Capitolo Diciassette || Casa Zenzola

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C'erano in assoluto quattro categorie distinte di persone che Christian odiava con tutto se stesso. Al primo posto, i ritardatari, che gli facevano buttare all'aria una giornata intera. Al secondo, i lecchini, che in forma diretta, non gli recavano alcun danno, perché chi ha talento emerge ugualmente, ma la loro semplice esistenza lo turbava e gli faceva irritare ogni fibra del corpo. E al terzo posto, i bugiardi, divideva in due categorie separate le malefatte: Le bugie bianche e quelle nere.

Le bugie bianche erano innocenti, e in assoluto non ricavano alcun danno alle persone circostanti. Venivano dette principalmente per autodifesa, nella maggior parte dei casi, per questo le accettava, le giustificava, e se ne approfittava. Christian non era un santo e certo la sua intenzione non era passare per tale. Aveva mentito anche lui, ovviamente, solo bugie bianche. Innocue.

Le bugie nere, invece, erano in assoluto le più perfide. Erano quelle che gli facevano cambiare totalmente opinione su qualcuno, quelle che facevano rivelare le carte in tavola anche al migliore dei giocatori. Non era questione di raccontare di essere stati al bar piuttosto che al parco, ma il sotto, quello le rendeva così nocive.

In entrambi casi, Christian era un pessimo bugiardo.

Poteva sforzarsi, ma nelle sue espressioni e nei suoi movimenti, dal più involontario al voluto, risiedeva tutta la sua essenza. La sua personalità. Per questo le persone se ne approfittavano, e sempre per lo stesso motivo odiava così tanto i bugiardi. Ma, per la stessa ragione, paradossalmente, non riuscì a togliere le proprie mani da quelle di Mattia, che continuava a fissare il padre in cagnesco.

A dirne quattro al biondo, ci avrebbe pensato poi.

Quello che si era rivelato essere il padre di Mattia, si era zittito, limitandosi a guardare male il proprio figlio. Non "male" come la rabbia che aveva conosciuto quando per esempio portava un cattivo voto a casa e Ivan era costretto a sgridarlo. "Male" nel senso di schifato. "Male" nel senso di odio.
E quello che aveva davanti non era uno sconosciuto, bensì suo figlio, a cui non riusciva a rivolgere uno sguardo di affetto.

Christian ricordava alla perfezione quante ne avesse causate ai suoi. Era tornato a casa ubriaco, si era fatto quasi bocciare un anno a scuola, faceva tardi la sera, non avvertiva alle uscite, rispondeva male. Insomma, non era propriamente il figlio modello, ma mai suo padre lo aveva guardato in quel modo.

Si era fatto urlare contro di darsi una svegliata, ma si erano sempre abbracciati dopo, erano volati schiaffi qualche volta, ma Ivan era lo stesso a calmarlo prima di una gara. Suo padre era la sua ancora, ed era certo fosse lo stesso dall'altro lato, e quell'uomo guardava Mattia come se fosse la peggio feccia vivente.

Nemmeno a lui, un completo sconosciuto, l'uomo si era rivolto con quel tale astio. Uno sconosciuto che si trovava in camera di suo figlio, dentro casa sua. Era stato sgarbato, ma non lo aveva guardato in quel modo. Solo Mattia.

Mattia che con la coda dell'occhio lo guardava, cercando di non mostrarsi intimorito di fronte agli occhi inquisitori di suo padre, e fragile davanti a quelli di Christian.

Qualsiasi lato si fosse girato, sarebbe stato giudicato lo stesso.

"Mattia, devi dirmi immediatamente cos'è successo ieri" Impose quello, fregandosene altamente che il moro fosse lì e che quella sarebbe dovuta rimanere una conversazione privata.

Christian d'altro canto era terrorizzato da quell'uomo, e non ebbe il coraggio di alzarsi e defilarsi in autonomia. Si lasciò risucchiare dalla morbidezza di quel materasso, e dalla stretta di Mattia ancora forte tra le proprie mani.

"Sono caduto" Rispose in un mormorio l'altro, senza scendere nei particolari. Aveva tutta l'aria di sembrare una tortura, e potè notare gli altri membri della famiglia affacciarsi per controllare la situazione.

Nessuno vuole essere Robin Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora