26. So che stai mentendo

212 13 2
                                    

«Dove stiamo andando?» domandai.
«In un posto» rispose Eco rimanendo concentrata sulla strada.
«In un posto dove?»
«In un posto non troppo lontano dal posto in cui ci troviamo ora» affermò.
Sospirai e guardai seriosa fuori dal finestrino. Aveva iniziato a piovigginare e io avrei dovuto essere con Nicolas. Glielo avevo promesso. Guardai il telefono e vidi un messaggio da parte sua:
"Billie, va tutto bene? Ti ho chiamata ma non rispondi e non ti trovo"
"Sto bene Nic. Sono con Eco, torno tra poco. Scusa" digitai.

«Che c'è? Sei triste?» disse lei ad un tratto.
«Cosa? No, non sono triste» risposi. Penso solo al fatto che ho lasciato Nicolas da solo a quella festa per venire con te, cara Eco.
«Lo sembri»
«Anche tu sembri una pazza con l'intento di uccidermi e seppellirmi da qualche parte, allora» dissi ironicamente. Lei rise.
«Nulla ti fa credere che io non lo sia» disse ghignando. «Siamo quasi arrivate comunque, per di qua».
Percorse con l'auto una strada abbastanza illuminata da alcuni lampioni e insegne, anche se i negozi erano tutti chiusi, poi rallentò e girò a sinistra verso una discesa. La strada era chiusa in fondo da un muro, e sempre sulla sinistra c'era una sorta di garage.
«Giuro che dentro non è così spaventoso» affermò slacciandosi la cintura di sicurezza.
«Lo spero» dissi più a me che a lei.
Scesi dalla macchina e lei aprendo la serratura con una chiave presa da sotto lo zerbino alzò la serranda, provocando un forte fracasso nel bel mezzo del silenzio della sera. Entrò dentro al garage e mi disse di seguirla. Schiacciò l'interruttore della luce e piano piano la stanza si illuminò, lasciandomi meravigliata. La parte destra era tutto un insieme di quadri appesi, disegni, fotografie. Persino i muri erano dipinti. Al centro vi era un divanetto a due posti, mentre a sinistra era impossibile non notare un telo viola appeso tramite una corda da una parte all'altra nell'angolo della stanza e vicino ad esso, invece, un enorme sfondo di polistirolo bianco con alcuni aggeggi strani che assomigliavano a riflettori.
«Wow, ma- non credevo- oddio» fu tutto quello che riuscii a dire.
«Scusami il disordine» disse lei tirando giù la serranda con il manico di un ombrello. «Come ti sembra?» disse poi girandosi verso di me.
«È stupendo, ma che cos'è?» dissi ridendo.
«È un vecchio bilocale di un amico di mio zio. Quando ci siamo trasferiti ad Upper Slaughter, mi ha dato il permesso di usarlo come specie di "angolo artistico"» disse. «Guarda pure in giro, se vuoi» aggiunse poi con le mani nelle tasche della giacca di jeans.
Camminai per la stanza e rimasi sorpresa alla vista di tutti quei disegni sparsi sopra un grande tavolo di legno, alcuni finiti, altri incompleti. C'erano disegni ovunque: a terra, sul tavolo, sulle pareti. Raffiguravano quasi tutti soggetti femminili, alcuni erano crudi e violenti. 
«Frida Khalo» dissi tra me e me quando notai un disegno il cui soggetto assomigliava alla nota artista messicana. La riconobbi dal suo celebre monociglio.
«Proprio lei» affermò. Camminai ancora.
«Questo qui mi ricorda qualcosa» commentai ridendo, indicando una caricatura di Luke che lo ritraeva con i bulbi oculari di fuori in un'espressione spaventata e gli spaghetti sulla testa. Rise anche lei.
«Sì, mi piace ricordare alcuni aneddoti o momenti che mi colpiscono particolarmente disegnandoli, quando non ho potuto fare foto in quel determinato istante»
«Sono bellissimi» dissi meravigliata.
Continuai a camminare per tutto il perimetro della stanza ma ad un tratto mi fermai ad osservare un quadro. Riconobbi la felpa della ragazza e gli occhi e i capelli raccolti, il frullato in mano e il muretto su cui era seduta. Ero io.
«Che c'è? Cosa hai visto?» disse Eco venendo vicino a me.
«Sono io, questa?» domandai, e lei rise.
«Sì, sei tu,» aggiunse poi, «ma non è ancora finito, devo sistemare alcuni particolari. Vedi qui, gli occhi? E anche il naso devo farlo meglio».
Indicò il quadro ed io sorrisi arrossendo.
«Perché hai deciso di dipingermi?» chiesi. Lei osservò il disegno.
«Te l'ho detto prima il perché. Se ti ho disegnata allora vuol dire che mi hai colpita particolarmente in quel preciso momento» rispose, «E perché non penso che tu sia una tela o una pagina bianca, come dici di essere. Guarda tu stessa che cosa sei».
A quel punto mi si fermò il cuore. Come fa a sapere di... questo? Pensai in silenzio.
«E nessuno mi aveva mai detto che assomiglio a un pentagono blu e allo Stregatto. Lo Stregatto è figo ma cazzo, è inquietante» affermò.

Girl ~Billie Eilish~Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora