Capitolo 35

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Christian's Pov
Ci sono momenti nella vita in cui penso alle persone che mi sono lontane, a cosa fanno in quei momenti, cosa stanno facendo della loro vita e sei mai avrò l'occasione di rivederle. E poi penso a Dahlia. La nostra relazione non era durata neanche due ore e io mi ritrovavo con una bottiglia di vodka in mano ai piedi del mio letto con la schiena appoggiata su di esso. Mi portai la sigaretta che stavo fumando alla bocca inspirando il fumo che rilasciai poco dopo. Era la terza o forse la quarta che fumavo in tre ore. Fissavo l'orologio cercando di concentrarmi sui ticchettii che emetteva cercando di non pensare a ciò che era successo. Avevo mandato via quella ragazza appena Dahlia se ne era andata minacciandola che se fosse tornata avrei chiamato la polizia. Mi ero chiuso dentro la mia camera tirando fuori delle bottiglie di alcool e delle sigarette perché la mia mente geniale non ha pensato che fosse meglio rincorrere ormai la più non mia ex ragazza da meno di due ore, ma di ubriacarmi e lacerarmi i polmoni a suon di alcool e sigarette.

Davvero geniale Christian. Bella mossa, complimenti.

Io sbaglio troppo, sbaglio sempre a dire la verità. Mi ero finalmente deciso a stare con Dahlia nonostante tutte le mie paure ed ecco che spunta fuori un nuovo problema con una nuova litigata che non si sistemerà in poco tempo come le altre volte. Forse non è semplicemente destino.

Avevo pianto. Io Christian Leblanc avevo pianto per una ragazza che sapevo non sarebbe tornata più da me.

Non sarebbe mai tornata. Non è da lei. È già troppo che mi ha perdonato per quello che li dico ogni volta che le parlo con rabbia.

Un'altro goccio di alcool finì nel mio corpo e buttai la bottiglia di vodka ormai finita. Forse sarà la quarta che bevo, o la quinta non ricordo. Ero troppo ubriaco per capire e per ricordarmi di tutto ciò che è successo. Ma di lei mi ricordavo, mi ricorderò sempre di lei e di tutti quelli che se ne vanno.

Mi alzai barcollando e presi il mio smartphone da sopra il comodino facendo partire la ventesima chiamata che avrò fatto a Dahlia in un giorno e come le altre venti volte scattò la segreteria telefonica.

"Maledizione!" urlai fuori di me.

"Tesoro che succede?" la porta si aprì rivelando il viso preoccupato di mia madre.

"Niente" menti evitando il suo sguardo.

"Cosa sono tutte queste bottiglie? E stai fumando Christian?" domandò in tono arrabbiato guardandosi intorno. Le bottiglie di vodka erano spese per la stanza e avevo la sigaretta ancora in mano che stavo fumando.

"Tanto a te non importa di me" mi alzai e per poco non caddi.

"Cosa stai dicendo?" corrugò la fronte in modo confuso.

"Dico che a te non è mai importato di me, ammettilo" mi avvicinai a lei velocemente.

"Sei ubriaco Christian, ti consiglio di morderti la lingua o se no ci saranno gravi conseguenze domani" mi fulminò con lo sguardo.

"Io non sto zitto!" strillai sbattendo un piede a terra.

"Tu non mi hai amato! Hai sempre passato la vita a rinfacciarmi di tutti i tuoi fallimenti" li urlai contro, ma lei non ci scompose.

Uno dei suoi fallimenti sono proprio io.

"Vai a farti una doccia e mettiti a letto prima che lo dica a tuo padre" mi minacciò.

"E questa non la voglio più vedere" prese ma sigaretta tra le mia mani e portò via con se anche il pacchetto di sigarette che era sopra il letto.

"È tutta colpa tua. Mi hai suggerito tu di dire cosa provo, e se non fosse per te tutto questo non sarebbe successo. Dahlia non se ne sarebbe andata" i miei occhi diventarono lucidi e vidi il suo viso addolcirsi.

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