42. Questa sera si festeggia

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Varcai la soglia della casa di Kim con occhi curiosi, ammirando l'elegante arredamento che mi circondava. Le pareti dai colori tenui, i quadri ben posizionati e un'atmosfera accogliente mi colpirono all'istante. Nonostante l'aria serena, notai che Kim non stava bene per niente. Pur malata, mi sorrise calorosamente come a suo solito e mi condusse verso una sorta di salotto. Mi sedetti allora sul divano, mentre Kim si accomodò su di un letto, circondata da cuscini morbidi. Carla le si sdraiò sulla pancia e lei la accarezzò dolcemente, facendola pian piano addormentare.
«Mi dispiace per il mio stato di oggi,» disse con voce gentile, «ma sono felice che tu sia qui, Billie. Prendi pure una caramella»
«Non ti devi dispiacere. Anzi, avremmo potuto rimandare l'incontro a settimana prossima, al centro» risposi prendendo da una ciotola sul tavolino di vetro la caramella. Lei tossì.
«Non credo di tornare al centro settimana prossima. Ho chiesto alla signora Anna di scriverti una mail giorni fa. "Sì sì certo Kim gliela mando subito!", e poi niente. Se non glielo avessi ricordato oggi saresti andata al centro inutilmente. Ti chiedo scusa» disse. Io sorrisi. «Volevo vederti, sapere come stai. Che mi racconti? Ti vedo meglio»
«Sto meglio, a dir la verità»
«Eco?»
«Sì», e non riuscii a trattenere il sorriso.
«Ho riconosciuto la sua maglia. Vi siete chiarite?»
«Sì»
«Immaginavo»
«Ma non voglio parlare di lei oggi, in realtà» dissi, ricordandomi delle parole di Eco.
«Oh, ma certo»
«Praticamente... ho perso una scommessa con un amico...» pronunciai sembrando credibile, «e per questo dovrei cantare davanti a delle persone e, magari, perché no, guadagnare qualche soldo. Ho una paura fottuta perché non ho mai cantato di fronte a estranei e volevo parlarne. L'ansia mi sta logorando»
«Non chiamarla ansia, chiamala emozione. Cambia tutto»
«Allora sono emozionata. Tanto»
«È normale! È la tua prima volta. Non sapevo sapessi cantare. Canterai per strada?»
«Ecco... no. Sarebbe meglio in qualche ristorante o locale. Per strada posso al massimo guadagnare qualche sterlina e no, per strada no»
«Ho capito. Potresti esibirti al Literary Cafe una sera. Ti aiuterebbe anche a far uscire quello che hai dentro, sono sicura che hai una voce magnifica, Billie. Mio fratello ti darebbe qualcosa sicuramente»
«Be', sarebbe fantastico!»
«Cercava proprio qualcuno che sappia cantare e suonare il piano»
«Io so cantare e suonare il piano!»
«Già a partire da dopodomani sera»
«Io sono libera dopodomani sera!»
«Allora è fatta, lo chiamo subito»
«Sì, ti ringrazio infinitamente Kim!»
«Però ad una condizione»
«Oh...»
«Quella della scommessa è una cazzata»

Merda. Pensai. Ce l'avevo quasi fatta. Mi ero scordata che era un'impresa mentire con Kim. Cercai di rimanere impassibile.

«Voglio che mi dici a cosa ti servono davvero quei soldi, Billie»
«Ho... solo perso una scommessa. A me basta esibirmi, anche senza soldi. Quelli sono un'aggiunta» dissi.
«Non mentire con me»
«Non sto mentendo»
«Sai, mi fa strano che tu non voglia parlarmi di Eco»
«È così. Nella mia vita non esiste solo lei»
«Sì, hai detto una cosa molto giusta. Tuttavia temo che quei soldi servano in realtà a Eco per saldare qualche debito per una cosa in cui tu, Billie, non c'entri proprio niente. E non dovresti farti carico dei suoi problemi, né quelli interiori né quelli fuori di lei, perché hai appena diciassette anni e non ne sei in grado. E credo anche che lei ti abbia detto di non dirmi nulla non perché tema che io chiami la polizia o vada a spifferare tutto in giro, perché Eco è bene a conoscenza di una cosa di noi psicologi che si chiama segreto professionale. Lei non vuole che tu me ne parli perché ha il terrore che io ti dica di separarti da lei, che è pericoloso il vostro rapporto e che potrebbe danneggiarti. E lei no, non vuole questo. Non vuole separarsi da te. O meglio, lei sa che sarebbe più giusto così e probabilmente ci ha pure provato a dirti che vi dovete lasciare, perché non vuole farti del male. Anche se te lo fa eccome, ma non te ne accorgi perché sei innamorata pazza di lei».
Rimasi in silenzio, con gli occhi lucidi. Il suo sguardo così serio mi toccava l'anima e mi scesero due lacrime, che mi asciugai in fretta.
«Quanti soldi?»
«No»
«Billie-»
«Non voglio soldi da te, Kim. Voglio solo... poter cantare»
«E allora canterai. Ma a me puoi dire qualsiasi cosa, Billie. Non farò niente, non chiamerò la polizia, non lo dirò a tua madre, non ti obbligherò a mollare Eco. Ma è per la tua sicurezza. Io posso aiutarti, se solo me ne parlassi»

Raccontai tutto, per filo e per segno.

***

Eco

Il sole si specchiava nei colori accesi dei miei pennelli mentre dipingevo ritratti e caricature nella piazza, facendo ridere le famiglie che si riconoscevano nei disegni. La gente passava, alcuni incuriositi dalla mia arte, altri troppo presi dalla fretta per darvi un'occhiata. Avevo esposto qualche mia opera e posizionato a terra un cartello che indicava il mio prezzo: 20£ per un ritratto fatto con amore e dedizione. Sì, con amore e dedizione.

Ma vaffanculo! Questa è prostituzione dell'artista nei confronti dell'arte! Sto vendendo la mia arte a degli zoticoni! Pensai invece mentre ritraevo una coppia di turisti che si baciava.
«Hai finito? Mi sta venendo una paralisi facciale» disse lui in modo scontroso.
«Ho finito di dipingere te da dieci minuti» risposi, innervosita. «Manca qualche dettaglio e ho finito... ecco» aggiunsi girando verso di loro il cartoncino su cui avevo disegnato. La ragazza spalancò gli occhi e sorrise in modo quasi maniacale, esclamando "È bellissimo!" con tutta la forza che aveva. Sorrisi falsamente, poi spensi la sigaretta e la buttai a terra, dove c'erano tanti altri miei mozziconi sparsi.
«Sono 20 sterline allora»
«Facciamo 10»
«Se vuoi lo spezzo a metà» dissi. Lui alzò gli occhi al cielo e alla fine la sua ragazza lo convinse a darmi la banconota da 20.
Americani... borbottai quando se ne andarono. Mentre mettevo in una scatola i soldi che avevo fatto, sentii una presenza sedersi sullo sgabello.
«Senti, stavo per andarmene via, se vuoi sono qui anche domani-» affermai.
Quando mi alzai da terra vidi Billie che mi fissava ridendo. Non riuscii a trattenere la mia gioia nell'incontrare il suo sguardo.
«Un ritratto non me lo fai? Ti posso pagare» disse ironica. Io risi.
«A te sì. Mettiti comoda».
La piazza si trasformò in uno sfondo dinamico mentre mi concentravo su ogni dettaglio del viso di Billie. Ogni tratto, ogni sfumatura, doveva raccontare la storia di lei e far trasparire la sua bellezza.
«Come è andata la giornata?»
«Ho fatto 55 sterline»
«Come è possibile?»
«Mi sono comprata le sigarette» risposi. Lei sorrise e scosse lievemente la testa. «E a te come è andata dalla strizza cervelli?»
«Bene, mi ha... strizzato il cervello»
«Ottimo»
«E dopodomani sera mi esibisco al Literary Cafe» disse soddisfatta, dal nulla.
«Cosa?! Quel locale tutto chic?» pronunciai sorpresa.
«Già già»
«Cazzo. Dici che posso venire anche io?»
«No, non verrai»
«Per quale motivo?»
«I posti sono prenotati»
«Invece in qualche modo ci sarò anche io. Metterò il mio più bel vestito»
«No, non riuscirei a cantare e suonare davanti a te»
«Non essere sciocca»
I minuti sembravano volare mentre parlavamo e intanto il mio pennello danzava sul foglio. Alla fine, rivelai il ritratto a Billie. Il suo sguardo si illuminò di sorpresa e gioia.
«È perfetto» disse.
«Perché il soggetto è perfetto» affermai, «Questo lo tengo io. Mi piace, è venuto bene». Mi fermai appena in tempo a non dire che lo avrei spedito insieme ad altre mie opere per il contest, perché si sarebbe sicuramente intristita.
«Questa sera si festeggia» pronunciai ghignando.

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