Capitolo 1 Il capitano della Janas

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L'incontro con Maria fu per il giudice Ravaneda motivo e principio di grandi decisioni.

Quella notte, nel contemplare la giovane moglie addormentata al suo fianco, al di là del muro delle due coperte arrotolate che li separavano, così vicina ma così lontana per il suo ardente desiderio, egli rimase a lungo a rimembrare le calde parole di gratitudine ch'ella gli aveva rivolto dopo aver lasciato quel luogo malsano, che non avrebbe augurato a nessuno come dimora, mentre seduta in carrozza accanto a lui, ripercorrevano la via del ritorno.

In apparenza distratta e con l'occhio al di là del finestrino ai passanti e alle botteghe, Caterina era rimasta in silenzio, ma in realtà il tenue sorriso che aleggiava sulle labbra in modo più o meno marcato, a seconda di ciò che approvava di più o di meno di quei discorsi, mostrava che quel che con gli occhi non vedeva, acchiappava con le orecchie.

Anzela era ardente, appassionata, ringraziava e proponeva soluzioni per sollevare la misera condizione di Maria Ferrando; il principe, che da parte sua, disapprovava la promessa di visite frequenti fatta dalla moglie a quella donna, risoluto a principio a frenare con decisione ciò che riteneva sbagliato, si ritrovò infine ad esser coinvolto dall'entusiasmo da lei dimostrato, e poiché ella lo lodava per la generosità, rinunciò ai rimproveri e s'impegnò ad aiutarla.

Il come lo meditò quella notte, poiché pareva che il sonno, ch'aveva subito avvoltolato la sua giovane sposa, sdegnasse d'incontrarlo, conscio quasi dell'importanza di ciò che accadeva, come avesse cognizione che l'uomo si trovasse in un momento decisivo della vita e avesse timore di distoglierlo dalle riflessioni urgenti che l'impegnavano.

Il giorno dopo, alzatosi all'alba, il principe convocò Jacopo e ordinò d'assumere alcuni operai per rimettere a posto la casa di Carillo e di convocare l'interessato poiché desiderava parlargli.

Il barone, con sollecitudine, si recò dal giudice e lo ringraziò con profusione per il generoso gesto nei suoi confronti: le opere di aggiustamento non erano tante- avvisò -ma costose, poiché erano state distrutte due finestre e bruciate le tende; inoltre un prezioso tavolo in mogano era stato privato delle gambe. Raccontò d'esser stato desideroso di provvedere egli stesso alle riparazioni ma di non aver osato non essendo il legittimo proprietario della casa.

Il giudice l'accolse con fredda cortesia, gli rivelò ch'era sua intenzione rimuoverlo dall'incarico presso i contadini, che avrebbe affidato a un altro, per due motivi: il primo, poiché i contadini dopo l'accaduto lo detestavano e ciò nuoceva anche a colui che l'aveva nominato; il secondo, che egli preferiva impiegare la sua abilità a vantaggio dell'attività commerciale, poiché nuove merci stavano conquistando il mercato ed egli desiderava intensificare i traffici con il continente prima che gli avversari si accaparrassero le nuove rotte.

-E la casa?- azzardò Carillo tutt'altro che soddisfatto.

-Quella casa mi appartiene, barone- rispose il principe -e vi andrà ad abitare il nuovo podatario. Per voi sarà opportuno che vi trasferiate in città per seguir meglio i miei affari.

-Mi sostituite! E con chi?

-Cercherò un contadino. Nessuno, più d'uno di loro, può trattare con gli altri.

-Sono bifolchi. E vanno tenuti a bada. Siete certo di non commettere un errore?

-Se così fosse riavrete presto il vostro posto qui.

-Ma la casa ...

-Non crucciatevi per essa: troverete un alloggio altrettanto confortevole in Cagliari. D'altronde non vi pago abbastanza per potervelo permettere?

Carillo annuì con sussiego sforzandosi di tirar fuori un sorriso di circostanza, ma la faccenda lo irritava non poco soprattutto poiché non ne conosceva la ragione, e meditava su quale evento potesse aver fatto maturare nel giudice l'assunzione d'una decisione così assurda nei suoi riguardi. Qualcuno aveva sparlato di lui? No! Era già successo più d'una volta ed egli sapeva che il principe non prestava attenzione alle lamentele dei villani; confidava in lui, gradiva che tenesse a bada le teste calde. E poi ... chi era lo zotico in grado di sostituirlo? Non c'era nessuno tra quei contadini che avesse la capacità di svolgere un simile incarico. Pensò alla possibilità che si trattasse d'uno straniero o di qualche conoscente che il giudice voleva favorire. O forse la questione aveva a che fare con la figlia di Auro? Che il giudice avesse scoperto qualcosa? No, no, aveva presentato al processo due falsi testimoni, come poteva diffidare di essi?

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