante e misteriosa e bella e gentile. Lei era tutto, mentre io non ero niente. Una forma, un colore, un odore. La mia pagina era bianca, mentre la sua era completamente colma di disegni e frasi e parole. Come prima parola scrissi semplicemente "Ragazza", perché non sapevo il suo nome. Non so perché lo feci, ma non riuscivo a togliermela dalla testa. Mi incuriosiva, lei, aveva una vita perfetta. Un padre, un fidanzato, una vita sociale, un aspetto da urlo. Io no. E il bello della scrittura è il fatto che si possono vivere milioni e milioni di vite diverse ogni volta che si ha una penna in mano e un foglio di carta. Io volevo vivere la sua. O per lo meno farne parte. Non avevo mai provato una sensazione del genere, avevo mal di stomaco se pensavo a lei. Ma non ne volevo sapere. Da una parte mi ricordava quei momenti passati insieme a Zoe. Dall'altra parte, questa sensazione era molto più violenta e travolgente. A pensarci mi mancava tanto Zoe e, seppur lo negassi, mi mancava tanto anche Drew.

Quando mio padre morì, Zoe e Drew erano state le uniche ragazze a venire al funerale. Non essendo mai andata a scuola, non ho mai avuto dei veri e propri compagni di classe e quindi i bambini della mia età non mi volevano parlare. Solo Zoe, quando avevo sei anni al parco giochi, si avvicinò per giocare con me. Lei abitava a Lower Slaughter, ma spesso saliva ad Upper Slaughter per giocare al parco. Mi invitò al suo compleanno qualche giorno dopo, perché anche lei non aveva alcun amico. Ricordo che quando arrivai a casa sua, oltre a me e ad un'altra bambina dai capelli castani e dal viso imbronciato, non era venuto nessuno alla sua festa. Quella bambina costantemente arrabbiata era Drew. Facevamo danza insieme il mercoledì nella palestra della chiesa di Upper, ma prima del compleanno di Zoe non le avevo mai parlato. I suoi genitori, clienti del negozio del padre di Zoe, dovettero lasciarla a casa sua quel giorno, ma lei non amava per niente stare in compagnia della gente. Ricordo che Zoe si avvicinò al mio orecchio e mi disse che Drew non faceva mai i compiti e che non studiava mai. A scuola nessuno voleva stare con lei, perché lei non voleva stare con nessuno. E nemmeno a danza. Fondamentalmente eravamo tutte e tre sole. Eravamo quelle escluse, estranee da tutto il resto. Avevamo strane idee, come quella di costruire una zattera fatta di cartone e di provare a farla stare a galla nella piscina di Drew salendoci sopra. Lei ha sempre avuto una condizione economica migliore rispetto alla mia e a quella di Zoe, però la sua famiglia era un disastro. Per questo motivo anche se delle tre io avevo la casa più piccola, passavamo la maggior parte del tempo nel mio giardino. Cantavamo e ballavamo tutto il giorno. Suonavo il mio ukulele e componevamo canzoni stupide per poi esibirle di fronte ai miei genitori, oppure scrivevamo delle favole. O meglio, io le inventavo, Drew le scriveva sotto la mia dettatura e Zoe faceva i disegni. Mi parlavano delle cose che imparavano a scuola ed io stavo ad ascoltarle per ore. Non avevamo bisogno di nessun altro, era tutto perfetto. Quando i genitori di Drew litigavano, lei veniva a dormire da me insieme a Zoe, e la sera giocavamo con mio padre a Monopoly o a qualche altro stupido gioco da tavola. Eravamo inseparabili; erano le uniche ragioni per il quale mi piaceva la mia vita. Però le cose cambiarono quando loro iniziarono il liceo. Zoe si trasferì a New York, mentre Drew cambiò totalmente personalità. Non la riconoscevo più. I suoi nuovi amici di Burford (a Slaughter c'era solo un asilo e una scuola elementare) ed il suo nuovo ragazzo, Adam, l'avevano cambiata. E fu proprio allora che capii quanto alcune persone possano essere così d'impatto ad altre persone, da riuscire persino a cambiarle. L'arrivo di quella ragazza dai capelli neri ad Upper Slaughter mi distraeva dal pensiero costante di Drew e del trasferimento di Zoe a New York. Ma non era comunque un bene pensare troppo a lei. Forse non volevo essere cambiata anche io, come Drew, da qualcuno di troppo travolgente. Ero arrivata ad un punto in cui pensai di mettere una tenda sul vetro della mia finestra in modo tale da non vedere la sua casa. Era come se in qualche modo facessi parte della sua vita, senza farne effettivamente parte. Non le importava nulla di me. Di sicuro lei era una ragazza impegnata. Ed era impossibile che una persona come me, che non usciva praticamente mai dalle sue quattro mura, ed una che invece era sempre fuori, avessero una conversazione. Ormai ci avevo rinunciato. Non avrei saputo nemmeno cosa dire perché le mie giornate erano tutte uguali e noiose mentre, da quel che vedevo, le sue non lo erano affatto. Non mi era mai capitato di provare una tale curiosità ed invidia per una ragazza con cui non avevo praticamente mai parlato. Mi aveva letteralmente travolto, come un'onda che trascina via la spiaggia quando il mare è in burrasca.

Quella fu una settimana molto intensa, ma lo fu molto di più per lei che per me: lo vedevo con i miei stessi occhi. Usciva, portava a spasso il cane, si divertiva, passava del tempo con suo padre. Io potevo solo rimanere ad osservare e a scrivere scenari impossibili. Giorno e notte, mi appariva anche nei sogni. Era il mio segreto, non ne avrei parlato con nessuno. Neanche con Kim e tantomeno con Zoe. Mi sentivo una psicopatica e forse lo ero, però credo che un vero psicopatico non si renda conto di star facendo cose da pazzi. Mentre io sì, me ne rendevo conto eccome.

Un sabato, la sveglia suonò ed io mi svegliai di soprassalto, facendo quasi cadere il mio quaderno ancora aperto sulla pagina di "Ragazza". Erano circa le otto e mezza di mattina, così mi alzai dal letto e mi preparai, nascondendo il mio quaderno nel cassetto della scrivania. Anche se con la homeschool avevo finito, mia madre mi faceva svegliare comunque presto: diceva che ha sempre odiato le persone che dormono troppo, perché sono poco produttive. Mi diressi in cucina, dove la trovai a parlare a bassa voce con Finneas, per poi smettere di colpo quando varcai la porta.

«Di cosa parlavate di così tanto segreto ed oscuro che Billie non può sentire?» chiesi ironicamente.

«Buongiorno Bella Addormentata nel bosco, guarda cosa c'è lì sul tavolo.» disse Finneas bevendo una tazza di caffè.
Fata Turchina, Bella Addormentata. Perché sono tutti fissati con i personaggi delle fiabe?

«Toast, avocado e latte di soia?» domandai perplessa.

«No, ancora meglio» rispose lui posando gli occhi verso il tavolo.
Notai un volantino del grande magazzino che si trovava a pochi minuti da casa mia, nella parte bassa di Slaughter, Lower Slaughter: il Sam's Variety Store. Cercavano personale.

«Cosa è? Ora lavori lì?» chiesi.

«No Billie, tu lavori lì» rispose Finneas.

«Cosa?!» esclamai. «Mamma, cos'è questa storia?»

«Sai Billie, sarebbe il momento che ti trovassi un lavoro. Servirebbe per guadagnarti qualche soldo ed essere un po' più indipendente. D'altronde quando Finneas ha finito la homeschool ha subito iniziato a lavorare. Ne ho parlato anche con Kim e lei è totalmente d'accordo: dice che ti farebbe bene fare qualche ora di lavoro per distrarti un po' e tenerti occupata, al posto di stare sempre chiusa in casa»affermò mia madre mentre preparava i toast.

«No, non se ne parla nemmeno! Non mi va di lavorare in quello stupido magazzino con quel cinquantenne scorbutico! Dovevate prima parlarne con me!» pronunciai.

«Quel cinquantenne scorbutico è andato in pensione già da un anno ormai. Ora il negozio lo ha in gestione il figlio, avrà qualche anno in più di te. Lo sapresti se solo uscissi di casa. E inoltre non abbiamo deciso ancora niente, volevamo parlartene proprio oggi. Abbiamo solo telefonato e il ragazzo ha detto che gli piacerebbe parlare con te per conoscerti meglio. Bisogna prendere la palla al balzo» disse mia madre. La osservai inerme. La palla mi arriverà in faccia! Pensai.

«Secondo me mamma ha ragione, Billie. Ti farebbe bene lavorare un po'. Ora che hai finito la homeschool, non vedo il perché tu debba continuare a stare a casa tutto il tempo! Verrò a farti visita ogni tanto per assicurarmi che tu stia bene e che non ti tratti male. Non ti preoccupare» pronunciò dolcemente Finneas venendomi ad abbracciare.

«Non ci voglio andare, non mi va» dissi tra le sue braccia.

«Andrà tutto bene Billie, te lo prometto. Il proprietario è un bravo ragazzo: è il cugino di un'amica di Claudia e mi ha detto che è molto gentile e simpatico. Se non ti butti adesso, quando lo farai? A quarant'anni?»

«Mi butterei sotto un treno, questo sì» affermai.

«Smettila di fare la spiritosa e pensaci un po' su. Ora mangia i toast che sono pronti» disse mia madre.
Mi sedetti in tavola e pensai, sì, ma alla ragazza dai capelli neri che stava a pochi metri da dove mi trovavo.

Girl ~Billie Eilish~Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora