AYLA
Elijah e io eravamo avvolti l'uno nelle braccia dell'altro, distesi sul tappeto della nostra camera da letto. Eravamo a culo nudo, proprio come lo eravamo stati negli ultimi tre giorni. O forse erano quattro?
Onestamente, l'unico modo in cui avevo tenuto il conto del tempo era il numero di volte in cui avevamo messo in pausa la nostra festa del sesso per ingurgitare del cibo. Secondo la mia stima erano sei.
Ma, a dire il vero, nessuno di noi aveva davvero fame di cibo.
A meno che non fosse burro di arachidi sul corpo di Elijah o panna montata sul mio, il cibo che consumavamo non sapeva di niente. Era come mangiare cartone.
Perché l'unica cosa di cui avevamo fame era l'uno dell'altro.
Qualsiasi altra cosa non era soddisfacente.
Così mangiavamo per sopravvivere, ma ci consumavamo a vicenda per sentirci soddisfatti.
Elijah fece scivolare la punta delle sue dita lungo il mio braccio, facendomi spuntare la pelle d'oca. "Elijah, fermati. Non ho più energia".
Si mise a ridere. "Pensavo che non l'avresti mai detto.
Non ti ho mai visto muoverti così tanto. Non ti ho mai sentito urlare così forte" continuò, annusandomi dietro l'orecchio.
"Sì, beh. È tutto merito tuo".
"No", disse lui, spostando la punta delle dita sul mio stomaco. "È tutto merito del piccolo".
"Pensi che sia finita? Pensi che siamo finalmente al sicuro?", gli chiesi, domandandomi sinceramente quale fosse la risposta. Il gravidore era incredibile. Mi aveva cambiato la vita, e non era un'esagerazione.
Ma non pensavo di poterlo fare ancora.
Non in questo momento, almeno.
Avevo bisogno di riposare.
E avevo decisamente bisogno di fare una doccia.
Aiden avvicinò il mio viso al suo in modo che i nostri nasi si toccassero. Cercai di allontanarmi. "Elijah, non mi lavo i denti da tre giorni", gli dissi.
Ma lui mi tenne lì, rimanendo vicino. "Pensi che me ne importi?"
"Ti amo", gli dissi, intendendolo un milione di volte di più. Mi bacio la fronte e si alzò, tendendomi una mano per aiutarmi ad alzarmi da terra.
La presi, sentendo immediatamente i crampi alle gambe mentre mi alzavo in piedi.
Ma non ebbi il tempo di soffermarmi sul dolore, perchè Elijah mi stava tirando verso di sé. Non in modo lussurioso, ma in modo tenero. "Ti amo, Ayla Mercer-Norwood. Sempre e per sempre".
"Sempre e per sempre", gli feci eco. "Mi piace".
"Ora portiamo i nostri culi sotto la doccia, che ne dici?"
"Ti prego".
Stavamo entrando in bagno ridendo, quando bussarono alla porta d'ingresso. "Tu apri l'acqua così si scalda. Io vado a vedere chi è", gli fissi.
Andai in soggiorno, prendendo una coperta con cui avvolgermi mentre mi avvicinavo alla porta d'ingresso. Sbirciai attraverso la finestra e vidi Roxane, il suo viso pallido, il mascara che le colava sulle guance. Aprii la porta.
"Roxane! Cosa c'è che non va? Stai bene?"
La vidi cercare di dire qualcosa, ma nulla le uscì dalle labbra. Crollò semplicemente, con altre lacrime che le scendevano sul viso e tutto il suo corpo che tremava.
La presi, tirandola dentro e conducendola al divano.
Una volta seduta, corsi in cucina e le presi un bicchiere d'acqua, poi tornai sul divano. "Bevi", le dissi porgendole il bicchiere.
Mi guardò, con gli occhi iniettati di sangue, e portò il bicchiere alle labbra. Dopo che ebbe deglutito, presi il bicchiere e lo misi sul tavolino.
"Ora dimmi, Rox. Cosa c'è? Cos'è successo?"
"Konstantin...", riuscì a dire, prima che un altro singhiozzo si impadronisse del suo corpo. Mi avvicinai a lei sul divano, avvolgendole un braccio intorno. "Lui... è apparso..."
"Lui è qui?!", chiesi.
Lei annuii, e poi scosse la testa.
"Beh, sì, ma... ma non credo che fosse davvero lui. Solo una sua proiezione. Oh, Ayla, non lo so. Non lo so! Ma l'ho visto, era lì, proprio li davanti a me..."
"Dove?"
"Nella mia camera da letto. Ho rotto l'orologio di Josh, e c'era questa... questa roba nera appiccicosa dietro il quadrante dell'orologio, e quando l'ho preso, la roba appiccicosa mi ha bruciato il polso. Guarda!"
Teneva il suo polso davanti a me, ed era rosso vivo.
"Che cos'era?"
"Non ne ho idea. E poi, dopo che mi ha bruciato, ho lasciato cadere l'orologio e questo... questo vapore è uscito! E lui era dentro il vapore!" Gli occhi di Roxane erano così spalancati, così pieni di convinzione, che dovetti crederle.
Sapevo che era melodrammatica, ma non avrebbe mai mentito su questa cosa.
Era troppo importante.
"Pensi che sia pazza? Sono appena corsa fuori di casa. Josh mi ha chiesto cosa fosse successo, ma io... avevo solo bisogno di venire a parlare con te. Tu sei l'unica altra persona a cui è entrato nella mente, Si".
La abbracciai. "Non sei pazza. Ti credo". "Pensi ancora... pensi ancora a lui?" "Konstantin?"
Lei annuì.
"Sì. Tutto il tempo. Quello che mi ha fatto... il potere che ha di immergersi nei tuoi pensieri, nei tuoi ricordi, e semplicemente... manipolarli. E la cosa più spaventosa del mondo".
"E se Josh e Elijah non lo avessero ucciso?", sussurrò Roxane.
"E se fosse ancora là fuori? Voglio dire, deve esserlo, giusto? Se fosse morto, non sarebbe apparso nel vapore dell'orologio. Anche se non era il suo corpo fisico, Ayla, era lui. Ne sono sicura".
"Ti credo", le dissi di nuovo, accarezzandole i capelli. Non credo di averla mai vista così spaventata. E la verità era che anch'io avevo paura.
Ero pietrificata.
Konstantin non era soltanto piombato nella mia mente e aveva fatto un po' di casino. Aveva mandato in coma la mia migliore amica. Sapevamo tutti quanto fosse potente, quanto caos fosse in grado di provocare. È chiaramente non aveva finito con noi.
"Che cosa facciamo?", chiese Roxane Sembrava una bambina.
"Parleremo con i ragazzi. E poi faremo un piano".
"Sento che siamo in pericolo. Sento che sta per succedere qualcosa di brutto".
"Non preoccuparti, Roxane, ok? Ti prometto che ora sei al sicuro. Noi siamo qui. io sono qui. Non vado da nessuna parte. Dobbiamo solo essere oneste l'uno con l'altro. Dobbiamo dirci tutto quello che sta succedendo, così possiamo rimanere aggiornate".
Roxane annuì. "Sicuramente. Onestà, comunicazione aperta sempre".
Prese fiato, guardandosi i piedi, e quando torno a guardarmi vidi nei suoi occhi qualcosa di diverso dalla paura. Qualcosa di più simile alla vulnerabilità. "Mi dispiace, Si".
"Per cosa?", le chiesi dolcemente.
"Per aver rivelato il tuo grande segreto. Per aver monopolizzato l'attenzione. Per non... per non essere riuscite a parlare da quando mi sono svegliata e tutto il resto. Io... sono rinvenuta, e ho visto che tutti avevano vissuto le loro vite mentre ero in coma, sai? Andavano avanti come se nulla fosse cambiato. Sembrava... così ingiusto".
Le presi la mano e la strinsi. "Va tutto bene, Roxane. Capisco..."
"No, è stato egoista da parte mia. Più che egoista. Non voglio sentirmi così distante da te, voglio che possiamo appoggiarci l'uno all'altra. Parlarci di nuovo delle cose che contano davvero".
"Certo, possiamo farlo", la rassicurai. "Sei la mia migliore amica, ok? E non ho mai avuto la possibilità di ringraziarti davvero".
"Ringraziarmi?"
"Eri sul sentiero di guerra di Konstantin solo perché mi hai seguita in albergo, giusto? Stavi cercando di proteggermi. E lui ti ha trovata, e ti ha fatto del male. Se non fossi stata una così buona amica..."
Roxane mi guardò per un secondo, poi annui.
"Beh, ora siamo entrambe qui. Stiamo entrambe bene. Più che bene. Sei incinta, Cristo", esclamò Roxane, tirandomi a sé in un abbraccio.
"Scusa se puzzo", borbottai tra i suoi capelli, ricordando la doccia che avrei dovuto fare.
"Sì puzzi come un sex club tedesco il lunedì mattina", rispose lei, staccandosi da me con il naso arricciato. Scoppiammo entrambe a ridere.
"Tu vai a fare la doccia. Io esco da qui e vado a cercare Josh prima che gli venga un infarto".MARILYN
"Ehilà?", chiesi, sbirciando attraverso la fessura della porta. "Georgia?"
Georgia apparve, spalancando la porta e sorridendomi. Era il capo consulente al Ritiro dei Guaritori, ma non c'era nulla di intimidatorio in lei.
Tutto, dai suoi occhi color cioccolato alle morbide rughe di risata sul suo viso, trasmetteva calore.
"Marilyn, cara. Entra. Prego". Mi fece cenno di sedermi sul logoro divano di pelle, e lei prese posto nella poltrona di fronte a me. "Grazie per essere venuta".
"Wendy ha detto che era urgente?"" Sì Wendy mi ha detto quanto tu sia stata meravigliosa qui, quanto velocemente tu ti stia riprendendo. E eccellente, Marilyn. Davvero molto bello da sentire".
Sorrisi. "Grazie".
Georgia si spostò in avanti sulla sedia, posizionando il suo corpo in modo che fosse inclinato in avanti, più Vicino a me.
"Ma temo che il tuo tempo qui al Ritiro sia finito. Hai praticato un rituale di guarigione mentre eri qui, è corretto?", chiese.
Le parole non suonavano affatto dure o paternalistiche. Stava solo cercando una conferma.
Sapevo che non potevo mentirle. Così chinai la testa, guardando il pavimento. "Si".
"Conosci le regole qui, Marilyn. Temo che non ci sia altro modo".
"Quindi è così?", chiesi, alzando lo sguardo verso
di lei. "Sono fuori? E se non fossi completamente guarita? Wendy ha detto che potrebbero volerci mesi, e che potrei non essere in grado di guarire al massimo dei miei poteri se me ne vado troppo presto".
Georgia sospirò. "Mi dispiace, Marilyn. Davvero. Ma non puoi restare qui. Hai eseguito un rituale, e questo è proibito. Quindi devi andartene".
Feci un respiro profondo e poi lo lasciai uscire. Dopo qualche secondo, annuii, guardandola dritto negli occhi. "Capisco".
Mi alzai, e anche Georgia si alzò. Quando arrivammo alla porta, mi abbracciò. "Ti auguro il meglio, Marilyn", disse mentre mi lasciava andare.NINA
Mi piaceva il mio lavoro al Ritiro dei Guaritori. Era
un buon lavoro. La gente mi trattava bene li, come se fossi qualcosa piu di un semplice lupo mannaro con un passato incasinato.
Lì nessuno mi chiamava la bandita. Lì, ero solo Nina la cuoca.
Tagliavo le verdure, cucinavo la carne, diavolo, a volte ero anche creativa e preparavo un nuovo piatto o due. Non era un lavoro difficile, ma era gratificante, in un modo strano e poco impegnativo.
Mi stavo dirigendo verso la cucina, pronta a iniziare a preparare gli ingredienti per la cena, quando ho visto Marilyn che mi passava accanto dall'altra parte.
Aveva la testa bassa. Sembrava turbata, o determinata.
Aveva lo zaino sulle spalle e non ha nemmeno alzato lo sguardo quando mi ha superata. Non credo di averla mai vista così giù e sicuramente non l'avevo mai vista camminare in un corridoio ignorando le altre persone.
La mia curiosità ebbe la meglio, così girai i tacchi e cominciai a camminare nella sua stessa direzione.
Mantenni abbastanza distanza tra noi da non farglielo notare, ma quando arrivò alla porta d'ingresso e uscì, dovetti prendere una decisione.
Il mio turno stava per iniziare. Ed era un buon lavoro, davvero.
Ma lei era Marilyn.
Ed era quasi sparita, quasi scomparsa dietro l'angolo.
Feci un respiro profondo, soppesando le mie opzioni.
Poi i miei piedi iniziarono a muoversi.
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La Vergine Del Branco
WerewolfAyla è una lupa mannara di diciannove anni che nasconde un segreto: è ancora vergine. L'unica vergine del branco. È decisa a superare anche il periodo di calore di quest'anno senza cedere ai suoi impulsi primordiali, ma quando incontra Elijah, l'Alf...