Capitolo 14 La fuga

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Appena la carrozza varcò il cancello di ferro, Caterina, Martina e gli altri servitori la circondarono: tutti erano ansiosi d’informarsi sulla salute della padrona del castello, dopo aver avuto notizia del rapimento.
Anzela era esausta; la tensione l’aveva tenuta in piedi fino ad allora, ma adesso sentiva d’esser spossata, incapace di reggersi in piedi e di parlare. Si stupì d’esser riuscita a raccontare l’accaduto e ne gioì, perché in quel momento non sarebbe stata capace di rifarlo.
Il principe, resosi conto delle condizioni precarie della moglie, congedò tutti con poche parole; disse che la signora era salva, ma necessitava di riposo; poi l’aiutò a discendere dalla carrozza ed ella gli crollò tra le braccia.

–Signora!– gridò spaventato –State male?

Anzela era pallida come un lenzuolo, mosse le labbra ma non poté rispondere.
Don Giulio la sollevò di peso tra le braccia e la trasportò con rapidità in camera da letto inseguito da una Caterina sconvolta, poi ordinò a Jacopo di correre e portare lì a qualunque costo il dottore.
Il dottor Nelson arrivò prontamente e si rallegrò di rincontrare la baronessa, le osservò la ferita sopra l’orecchio e, dopo averla medicata, la cucì con due punti di sutura mentre il principe gli riferiva l’accaduto.

–Vostra moglie ha bisogno di riposo– disse Nelson pensieroso –ha avuto una brutta esperienza emotiva. Il colpo alla testa è stato molto forte, ma ciò che temo maggiormente è il trauma che ha subito.

Don Giulio inquieto annuì.

–Vi raccomando ancora, principe, che riposi, che non abbia scosse per un po’ di tempo.

–Quanto tempo?

–Una settimana … un mese … chi può dirlo? Ha bisogno di riprendersi. Ci vorrà molto amore e pazienza perché recuperi la tranquillità.

Il principe aveva il volto teso mentre ascoltava e sogguardava la giovane moglie che rigida sul letto appariva molto sofferente. Egli pensava che tra due giorni Anzela sarebbe dovuta diventare finalmente sua. E adesso? Poteva costringerla ad adempiere la promessa in quelle condizioni?

–Dannazione! Maledetto Carillo e i suoi intrighi! Pagherà caro ciò che ha fatto!

Quella notte, dopo che Caterina premurosa l’ebbe aiutata a cambiarsi, Anzela faticò a prender sonno, timorosa di rincontrare nei sogni la tetra oscurità della grotta e l’orrendo volto dello sfregiato che piombava davanti ai suoi piedi. Il marito, pareva anch’egli impossibilitato ad addormentarsi perché indugiava seduto, con il dorso poggiato sulla spalliera del letto a fissare torvo dinanzi a sé.
Ella intuì i suoi pensieri e si rattristò. Il medico le aveva ordinato di riposare, rifletté, e il giudice sapeva di dover così rimandare l’adempimento della promessa! Com’era chiaro che egli non l’amava! Progettò di dirgli che, comunque fossero le circostanze, avrebbe rispettato il patto, ma sentiva dentro di sé che non voleva né poteva farlo, capiva d’aver bisogno di più tempo. Certamente il principe era cambiato, la trattava gentilmente, con tanta condiscendenza, ma l’idea di giacere con lui continuava ad atterrirla. Ella rammentava con forte malessere le sue grandi mani che l’abbrancavano e le percepiva mentre violavano il suo corpo senza alcuna pietà. No, no … le serviva ancora del tempo. Sì, con un periodo di tempo ulteriore sarebbe riuscita a scordare la violenza subita. Ma era questa la verità? O forse era un inganno, un’illusione, una speranza …?

–Signora– disse il giudice –non dormite?

–Non riesco– rispose la fanciulla–non riesco a dimenticare.

–Non dovete temer nulla. Sono qui accanto a voi, nessuno può farvi del male.

–Siete in collera con me?

–In collera?– il principe corrugò la fronte –Per quale motivo?

–… il patto– sussurrò Anzela.

Il Patto DiabolicoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora