Capitolo Cinquantaquattro|| Seduta Tripla

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Visti da fuori, dovevano proprio sembrare il ritratto della famigliola riunita.

Ivan, il padre, la figura di riferimento della casa, e Mattia e Christian i due figli, completamente diversi l'uno dall'altro, esternamente, ma con tanto in comune.

Ma il biondo ugualmente faceva i conti con la solida e franca verità: Christian non era suo fratello, ma il suo ragazzo, e Ivan non era suo padre. Loro non erano la sua famiglia.

E più vedeva gli altri pazienti prima di lui sorridere inteneriti di fronte a quella scena fraintesa, più si sentiva in colpa, nei confronti di chi invece aveva lasciato a casa.

Non solo sua madre, o Daniele.
Ma anche Sissi, Dario...Anche loro si erano sempre fatti in quattro per lui, ognuno a suo modo, e sembrava proprio non lo riconoscesse.

Ivan doveva aver captato - come al suo solito - la propria irrequietezza all'istante, perché nel tempo di attesa, seduti sui divanetti semplici dello studio, cercava di distrarlo con battute, frecciatine, e prese in giro.

A dire il vero, quando Mattia gli aveva chiesto quel favore, non aveva saputo rispondere di no, ma non era comunque stato un sì senza dubbi.

Ivan non aveva mai parlato con uno psicologo.

Era la prima volta che, vecchio della sua età, si presentava di fronte a quella strana branca della scienza senza sapere minimamente a cosa di preciso stesse andando incontro.

Non era un tipo scettico. Credeva davvero che, per alcune persone, quell'intervento fosse salvifico. Solo, non si era mai figurato lì in prima persona.

E dello stesso scetticismo, sembrava preso anche Christian, che al contrario, manifestava il proprio disagio con un religioso silenzio, ogni tanto spezzato da un sospiro annoiato per l'eccessiva attesa.

Il moro era presente fisicamente, ma con la testa sembrava proprio da tutt'altra parte.

Stringeva la mano di Mattia, nonostante - ancora - non ce ne fosse bisogno, ma non gli rivolgeva lo sguardo, una parola. Si guardava intorno e se più tardi gli avessero chiesto di descrivere lo studio di Emanuel Lo, avrebbe saputo farlo in modo esatto.

Mattia, per quanto amasse Christian dal profondo del proprio cuore, non voleva fosse lì solo come presenza.

Lo voleva lì con lui sotto ogni punto di vista.

Ma non disse niente.

Vedeva nel modo in cui Christian si guardava intorno, cercando quasi il pelo nell'uovo, se stesso, quando aveva messo piede lì dentro per la prima volta.

Se la ricordava bene, la sensazione di inquietudine.

Come se si stesse recando di fronte ad un giudice, pronto a stabilire i propri errori, e i propri successi, dalla A alla Z.

Ricordava come ogni angolo di quel posto fosse stata protagonista dei propri sogni per mesi, prima di smettere di cercare il brutto, il negativo, e vedere il luogo per quello che era: un semplice studio.

Non c'era un giudice, non c'era nessuno a puntargli il dito per condannarlo.
C'era solo uno studio, dall'arredamento discutibile, e un uomo più calmo del previsto.

Ricordava di aver fatto la conoscenza di Emanuel piangendo per l'abitazione, memore di un primo tentativo di aiuto psicologico subito dopo l'evento, andato male.

Perciò, faceva credere al moro che fosse lui quello da stringere e confortare, come se non si sottoponesse alla lettura dello psicologo da un anno. Ma era ovvio, che nella loro stretta di mani, c'era quel sottinteso, che avrebbe voluto far cogliere a Christian.

Nessuno vuole essere Robin Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora