Capitolo 5 Riabbracciarsi

12 5 1
                                    

Alfio riemerse dal sonno e dalle nebbie dell’alcool dischiudendo gli occhi al di sotto del morbido baldacchino d’un letto, il cui colore rosso vivo lo sconcertò e destò del tutto.

–Dove sono?– ragionò, mentre la mente, con fatica, tentava di rintracciare ricordi a cui collegare una spiegazione plausibile di quel che vedeva intorno a sé. C’erano candidi veli con dolci ricami, soffici come nuvole, che scivolavano ai due lati del talamo e fresche lenzuola di seta che gli avvolgevano il corpo.
La nivea schiena affusolata sommersa da onde morbide di capelli biondi rivelava al suo fianco una presenza femminile; scorgendola egli si levò seduto scoprendosi, con sorpresa, privo d’indumenti.

–Accidenti … che mi è successo?

I ricordi erano confusi ma piacevoli, un tenero profumo di rosa gli s’attardava tra le narici e la memoria d’un corpo flessuoso e seducente tra le braccia che invocava il suo nome affiorava nella mente come un tenue e misterioso fantasma.

–Anzela!– esclamò –Dio mio! Che ho fatto!

La donna si scosse e si voltò verso di lui con espressione sognante, era bella come una delle arcane sirene che tentarono il valoroso Ulisse e lo guardava con occhi luminosi color del cielo; parve in attesa che lui dicesse qualcosa, ma poiché confuso e desolato taceva, con un gesto studiato si coprì col lenzuolo frusciante e si sollevò accanto a lui.

–Io credo che mi dobbiate delle scuse monsieur– disse con aria dolcemente corrucciata.

–Che cosa dite signora? Dove sono? Perché mi trovo in questo luogo?

–Come, … voi non ricordate? Oh pauvre de moi! Sono stata sconsiderata a fidarmi di voi!

–Non capisco, madame … sono confuso. Dove sono?

L’aspetto di Ariane diventò quello d’un’ingenua fanciulla appena deflorata da un mascalzone: lo sguardo s’abbassò sotto le lunghe pallide ciglia, le morbide labbra s’atteggiarono in un tenero broncio.
Era vicina, così vicina, che il giovane non poteva evitare d’esserne ammaliato.

–Ricordate ch’eravate ubriaco ieri sera n’est–ce pas? Voi ricordate, monsieur, che vi diedi un passaggio con la mia carrozza? Oui … ah, adesso sembrate rammentare qualcosa … bien. Ah, je suis trop stupide … volevo tanto aiutarvi … dicevate di non poter rientrare in caserma ed io vi ho fatto portare qui … oui, ma voi … oh, monsieur, se avessi saputo che eravate così brillo non lo avrei mai fatto … povera me!

–Insomma marchesa, cosa è successo tra noi?

–Voi veramente non ricordate nulla? Ah che impudente!

–Non so … chiamavo Anzela, ecco, questo rammento, ma non di voi.

–La vostra Anzela non è qui … voi avete approfittato di me, poiché eravate ubriaco.

–No, non è possibile– protestò Cerrati scuotendo la testa –non l’avrei mai fatto.

–Mi avete costretto, siete terribilmente forte … come potevo resistervi?

–Mentite!

Ariane cominciò a piangere da grande artista. Piangeva con singhiozzi veri e pareva così sincera, che avrebbe convinto chiunque.

–Ah, quel malheur![4] Voi non siete affatto un gentiluomo … come ho potuto … come ho potuto sbagliarmi su di voi così tanto?

Con un gesto inatteso, la donna abbassò il lenzuolo che le copriva il petto. La camiciola di seta che l’avvolgeva, leggera come un velo, mostrava la dolce forma d’un seno a causa d’uno strappo evidente.
Alfio era sconvolto. Non solo le parole della donna lo inducevano a pensare d’aver davvero compiuto un atto scellerato, ma anche i suoi ricordi complottavano a confermare quel fatto e a fargli patire nel cuore un profondo rimorso. Le lacrime disperate della giovane donna lo convinsero infine ch’ella raccontava la verità.

Il Patto DiabolicoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora