Capitolo 8 Ricordi d'infanzia

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Come sollevò il collo, dolorante per la posizione scomoda in cui aveva riposato, con la testa sulle braccia e le braccia incrociate sul bracciolo della sedia, la prima cosa che vide fu il profilo rigido e immobile di quell'uomo che era stato suo padre. Quel volto di pietra, esangue, le provocò una stretta al cuore. Il lenzuolo insanguinato era stato rimosso e giaceva appallottolato per terra vicino ai suoi piedi, un altro lenzuolo candido e pulito ricopriva il defunto fino al mento.

-Devo essermi addormentata- mormorò Anzela tra sé.

L'aveva vegliato tutta la notte, poi era crollata.

Si guardò intorno e vide ch'era già mattina inoltrata: la luce bruciante del sole penetrava attraverso le persiane socchiuse della finestra spalmando nell'aria il suo calore fastidioso. Divenne subito consapevole dell'odore sgradevole di morte, acuito dall'alta temperatura, che emanava dal cadavere.

Mighele non c'era e neanche il signor Muroni.

Ricordò che il medico, il dottor Nelson, s'era congedato dopo aver accertato la morte del paziente, ma il buon capitano di vascello s'era trattenuto, ritenendo che la sua presenza potesse essere di conforto ai due ragazzi, disorientati dal lutto improvviso.

Ricordò le parole accorate del fratello che, premuroso, si sforzava d'alleviare la sua pena infinita.

Ricordò il pigro trascorrere delle ore notturne nel rimembrare con lui gli avvenimenti dolci e dolorosi dell'infanzia. L'amore dei genitori, pur velato dal ripudio dei familiari della madre, aveva riempito di gesti affettuosi la loro tenera esistenza; ed era stata un'intensa commozione ripercorrere con Mighele quegli episodi ed interpretarli in modo nuovo, sotto la luminosa lampada della Provvidenza: quel padre arcigno e severo si trasformava nella povera vittima della crudeltà del parentado.

Ma era sugli ultimi eventi ch'ella voleva soffermarsi più d'ogni altra cosa. Era il periodo di cui solo il fratello, unico ed esclusivo depositario di fatti e sentimenti, poteva svelare l'enigma.

Dopo la morte della madre, la zia Matilde li aveva presi con sé. Non era stato semplice indurre il marito, il barone Piero Marras, ad accettarli nella loro casa. Lo zio, uomo duro e altezzoso, non risparmiava loro critiche e umiliazioni, né lesinava di mostrare un genuino disprezzo per la madre dei due fanciulli ed il suo sposo bifolco. La moglie, pur condividendo il severo giudizio verso il cognato, provava per i nipoti un affetto profondo e s'adoperava nel riabilitare la memoria della sorella con l'evidenziarne l'ottimo carattere e la vita integerrima, che compensavano a suo dire quella scelta sbagliata dovuta all'inesperienza e all'ardore giovanile. Sperava in tal modo d'arrestare il livore del marito e guadagnare indulgenza per gli sfortunati nipoti. Ah che fallace illusione! Ella otteneva in tal modo d'irritarlo in misura maggiore e d'attirare sui due sventurati orfanelli una cascata di feroci paternali.

Anzela ne soffriva, ma d'indole dolce com'era e solita ad offrire le pene a Colui che solo poteva soccorrerla, sopportava con rassegnazione e fiducia. Mighele al contrario fremeva d'una collera muta e accumulava contro lo zio giorno dopo giorno un potente rancore. Per mesi aveva tollerato e taciuto, per riguardo ad Anzela che lo supplicava d'avere pazienza, che il tempo e l'intervento divino avrebbero domato l'animo gretto del barone.

Infine, dopo l'ennesimo affronto, s'era rivoltato contro lo zio e l'aveva affrontato con il coraggio e l'arroganza della sua giovane età. Don Piero non era uomo da poter tollerare un oltraggio del genere. Dopo aver schiaffeggiato il ragazzo l'aveva cacciato via in malo modo.

Mighele se n'era andato sbattendo la porta ed era sparito, incurante delle strilla della zia che s'era opposta al marito e di Anzela. Aveva intenzione di ritrovare suo padre. La lettera paterna, giunta poco prima che la madre morisse, riportava un indirizzo di Cagliari e non era stato troppo difficile per il ragazzo rintracciare il genitore e farsi riconoscere. Il barone don Tore Sanna, turbato e commosso, dopo averlo accolto a braccia aperte, l'aveva subito coinvolto nel suo lavoro di mercante e marinaio.

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