Capitolo Quarantatrè || Di Serie B

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"Ma dico io, Mattia, perché cazzo non ascolti!?"
Saverio sbatté rabbioso le mani al volante. I muscoli del viso, tutti contratti.

Non aveva accennato una parola, da quando aveva preso posto in macchina. Si era lasciato trasportare dalla strada che scorreva dal finestrino, nella speranza che in un qualche modo potesse distrarlo.

Saverio, però, non era stato dello stesso avviso.

Non gli aveva neanche dato il tempo di accomodarsi, che aveva preso a sgridarlo, malamente, più da padre che da fratello, senza chiedergli nemmeno come fosse andata la serata.

Complice forse anche la distanza di età, suo fratello era sempre stato l'esempio. La sua figura modello da seguire. E questa visione, specie da quando suo padre era andato via di casa, si era intensificata.

Saverio aveva sì una famiglia, ed era sì padre, ma aveva sempre avvertito quella responsabilità nei confronti di quei due fratelli, sopratutto il minore, che si erano ritrovati senza padre e senza alcun esempio.

Marcando delle differenze, ovviamente, perché Mattia e Daniele rimanevano pur sempre suoi fratelli, e non parte della sua prole.

Ecco, a volte, quelle differenze, tanto agognate, e volute, crollavano.

Venivano meno quando i suoi fratelli, ancora adolescenti, si comportavano da tali, e Giulia impazziva, presa da impegni, e preoccupazioni che se da un lato non dovevano essere condivisi con loro - nemmeno con Saverio -, dall'altro lo faceva lo stesso, per dividere quel peso che avrebbe portato da sola altrimenti.

E allora Saverio, prendeva il ruolo di Franco, o almeno ci provava.

Per il bene di sua madre, e per colmare la mancanza dei due fratellini.

Provava ad essere paziente, una figura con cui fosse piacevole confrontarsi, e di prendere sempre più distanza da quel padre che urlava addosso ai figli, riempiendogli la testa di insicurezze.

E mai Daniele e Mattia lo avrebbero paragonato a Franco, o, per meglio dire, a ciò che nel presente vivevano, di lui.

Però, delle volte, sentivano il tentativo di Saverio dì sostituirsi a loro padre, troppo.

Non glielo dicevano, sapendo quanto fosse stancante per lui farsi a metà tra la propria famiglia e quella che stava cercando di costruire, giorno dopo giorno.

Portavano pazienza, e stringevano i denti.

Ma in momenti come quelli, Mattia provava un vero e proprio imbarazzo, nel sentirsi sgridare da suo fratello, che non avrebbe dovuto avere l'autorizzazione a farlo.

Sentiva come se si stesse invadendo una sorta di bolla, che metaforicamente doveva rappresentare la sua privacy.
Si sentiva invaso.

E allora quella pazienza che tanto si ostinava a voler mantenere con sua madre, con suo padre, con suo fratello e anche con se stesso, veniva meno, ricordandosi di essere ancora un adolescente, a cui di dimenticare di contare fino a dieci, era ancora concesso.

Gli era ancora concesso, vero?

"Mattia" Lo richiamò ancora una volta Saverio, che nel frattempo, non aveva smesso di parlare.

In teoria con lui, in pratica, aveva sostenuto quel discorso da solo.

"Ma mi stai ascoltando?" Domandò retoricamente, guardandolo con la coda dell'occhio.

Annuì, e immaginò il naso allungarglisi come nella favola di Pinocchio.

"Almeno chiedere scusa, Matti" Riprese allora a parlare, da dove si era interrotto "Non dico tanto, ma sembra che non te ne freghi niente. Guarda, nemmeno ascolti!"

Nessuno vuole essere Robin Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora