La Festa

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Avevamo appena parcheggiato e ci stavamo dirigendo verso l'imponente porta d'ingresso del Rifugio.
Tutti erano vestiti di tutto punto. Ad ogni passo, riuscivo a sentire il mio destino avvicinarsi sempre di più. Avrei voluto girare i tacchi e correre a casa. Sì, anche con i tacchi. Ero così disperata...
"Oh, questo sarà un toccasana per la nostra posizione nel branco" disse mamma, ignara del mio tormento. "Non vedo l'ora di incontrare l'Alfa. Giuro che se avessi qualche anno in meno...".
"Mamma, per favore" implorai. "Smettila".
Per fortuna, mia madre si distrasse di nuovo, velocemente, e non fui costretta a spiegare perche avevo così tanto bisogno che stesse zitta.
Il calore mi stava giocando brutti scherzi, in quel momento. Per tutto il giorno avevo cercato di reprimerlo, ma ora... ora aveva deciso che era un buon momento per cercare di impadronirsi del mio corpo.
Proprio mentre stavamo partecipando alla cena. Per favore, implorai ancora una volta il mio corpo accaldato. Non ho tempo per questo.
Fanculo, mi rispose lui. Ugh, stavo avendo delle conversazioni con il mio corpo. Era semplicemente sbagliato. Maledetto calore.
Una receptionist umana ci accolse e ci condusse nella sala da pranzo.
I lampadari, vecchi ritratti di ex Alfa e una dozzina di tavoli apparecchiati con posate d'argento degne di un re, non di un mucchio di gente comune come noi.
Quando ci accomodammo, notai che il nostro tavolo era il più vicino a quello dell'Alfa.
Coincidenza? Ricordai lo strano sguardo persistente di Jeremy quando aveva portato l'invito a casa nostra.
Ma non ci feci caso. Si, era una coincidenza. Doveva esserlo.
Dal mio posto, avevo finalmente un buon punto di vista per giudicare le altre signore presenti.
Non ero decisamente la più bella, questo era certo. C'erano altre giovani donne, dell'età dell'Alfa, sui vent'anni, che erano semplicemente squisite.
Con le loro gambe lunghe e snelle, le loro labbra piene e i loro scintillanti occhi dorati, sapevo che non c'era modo di reggere il confronto.
Io ero formosa, i miei capelli rosso fuoco cadevano selvaggiamente sulla mia schiena, e i miei occhi blu ghiaccio erano meno... tradizionali, credo. Ma quello che mi mancava in raffinatezza, sapevo di recuperarlo in forza di carattere.
Nessuno in quella stanza bruciava più intensamente. Nel bene e nel male.
"...cosa ci fa qui una ragazza come quella?" sentii sussurrare una delle donne alle sue amiche, che presero a ridacchiare insieme a lei.
Stronzette maligne.
Mi avevano giudicata, ma neanche loro facevano parte della nobiltà, nonostante fosse chiaro si ritenessero reali.
To sapevo esattamente cos'ero, e non ero una lupa sottomessa che implorava di essere cavalcata da un importante lupo del Rifugio del Branco.
Io lottavo per un ideale.
Da qualche parte là fuori c'era un compagno che valeva la pena aspettare. Qualcuno che mi avrebbe guardato negli occhi e mi avrebbe scrutato l'anima. Qualcuno che, a prima vista, mi avrebbe amata. E io, avrei amato lui.
Qui nel Rifugio del Branco non c'era niente da vedere.
Avevo quasi pensato di andarmene in quel momento, quando notai uno dei ragazzi di un altro tavolo che mi guardava la scollatura. Non sapevo spiegare perché, ma ne ero lusingata.
Proprio in quell'istante, una donna varcò la soglia e gli occhi del ragazzo si spostarono immediatamente su di lei.
Tutti, anche le donne, la fissarono. Abbronzata, alta, con un collo da cigno, indossava il suo abito rosso con la grazia di una regina, non di un lupo mannaro.
"È lei!" sussurrò Bella. "Quella è Marilyn. la ex di Elijah Norwood. Ed ecco il suo nuovo uomo".
Accanto a Marilyn c'era un biondo dai capelli a spazzola che tutti conoscevano. Era il Beta dell'Alfa, il suo braccio destro. Josh Daniels. La baciò sulla guancia e prese posto accanto all'Alfa.
Mi chiesi se lui e Elijah potessero essere ancora amici visto che Josh ora usciva con Marilyn.
Il pensiero non durò a lungo perché, all'improvviso,
Bella e Jeremy mi presero per mano e mi portarono da loro.
Cosa?!
Perché?!
Non avevo chiesto di essere presentata a nessuno. "Marilyn, sei radiosa come sempre", disse Bella.
"Oh, Bella, mi lusinghi. Sei assolutamente splendida con quel vestito" rispose Marilyn. "E chi è questa splendida ragazza? Tua sorella?"
Marilyn mi prese la mano, e improvvisamente mi sentii piena dell'energia più calda e curativa che si possa immaginare. Così tanto positiva che persino il mio calore si calmò.
"E un piacere conoscerti". Lei sorrise. "Sono Marilyn". "Ayla", riuscii a dire.
Supposi, da quel tocco, che Marilyn doveva essere una guaritrice. Nonostante la sua bellezza, era due volte piu gentile della maggior parte delle ragazze li dentro.
Ma prima che potessimo continuare a parlare, fummo interrotte da un sussulto generale.
Mi voltai per vedere l'anima della festa. il signor Elijah Norwood, l'Alfa del Branco, entrare nella sala da pranzo.
Indossava un costoso smoking con una cravatta verde scuro, che rendeva le sfumature verdi dei suoi occhi dorati ancora più evidenti.
I suoi capelli corvini erano arruffati, come se si fosse appena alzato dal letto. La sua mascella era serrata in un sorriso aggressivo.
Dovevo ammetterlo... il solo vederlo era sufficiente a far bagnare qualsiasi ragazza.
"Benvenuti, membri del mio branco" disse, incapace di nascondere un po' del ringhio che aveva in gola. "La cena inizierà tra poco, quindi vi prego di prendere posto".
Anche se la sua affermazione era semplice, persino da gentiluomo, sentii una corrente minacciosa in ogni sua parola. Mi rese tesa. Mi fece venire fame.
Fece risvegliare il calore dal suo sonno temporaneo.
Con un sorriso sbilenco, l'Alfa si voltò verso il suo posto. Non potevo sopportarlo.
Delle vampate mi percorsero il corpo, accumulandosi tra le mie cosce. La mia gola si asciugò, le mie guance si arrossarono a causa del nuovo calore, e dovetti mordermi il labbro per trattenermi dall'ansimare.
Datti un contegno! urlai mentalmente a me stessa. Non perderai il controllo davanti a tutti, capito?
Elijah si sedette accanto a Josh e Marilyn e, con mia sorpresa, chiacchierò calorosamente con entrambi.
Quindi le voci non erano vere. Non era questo che lo tormentava. E allora cosa?
Avevo imparato una cosa o due sui tormenti. in quel momento. Il calore mi stava silenziosamente facendo a pezzi.
Durante la stagione, era risaputo che un licantropo, sprovvisto di partner. poteva fiutare se qualcuno nelle sue vicinanze era in calore.
Se non stavo attenta, se lasciavo che il mio calore prendesse il sopravvento, quegli uomini non accoppiati avrebbero iniziato a fiutare il mio odore.
Tutto tranne questo implorai mentalmente. Non posso sopportare l'umiliazione.
Essere in calore, in pubblico tra l'altro, era come dare al mondo un invito a scoparti fino allo sfinimento.
Mentre veniva servita la prima portata, il licantropo non accoppiato che serviva il nostro tavolo senti il mio odore e i suoi occhi si illuminarono, il che significava che avevo iniziato a emanare l'odore tipico del calore.
Con la faccia in fiamme, strinsi gli occhi in segno di avvertimento e sostenni il suo sguardo, mostrandogli che non ero interessata.
Era carino, non fraintendetemi, ma non mi stavo conservando per un cameriere a una cena.
Lui si fece subito indietro - mossa intelligente - prendendo le distanze.
Stavo per tirare un sospiro di sollievo quando sentii gli occhi di qualcuno su di me.
Non osai alzare lo sguardo.
Quello sguardo, da qualunque parte provenisse, rappresentava un forte richiamo.
Sembrava intensificare il calore, quasi espandendone le fiamme. facendomi bruciare ancora di più, senza sapere come fosse possibile.
Squittii, incapace di sopportarlo. Le mie mutandine erano diventate improvvisamente umide e il mio stomaco si strinse, rendendo teso anche ogni altro muscolo del mio corpo.
"Non mangi?"
Quasi saltai dalla sedia quando mamma mi parlò. Mi voltai per rivolgerle un sorriso teso e annuii, stringendo i denti.
"Tra un minuto".
Mamma, ignara del mio tormento, fece spallucce e diede prese un boccone del suo salmone. Sembrava delizioso, ma la mia fame era concentrata su qualcosa di diverso dal cibo.
Quegli occhi erano ancora puntati su di me, riuscivo a sentirli. E, peggio ancora, ora ebbi l'impressione che anche gli altri mi stavano guardando.
Il mio odore aleggiava per tutta la sala. attirando l'attenzione di ogni lupo non accoppiato, come per implorare silenziosamente di essere alleviato.
Non avevo scelta. Dovevo andarmene. Ora.
Mi alzai e mormorai un forzato "con permesso", lasciando il mio scialle sul tavolo e camminando il più velocemente possibile fuori da quella dannata sala da pranzo.
Sapevo che era contro le regole andare via a metà del pasto. specialmente in presenza dell'Alfa. Era come un insulto a sua altezza reale.
Non me ne fregava niente.
Mi misi letteralmente a correre in direzione del bagno. Per fortuna era vuoto. Chiusi la porta e mi appoggiai alla parete, respirando pesantemente.
Il sottile strato di seta che mi copriva era di troppo. Le mie mutandine erano di troppo. Tutto era di troppo.
Prima che potessi fermarmi, sollevai l'orlo del vestito fino alla vita. Lasciai scivolare la mano sotto le mutandine e, al contatto del dito sul clitoride, quasi esplosi.
Cominciai a massaggiare senza riuscire a fermarmi. Il calore era ovunque dentro di me. Dentro e fuori, e mi stava consumando.
Mi ero masturbata molte volte prima di questo momento. Era l'unico modo per superare ogni calore senza perdere la testa. Ma l'avevo sempre fatto nell'intimità della mia camera da letto.
Mai in mezzo a tanti lupi affamati. Mai nel bagno del maledetto Ritrovo del Branco.
Non riuscii a trattenere il gemito che mi sfuggi dalla bocca quando insinuai il dito tra le mie labbra bagnate.
La tensione, il bisogno, il fuoco, era tutto straziante. Stavo per esplodere, questa volta per davvero.
Ma poi lo sentii. La porta del bagno si apri e dei passi risuonarono sul pavimento piastrellato. Non il clic acuto dei tacchi delle donne. Il tonfo basso e piatto di... scarpe da uomo.
Mi bloccai e il mio cuore prese a galopparmi nel petto.
Proprio quando stavo per urlare contro chiunque avesse deciso di entrare in bagno per dirgli di lasciarmi in pace, una voce profonda e roca mi batté sul tempo.
"Posso sentire l'odore della tua eccitazione, donna".
Il mio respiro si fermò. Oh. Cazzo. L'Alfa era in piedi proprio fuori dalla mia porta.

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