Eco
Mi accesi una sigaretta e mi avviai verso il mini frigo.
«Vuoi una birra?» dissi aprendolo. L'aria fresca che mi colpiva il corpo era veramente piacevole. Ero alquanto accaldata, sia perché era giugno sia per l'orgasmo avuto poco prima con Billie.
«Sì, grazie» rispose.
«No, niente birra. Cazzo, hai diciassette anni. Tieni una Cocacola»
«Ma allora perché me l'hai chiesto?»
«Per capire se sei davvero la Fata Turchina» affermai prendendola in giro. Lei sorrise. «Quando compi gli anni, a proposito?» domandai andando verso di lei, passandole la lattina. Volevo farle un bel regalo.
«Dicembre. Il 18»
«Bene»
«E tu?»
«Giugno. Il 18»
«Allora è tra poco! E siamo nate lo stesso giorno»
«Era una cazzata, sono nata il 24 agosto»
«Hai finito di mentirmi senza una ragione?»
«Volevo vedere la tua reazione. Eri molto carina, tutta entusiasta. Adesso alzati che tiro giù il divano, così stiamo più larghe».
Ora che il divano era diventato un letto ci sdraiammo l'una vicino all'altra. Mi sentivo bene di fianco a lei.
Senza che io le dicessi nulla si tolse la maglietta e i pantaloni, mettendosi semi seduta. Io le guardavo la schiena perfetta e i suoi capelli color argento, incantata, mentre sorseggiavo la mia birra. Ero felice che si sentisse così a suo agio, ricordandomi di quella volta a casa mia, quando ci eravamo baciate, che mi aveva chiesto di girarmi mentre si cambiava la maglia.
«Avevo caldo» disse.
«Ringraziando Dio non ho un condizionatore» commentai, facendola ridere e arrossire. Diedi l'ultimo tiro di sigaretta e la spensi sul posacenere nel comodino, poggiando anche la bottiglia di vetro.
«Puoi alzarti a spegnere la luce? Sono comoda»
«Me lo chiedi solo per vedermi tutta in mutande e reggiseno, non è così?» disse. Io mi lasciai scappare un sorriso, per essere stata scoperta.
«Sei più furba di quel che pensassi» pronunciai. Lei sorrise imbarazzata e scese dal divano, mostrandosi in tutta la sua bellezza. Le sue curve, la sua pelle, le sue gambe. Erano semplicemente la perfezione più pura. «Wow» mi venne spontaneo dire a bassa voce. La immaginavo completamente svestita. Per me lei era quello che io ho sempre definito arte. Era solo da trasferire in una tela.
«Fine dello spettacolo» disse, e subito dopo spense la luce.
«Peccato»
Tornò vicino a me, ed io riuscivo solamente a intravedere la sua sagoma nel buio.
«Mi sono sempre chiesta per quale motivo di notte si è più propensi a fare le confessioni più profonde» affermò dal nulla, dopo qualche minuto di silenzio.
«Forse perché si è più stanchi. Tu non sei stanca? È stata una lunga giornata per entrambe» dissi, sbadigliando.
«Sì, hai ragione» rispose. Io chiusi gli occhi. Volevo dormire, mi sentivo al sicuro, come un bambino nel lettone in mezzo a mamma e papà.
«Sai, la caffeina della Cocacola mi ha fatto passare il sonno»
«Dove vuoi arrivare, Billie?» le chiesi mantenendo gli occhi chiusi. La sentii girarsi e mettersi a pancia in giù.
«Ti posso fare una domanda senza che tu ti arrabbi?» disse con la guancia sinistra appoggiata alle braccia. Girai la testa verso di lei e sorrisi.
«Dipende» dissi poi tornando a guardare il soffitto, «Di che domanda si tratta?»
Attenta a quello che dici, Bill. Pensai.
Si appoggiò sui gomiti e mi guardò.
«Tranquilla, non si tratta del tuo tatuaggio. So che non me ne vuoi parlare» rispose poi, ed io sorrisi sollevata.
«Mh. Quindi?»
«Aurora» rispose.
«Cosa vuoi sapere sul mio cane?» domandai ridendo.
«Non ho mai sentito un cane chiamarsi "Aurora". È un nome di persona e volevo solo sapere perché avete deciso di chiamarla così» disse.
La guardai per qualche istante in silenzio solo per metterla in imbarazzo, ma nel frattempo non riuscivo a smettere di sorridere. Sorridere mi ha sempre fatto sentire debole, quindi cercavo di farlo il meno possibile. Con Billie non era così semplice.
«Ok te lo dirò» affermai, e lei spalancò leggermente gli occhi sorpresa. Tornai a guardare in alto. «Chi ha deciso di chiamarla Aurora è la stessa persona che ha deciso di chiamarmi Eco»
«Tua madre?»
«Esatto. Ed è buffo perché Eco sembra il nome di un cane» dissi ridendo.
«Non è vero. Io amo il tuo nome. È strano, come il mio»
«Io lo detesto. Mia madre studiava il greco e il latino e sapeva a memoria tutti i cazzo di miti delle Metamorfosi di Ovidio»
«E che c'entra con il tuo nome?»
«C'entra perché in un mito si parla di una ninfa, di nome Eco. Lei era innamorata follemente di un ragazzo, chiamato Narciso, però a causa di una maledizione le venne tolta la voce e venne costretta a ripetere le ultime parole che sentiva pronunciare. Così non riuscì mai a confessare il proprio amore per Narciso, perché lui pensava che lei lo stesse prendendo per il culo»
«Ma... è una storia terribile...»
Mi girai di lato con il mio viso vicino al suo e continuai a raccontare la storia senza sforzare troppo la voce. Intanto giocavo con le sue ciocche.
«Proprio così. Infatti Eco si prosciugò dal pianto e di lei non rimase nient'altro se non la voce che riecheggia tra le montagne, quando qualcuno parla: proprio l'eco. E Narciso fa ancora una fine più di merda perché fu portato davanti a una sorgente e, anche lui per una maledizione, si innamorò perdutamente del suo riflesso. Si innamorò a tal punto da morire di fame e di sete, perché non riusciva a distogliere lo sguardo da sé»
«Oh...»
«È un po' inquietante, sì. Evidentemente a mia madre piaceva»
«Piace anche a me. Adesso ancora di più». Sorrisi.
«Mh, già. Ma la domanda era su Aurora, ho divagato»
«Tranquilla»
«Aurora. Aurora significa alba, no?»
«Sì» annuì lei.
«Ecco. La prima luce che vedi al mattino subito dopo la notte è proprio l'aurora»
«Vai avanti»
Sospirai, perché ricordare era doloroso.
«Avevo sei anni quando l'abbiamo trovata in strada, e abbiamo deciso di portarla a casa con noi. Mia madre lo aveva deciso, in verità. Mio padre non la voleva. Aveva svariate ferite sul muso e sul corpo, aveva le pulci, era sporca, molto probabilmente i suoi padroni la maltrattavano. La picchiavano. Era magrissima e tutta malconciata» dissi.
All'improvviso lei si sdraiò su di me e mi baciò.
«Continua» pronunciò sorridendo tra le mie braccia, posando la sua guancia al mio seno. Strinse la sua mano alla mia, mentre con l'altra le accarezzai la testa e continuai a raccontare.
«E allora, forse per solidarietà femminile, la portammo dal veterinario e in poco tempo si riprese, ma mia madre non voleva lasciarla andare. Quello non era un bel periodo per i miei. Non credo che tra loro ci sia mai stato un buon periodo in verità» dissi quasi ridendo, continuando ad accarezzare Bill. «Litigavano sempre. Cazzo, ora che ci penso non c'era mai silenzio in casa mia. Mio padre era sempre ubriaco, mia madre sempre a piangere. Forse quel cagnolino era per lei la rappresentazione di se stessa. Ignorata, abbandonata. Entrambe chiedevano aiuto e pietà e non venivano ascoltate da nessuno. Alla fine rimase con noi a casa, anche se era già adulta e non era affatto bella. Non ha mai avuto un bel pelo, aveva il muso leggermente deformato. Era buona, però. E nonostante le botte prese in precedenza, non ci ha mai fatto del male. Aurora è mia madre, sono la stessa cosa. E be', ecco, lei, mia madre appunto, era fissata con una frase. Non so se la ricordo bene, ma faceva più o meno così:» pensai qualche secondo. «"Più buia è la notte, più vicina è l'aurora"» dissi infine. «E allora decise di chiamarla Aurora. È una stronzata, lo so. Come la storia di Eco»
«No, non è affatto una stronzata. È molto poetico, invece»
«Ma... Fata, stai piangendo?» le dissi quando mi accorsi che le erano scese due lacrime dagli occhi.
«Ora capisco il motivo per cui tu sia così tanto attaccata ad Aurora» disse, con la voce strozzata. La abbracciai forte. Quello era un pianto liberatorio. Le serviva piangere in quel momento, le serviva scaricare tutta la tensione della giornata. E forse della sua vita in generale.
«Tu, Aurora e tua madre ne avete passate tante» disse attaccata a me.
«Non è importante. Quello che conta è questo, Billie, ascoltami bene. Ogni giorno, ogni cazzo di volta che penso di non riuscire a farcela me lo ricorda lei: che non si deve mai perdere la speranza, perché la luce di una nuova aurora arriverà sempre, anche quando la notte sembra essere eterna. Vale pure per te, hai capito?»
Mi strinse ancora di più, singhiozzando.
Ci addormentammo in questo modo, abbracciate l'una all'altra, con il calore dei nostri respiri sul viso e i cuori che battevano vicini.
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Girl ~Billie Eilish~
FanficBillie è una ragazza di diciassette anni che ha sempre vissuto nell'ombra. Dopo la morte del padre, il fidanzamento della madre e la perdita delle sue due uniche migliori amiche, Billie non si sente parte di questo mondo e sfoga i suoi malesseri par...