9. Non voglio pensare a te tutto il giorno

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Alla fine mi arresi.

«Prego Fata, salga pure» disse sorridendo aprendomi la portiera dell'auto. Ringraziai e sorrisi anche io. Fece salire Aurora nei sedili posteriori, che erano coperti da un telo verde, e lei stette lì ferma come una mummia. Salì infine anche Eco e mise in moto la macchina, poi partì.

«Sai che quella non è la tasca di Doraemon, vero?» disse ironicamente dopo qualche minuto. «Dovresti usare una borsa se vuoi metterci dentro tutte quelle cose.»

«Non mi piacciono le borse» affermai onestamente.

«Nemmeno a me,» disse «infatti io uso lo zaino.»
Sorrisi e non aprii bocca, non sapendo cosa rispondere. Mi limitai a cercare di non fissarla troppo. Era la ragazza più bella che io avessi mai visto in vita mia. Era perfettamente perfetta. Aurora abbaiò, riportandomi alla realtà, come se mi avesse appena detto "piantala di guardare la mia padrona come fosse un'opera d'arte in un museo" .

«Aurora smettila!» la rimproverò Eco. Quel cane era letteralmente un mostro dal cuore tenero e, seppur fosse gigantesco, ora che la guardavo bene aveva un viso anche simpatico.

«Che razza è?» domandai curiosa.

«È un Bovaro Delle Fiandre, una razza francese. Mia madre era parigina e mi disse che quando lei era piccola ne aveva uno uguale, ma bianco. Era stata lei a scegliere il nome per Aurora.»

Ha detto era?

«Ormai sta diventando vecchia» disse girandosi verso il cane «Ed è triste pensare che noi padroni siamo le uniche persone che i cani hanno nel corso di tutta la loro vita, mentre invece noi abbiamo loro solamente per qualche anno» affermò poi.
Sorrisi senza dir nulla, perché quello che diceva era tristemente vero e non sapevo cos'altro dire.

Allora oltre ad essere italiana ha anche origini francesi... Pensai. Ma sua madre, è morta? E quell'uomo che avevo visto? Forse suo padre?

«Tu non parli molto, non è vero?» disse ridendo.

«Come?» dissi distrattamente, e lei rise.

«Dico,» affermò ghignando «non sei una ragazza che parla molto.»

«Non saprei cosa dire» risposi.
Sorrisi e guardai fuori dal finestrino.

«Secondo me hai molto da dire, invece» affermò. Aprii la bocca per rispondere, ma in quell'istante sentii il mio telefono vibrare. Lo presi in mano e, a proposito di madri, era mia madre. Merda, avrei dovuto chiamarla prima!

«Aspetta, così senti meglio...» disse Eco abbassando il volume della musica alla radio. Ringraziai e risposi alla telefonata.

«Pronto?» dissi intimorita.

«Billie! Avevi detto che mi avresti chiamata, ti ho inviato mille messaggi ma non hai risposto! Mi sono preoccupata! Sono passate due ore, ci è voluto così tanto? Non era di venti minuti il colloquio? Dove ti trovi?»
Io sperai con tutta me stessa che Eco non avesse sentito le sue grida umilianti. Chiusi un secondo gli occhi imbarazzata ed Eco sorrise.

«Lo so, scusa, ho finito ora... sto tornando a casa. Non c'è bisogno di urlare.»

«Va bene, Billie. Ma che sia l'ultima volta che te lo dico! Pensavo fossi svenuta o fosse successo qualcosa di grave!» esclamò.

Be', in effetti... Pensai.

«Va tutto bene, mamma, non ho sentito il telefono» mi giustificai.

«Bugiarda» pronunciò dal nulla Eco, sorridendo. Ok, capii allora che poteva sentire mia madre dal telefono.
Cazzo...

«Come è andata? Ti ha assunta?»

«Sì, mi ha assunta... inizio oggi, dopo pranzo»risposi.
Eco mi guardò perplessa, poi tornò con gli occhi sulla strada.
«Ci sentiamo dopo, mamma. Ti racconto tutto a casa, ciao» dissi, e velocemente riattaccai. Feci un respiro profondo e misi il telefono sulle ginocchia.

«Le madri sono sempre troppo preoccupate per nulla» disse Eco.

«La mia è insopportabile, non ne posso più. Voglio trasferirmi in una collina lontano da tutti e soprattutto da mia madre. Mi sentirei meno sola, stando da sola» affermai massaggiandomi le tempie. Eco sorrise.

«Ti capisco. È quello vorrei fare anche io. Vivere da sola» disse. «Dove ti hanno assunta?» chiese poi cambiando discorso.

«Emm... al Sam's Variety Store» risposi.

«Ah» pronunciò.

«Lo conosci?»

«Conosco il proprietario, Jack» disse ghignando.

Dimmi che non stai insieme a lui, ti prego. Non può peggiorare più di così la giornata... Pensai.

«È... simpatico...» mentii.

«Non so la tua concezione di simpatico, ma quel ragazzo è tanto bello quanto ripugnante» disse lei, ed io scoppiai a ridere sollevata da quella sua affermazione. Rise anche lei tirando il freno a mano, e solo allora mi resi conto di essere di fronte a casa mia.

«Grazie per il passaggio»

«Figurati» disse lei guardandomi. La guardai anche io e mi slacciai la cintura di sicurezza.

«Aspetta, Billie,» mi fermò mentre aprivo la portiera. Mi guardò con quei suoi grandi occhi stupendi e sorrise, «ti sono scivolate le chiavi dalla tasca» disse poi porgendomele.

«Ah, grazie ancora.»

«Ti sono caduti più oggetti in questa mezz'ora che in una vita intera.»

«Devo assolutamente comprare uno zaino» dissi.

«Uno zaino è d'obbligo. Mangia qualcosa e bevi l'acqua, mi raccomando. Non voglio pensare a te tutto il giorno»

«Lo farò» dissi.
Sorrisi e mi voltai per andare verso la porta di casa.

«Billie,» mi chiamò di nuovo dopo qualche secondo. Mi girai e la guardai sorridere, «buona fortuna per oggi!» disse.

«Grazie mille, Eco»

Annuì e mise in moto la macchina. Mi girai e non appena sentii il rumore dell'auto che partiva feci un respiro profondo.
Cazzo, cazzo, cazzo.

Quando entrai in casa, il cuore sembrava stesse saltando fuori dal petto. Le gambe tremavano come foglie, la testa mi girava, le mani mi sudavano. Ma non era per colpa del calo di zuccheri di pochi minuti prima. Era per colpa sua.
Salutai mia madre, che mi tempestò di domande alle quali risposi distrattamente. Bevvi un bicchiere d'acqua e diedi un morso ad un biscotto mentre lei mi seguiva per tutta la cucina. Poi, dopo averla tranquillizzata mentendole spudoratamente riguardo alla mia opinione sul nuovo lavoro, andai in camera e mi stesi sul letto fino a quando mi addormentai, con il cuore che non smetteva di battere più veloce della luce.

Girl ~Billie Eilish~Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora