Capitolo 48

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Dahlia's Pov
L'unica cosa che mi dava la forza di non provare a fuggire in qui tre giorni in cui ero stata qui era l'anello che Christian mi aveva regalato. Ci giocavo con le mani rigirandomelo fra di esse sperando che accadesse qualcosa per permettermi di andarmene da qui, ma non accadeva mai e io stavo lì ad illudermi ancora una volta che questo fosse un'incubo.

Era tutto reale invece, era reale che io stessi giocando con l'anello tra le mie mani mentre davanti a me c'era Diego che mi continuava a fissare da quand'era entrato.

"Ti ripeto una domanda che ti avevo fatto tempo fa. La ricordi. Tu preferiresti vivere all'inferno con gli angeli o in paradiso con i diavoli?" restai in silenzio alla sua domanda continuando a guardare l'anello nelle mie mani.

"Aspetto una risposta Dahlia" si appoggiò al muro guardandomi con attenzione.

"Sono già all'inferno e non sono circondata da angeli, ma bensì da diavoli" risposi con un sospiro.

"La tua risposta non cambia mai" lo vidi sorridere per poi avvicinarsi a me fino a porgermi la mano.

"Qual è la tua altra risposta Dahlia?" inclinò il capo d'un lato squadrandomi attentamente.

"Non farai del male a nessuno di loro, compreso lui" guardai i suoi verdi incrociandoli nei miei grigi.

"Io mantengo sempre le mie promesse, il problema è se tu non mantieni la tua promessa" trattenni il fiato per qualche secondo ricordandomi il patto.

"Farò ciò che vuoi ma sai qual è la condizione" dissi guardando la sua mano che aspettava di afferrare la mia.

"Non torcerò un capello al tuo adorato Christian, ma tu starai con me e bla bla bla, il resto lo sappiamo già. È un sì o un no?" non li risposi e afferrai la sua mano per aiutarmi ad alzarmi.

"Ti porto a casa, questo posto non è adatto a te" circondò le mie spalle con un braccio iniziando a camminare insieme.

"Cosa li dirai ai tuoi quando tornerai?" parlò dopo qualche secondo di silenzio in cui si sentivano solo i nostri passi.

"Sono a Parigi per un viaggio" risposi e non riconoscei la mia voce per quanto fosse spezzata.

"Quanto ci rimarranno?" domandò e una scintilla di rabbia mi esplose nel petto.

"Questi non sono affari tuoi, l'importante è che non parli. Non è vero?" prima che potesse rispondere mi girai per continuare a camminare, ma lui mi afferrò il polso facendo aderire i nostri petti.

"Senti, io non sono quell'idiota che si lascia abbindolare da te e si fa mettere i piedi in testa da una diciannovenne" prese con una mano il mio viso costringendomi a guardarlo negli occhi.

"Infatti sei peggio" dissi con odio.

"Allora torna da lui dato che ci tieni tanto" mi sfidò con lo sguardo.

"Lo farei se nessuno mi ricattasse" dissi guardandolo negli occhi con aria di sfida.

"Sei liberissima di andartene quando vuoi. Sei tu che non vuoi andartene Dahlia perché sai bene di cosa potrei essere capace" ghignò.

"Dovrebbero essere lui a proteggere te e non il contrario" disse stavolta guardando con attenzione i miei occhi.

"Chi dice che non possa essere una donna a proteggere un'uomo?" inclinai il capo d'un lato riducendo gli occhi in due fessure.

"Perché tu sei fragile e lui no. Bella, ma fragile anche se ti sei convinta del contrario. Se ti convinci di essere forte non è detto che lo diventerai Dahlia" mi lasciò un bacio sulla guancia prima di allontanarsi di qualche passo e puntare lo sguardo sul mia mano.

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