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Sono giorni ormai che faccio lo stesso identico incubo

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Sono giorni ormai che faccio lo stesso identico incubo.

Siamo al mare. C'è molto vento, siamo sulle coste rocciose italiane, però è una giornata soleggiata. Mamma e papà sono seduti ai tavolini di un bar, stanno mangiando qualcosa con il mare alle spalle. La gente in spiaggia prende il sole sui teli stesi su quelle fottute rocce, che ti fanno male alla schiena. È una bella giornata insomma. Mamma indossa un cappello di paglia e papà ha gli occhiali da sole e sta leggendo il Giornale. Io sono piccola, ho nove anni e Francesco quasi due. Prendo la sua manina e mi dirigo con lui e Aurora verso la scogliera, che si trova dalla parte opposta del bar. È una scogliera molto lunga e mamma mi dice di fare attenzione e di tornare il prima possibile: "per Franci è pericoloso perché è piccolo e può cadere da un momento all'altro", mi raccomanda.
Quando arriviamo all'inizio della scogliera sento una goccia bagnare la spalla. Noi continuiamo a camminare, anche se Francesco e Aurora vogliono tornare indietro. Pian piano inizia a piovere e la gente intorno a noi scompare, svanisce dal niente. Scompare il bar, scompaiono mamma e papà. Anche la scogliera all'improvviso non è più una scogliera, ma si trasforma in un enorme ponte di cemento chilometrico e senza fine.
Apparentemente senza fine.
Tutto si fa grigio, non riusciamo a vedere quasi nulla ma continuiamo a camminare in avanti. Francesco mi lascia la mano e inizia a correre verso la tempesta. Io e Aurora lo inseguiamo e facciamo attenzione a non inciampare in qualche crepa. Grido il nome di mio fratello ma lui non si gira e continua a ridere, avvicinandosi sempre di più alla fine del ponte. Riesco ad afferargli il braccio in tempo. Se avesse fatto anche solo un altro passo sarebbe caduto in mare, perché l'altra metà del ponte si era spezzata.
Poi gli dico di tornare indietro.
Mi ascolta e facciamo retro front.
Penso a cosa avrebbero detto mamma e papà se Francesco fosse morto. Per colpa mia. Non mi avrebbero rivolto più la parola.
Sono spaventata, accelero il passo per tornare il più velocemente possibile alla spiaggia e gli dico di stare dietro di me con Aurora, così in caso ci fosse stato un buco lo avrei potuto vedere e mi sarei potuta fermare prima. Per non far cadere loro due.
Il mare intanto è nero e le onde picchiano ai lati il ponte.
Dal cielo sentiamo un tuono assordante.
Ho paura dei temporali, così corro in fretta spaventata lasciando Francesco e Aurora dietro di me e

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