Capitolo 8 Rancore senza fine

11 5 1
                                    

Martina tentennava sotto il peso della povera Lena, che incapace di restare diritta per il dolore delle piaghe, s’era rassegnata ad accettare l’aiuto della cortese cameriera

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

Martina tentennava sotto il peso della povera Lena, che incapace di restare diritta per il dolore delle piaghe, s’era rassegnata ad accettare l’aiuto della cortese cameriera.
Anzela le vide entrambe scomparire inghiottite da quelle scale che conducevano al piano seminterrato in cui si celava la stanza degli amori e alcuni alloggi della servitù.
Domandò a Caterina dove si recassero e la donna con sguardo accigliato replicò:

–Quella megera? Il padrone ha chiesto che le allestissi una stanza, signora. Non può pretendere una reggia, ne convenite? La camera che ho scelto non è molto grande, ma è pur sempre una dimora principesca per lei e i suoi stracci. Ed è vicina alla nostra poiché Jacopo ha l’incarico di sorvegliare la strega in modo che non sia di danno né a voi né al padrone.

Anzela si stupì della reazione violenta della donna, non l’aveva mai vista così.  Caterina le spiegò che non riusciva a dimenticare che quella matta aveva cercato di uccidere il padrone.

–Ma potrà tenerla sempre sotto controllo?– domandò Anzela –Non teme il principe per la sua vita?

Il volto di Caterina espresse ciò che pensava ed era lapalissiano ch’ella non fosse d’accordo con la decisione del giudice Ravaneda.

–Jacopo starà in guardia, signora … egli ha l’ordine di chiuder a chiave la stanza per tutte le notti in cui quella matta resterà qui al castello.

–Ma perché non mandarla con Auro e Maria? … la sua presenza sarebbe molto più utile a quella povera madre che qui da noi. Don Giulio non avrebbe più alcuna pena d’accudirla e forse, nell’occuparsi dei bimbi di Maria, ella potrebbe recuperare la pace che ha smarrito.
Caterina annuì.

–Sì, sì, signora Anzela, io la penso esattamente come voi. Ma il principe è d’avviso contrario e non c’è stato modo di fargli cambiare opinione. Ah se non fosse così testardo e ascoltasse i miei consigli! Quella donna è matta, matta da legare! Mi fa pena, poveretta, ma ne ho timore …

–È pazza sì– dichiarò Anzela –ma di dolore.

***

Il principe s’era fermato sulla soglia e scrutava la scena, poiché la porta era spalancata del tutto: Lena s’era distesa sul letto, evitando di poggiar la schiena lunga distesa, ma stando sul fianco per non gravare sulle ferite che, ancora fresche, le cagionavano un intenso dolore. Meditava, senza sapere d’essere sotto lo sguardo acuto del padrone di casa.
Era lì, nella tana del lupo, la dimora del suo nemico, l’assassino di suo figlio. Ah, che stolto! Presto, molto presto, avrebbe sperimentato quale ingenuità e leggerezza era stato il liberarla e condurla in quel luogo. Che illuso! Pensare che ella gli sarebbe stata riconoscente!
Il volto del figlio Claudio passava davanti ai suoi occhi, con la foga e la letizia dei vent’anni, nelle vicende più recenti della sua breve esistenza e, a ogni transito, si riallargava con strazio la ferita del cuore, e si riempiva di lacrime e di fiele.

Il Patto DiabolicoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora