Non seppe per quale motivo - forse colpa di quelle caramelle che gli aveva dato Christian - ma si ritrovò sì a sognare suo padre, come aveva previsto, ma catapultato in un ricordo di anni e anni prima.
Suo padre era il genitore che, in situazioni di emergenza, prendeva un giorno da lavoro per rimanere a casa con loro.
Lui scherzava fosse perché sua madre, poverina, non poteva certo lasciare una ventina di donne sulla quarantina senza la loro dose di Zumba giornaliera. Aveva capito crescendo, che semplicemente quella dei suoi genitori fosse una scelta.
Una scelta presa con la consapevolezza che Mattia, piuttosto che con Giulia, preferiva nettamente le cure e le attenzioni di Franco.
Sognò se stesso durante l'ultimo anno di asilo, era la festa del papà. E inutile dire le maestre avevano insistito con i preparativi - classico bigliettino da colorare e la poesia all'interno - almeno un mese prima.
Solo, proprio quel giorno, Mattia si era ammalato. Sfortuna, o forse colpa delle ore passate a giocare in giardino con Daniele.
Il suo lavoretto era quindi rimasto all'asilo, insieme a tutto l'entusiasmo che aveva avuto nel prepararlo e colorarlo, impegnandosi a non uscire dai bordi.
Giulia lo aveva consolato, suggerendogli che avrebbe ancora potuto recitargli la poesia a memoria.
E ovviamente, di quei versi, non ricordava nemmeno una virgola, ma la scena che l'inconscio gli ripropose, fu il seguito, il momento in cui, finito di recitarla - tra qualche colpo di tosse e starnuto -, Franco lo aveva preso in braccio, stringendolo.
Era una cosa intima, solo loro.
"Papi, lo facciamo il gioco dell'austronauta"
Non importava quanto la febbre lo rendesse fiacco, spossato e poco reattivo. Il momento del gioco con suo padre era troppo sacro, e la migliore medicina al mondo.
"Stai già male, amore" Gli sorrise dolcemente l'adulto "Lo facciamo domani, se stai meglio, e oggi ci guardiamo un bel film" Propose in alternativa.
"Ma papà" Si lamentò il bambino "Una volta sola, te lo giuro"
E sapeva in cuor suo, da adulto, che avere preferenze tra i figli fosse una cosa del tutto sbagliata, ma per Mattia in particolare aveva sempre avuto un debole.
C'era sempre stata una chimica insolita tra di loro.
Perciò, quando vide gli occhi già febbricitanti del suo bambino farsi ancora più lucidi, non riuscì a dirgli di no, e lo prese in braccio.
Mattia, immediatamente, gli lasciò un bacio sulla guancia, ringraziandolo.
Il gioco dell'astronauta - parola fin troppo complicata per i suoi gusti, e che suo padre non smetteva mai di correggergli - consisteva semplicemente in dei piccoli saltelli, che l'uomo gli faceva fare, dicendogli il nome di qualche pianeta.
Era stupido, forse, ma lo faceva impazzire.
"Dove vogliamo andare, Houston?" Domandò l'uomo, tenendolo per i fianchi.
"Su Marte!" Strillò.
E poco dopo, l'uomo lo lanciò, riprendendolo al volo.
Ovviamente si trattava di nemmeno qualche millimetro di differenza - sia mai che il bambino si facesse male - ma nella sua fantasia, si immaginava sempre a qualche centimetro di differenza dal soffitto, dal cielo e dalla galassia.
Tanto che se avesse alzato un dito, avrebbe potuto toccare tutte le stelle.
Quando le braccia di suo padre lo riacciuffarono, Mattia, ridendo, prontamente strinse le gambe attorno il bacino dell'uomo, e le braccia intorno al suo collo.
STAI LEGGENDO
Nessuno vuole essere Robin
Fanfiction"La verità è che sei bravo a illuderti, Christian, e a convincerti che tutti gli schemi che ti sei auto-imposto siano la cosa più giusta per te. Mi dispiace, allora, avvisarti che, la mia verità non è quella che a te piace raccontarti" E così dicend...